ROMA CAPUT MUNDI
Alla morte di Traiano (agosto 117), l’impero romano ha raggiunto la sua massima espansione. Le conquiste di Claudio, Domiziano e Traiano hanno coinvolto nella storia del Mediterraneo anche popoli e terre che forse non ne avrebbero avuto, diversamente, l’opportunità: la Britannia, la Germania superiore, la Dacia, l’Assiria, l’Armenia, la Mesopotamia, l’Arabia.
Al momento della massima espansione della civiltà romana, il Mediterraneo si è fatto “largo”: il mar Nero, il mar Caspio, il golfo Persico, il mar Rosso adesso sono messi in relazione con il mare nostrum dei Romani. Ciò rende più stabili e solidi gli scambi con il Lontano Oriente (la Cina, l’India). Il limes del Danubio e quello del Reno sono stati superati con la conquista della Germania superiore e della Dacia. Perfino il confine dell’Eufrate, considerato rischioso quanto quello del Danubio, è stato superato verso il regno dei Parti. Una fittissima rete di relazioni, scambi, persone lega i territori dell’impero a quelli dei popoli confinanti: una sorta di “integrazione” mediterranea avvicina i popoli. La massima espansione dell’impero significa quindi anche la massima integrazione, allora possibile, delle culture, oltre che dei mercati.
Paradossalmente, in questo processo vengono coinvolti sempre più anche quei popoli che, inquieti e costantemente alle prese con le scarse risorse agricole e le pressioni dei vicini, sono per ora esclusi dal “benessere” garantito dall’impero: le tribù germaniche, sempre più a ridosso dell’impero. I Marcomanni, i Quadi, i Carpi, gli Slavi, i Goti e, oltre a questi, gli Svevi, i Longobardi, i Vandali si affacciano sulle terre romane e premono su confini sempre meno saldi e sempre più incerti. Sono, con ogni probabilità, una delle conseguenze della stessa espansione imperiale romana.