2 - Verso la fine della dinastia: Claudio e Nerone

Unità 9 ROMA: L’ETÀ IMPERIALE >> Capitolo 22 – Nascono le dinastie: da Tiberio a Domiziano

2. Verso la fine della dinastia: Claudio e Nerone

La scelta del nuovo imperatore fu orientata dai pretoriani, che, grazie alla loro forza militare e al ruolo determinante che avevano svolto nella congiura contro Caligola, avevano acquisito grande influenza negli affari di Stato. Per evitare che l’impero cadesse nuovamente nelle mani di un despota dissennato, essi scelsero una figura moderata: Claudio (41-54 d.C.), zio di Caligola e unico maschio adulto della dinastia Giulio-Claudia rimasto estraneo agli intrighi di corte. Egli non era un uomo politico – forse proprio per questo era sopravvissuto agli anni travagliati del principato di Caligola – bensì un erudito e un intellettuale; di salute malferma, si era mantenuto lontano dai luoghi del potere.

Nel cuore della STORIA

L’esercito, fondamento dell’impero

L’esercito rappresenta il fondamento dell’espansione e del dominio di Roma: la fanteria e la cavalleria realizzarono la conquista di tutte le terre affacciate sul Mediterraneo, portando alla capitale non solo ricchezze, ma anche prestigio e onore.
Nel corso della storia di Roma e parallelamente alla sua crescita, questa importante istituzione subì una profonda trasformazione che coinvolse ogni suo aspetto, le funzioni, l’organizzazione, le modalità di reclutamento e l’equipaggiamento stesso. Questi cambiamenti avvennero attraverso tre fasi cruciali, durante le quali nuove realtà e nuove esigenze imposero radicali adattamenti.

L’inizio dell’età repubblicana
Dopo una prima fase dominata da un esercito formato quasi esclusivamente da nobili, gli unici in grado di fornirsi di armi, all’inizio della repubblica l’esercito era composto da quattro/cinque legioni formate da nobili, cavalieri e plebei romani. Il reclutamento avveniva per convocazione del senato, la durata della leva era limitata (in periodo arcaico durava solo per la stagione invernale) e la paga del soldato era ridotta al minimo indispensabile, compensata in buona parte dal bottino di guerra. Con la guerra di Veio avvenne una prima evoluzione, che divenne ancora più visibile con le guerre puniche e macedoniche: la necessità di un maggior numero di soldati portò ad ampliare l’arruolamento a tutti gli Italici.

Le riforme di Mario
Le riforme di Mario, risalenti al I secolo a.C., ebbero ulteriori ripercussioni sull’impianto dell’esercito, dal momento che abolirono la divisione delle legioni basata su classe sociale e censo e permisero anche ai nullatenenti di essere reclutati; favorirono l’evoluzione della tattica, con il passaggio dall’organizzazione basata sul manipolo a quella basata sulla coorte, che riduceva gli spazi intermedi tra le unità tattiche; trasformarono il ruolo della cavalleria; stimolarono lo spirito di corpo delle singole legioni, che vennero dotate di simboli identitari forti; introdussero un armamento più funzionale.
Non si trattava ancora di una vera professionalizzazione, ma la lunga ferma (che si protraeva anche fino a vent’anni), le innovazioni tattiche e tecnologiche, il forte peso acquisito dalla figura dei comandanti in capo fecero dell’esercito una forza d’urto che poteva essere usata strategicamente nelle lotte di potere, e così avvenne: nel corso delle guerre civili del I secolo a.C. gli eserciti romani entrarono nel gioco della politica.

Le riforme di Ottaviano e l’impero
Al termine delle guerre civili e con la sostanziale fine della fase espansiva di Roma, l’esercito vide l’ultima grande riforma a opera di Ottaviano, il quale aveva ben compreso che la forza stessa dell’imperatore dipendeva dall’appoggio e dalla fedeltà dell’esercito. Ne favorì così la piena professionalizzazione, a tal punto che col tempo fu l’esercito stesso a proclamare i successori dell’imperatore, senza più passare dall’approvazione del senato come accadeva invece in precedenza.

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Claudio, un abile politico

Claudio si rivelò un politico abile e un amministratore capace. Creò un apparato burocratico centralizzato alle sue dipendenze, alla cui gestione chiamò funzionari anche liberti, purché abili e affidabili, superando dunque la pura questione di rango e puntando sulle competenze. Avviò il risanamento delle finanze statali, assumendo il controllo dell’erario. Diede impulso alla costruzione di strade e ponti; portò a compimento grandi opere pubbliche, come il nuovo porto di Ostia e alcuni acquedotti; bonificò la piana del Fucino nell’Italia centrale.
In politica estera egli riprese la strategia dell’espansione territoriale, conquistando la Britannia meridionale (importante per la presenza di risorse minerarie), la Tracia e la Mauritania, e consolidò il potere di Roma in Asia minore attraverso la riorganizzazione delle amministrazioni locali. Per rafforzare l’unità dell’impero, inoltre, estese la cittadinanza romana agli abitanti di alcune province, come la Gallia, che aveva assunto una crescente importanza dal punto di vista strategico ed economico.
La scelta di ammettere in senato anche cittadini originari delle province scatenò una dura opposizione da parte dei senatori romani, timorosi di perdere i propri privilegi. Claudio reagì con una dura repressione del dissenso, ma, in questo clima di grave tensione civile, fu oggetto di una congiura ordita dalla sua prima moglie, Messalina, una donna ambiziosa e dissoluta. Scoperto l’intrigo, Claudio non esitò a condannarla a morte e a sposare Agrippina minore, sua nipote (48 d.C.), la quale convinse Claudio a nominare come suo successore il proprio figlio Nerone, nato dal suo precedente matrimonio. Claudio morì avvelenato nel 54 d.C., forse per una congiura organizzata da Agrippina che voleva affrettare l’ascesa al potere del figlio.

Nerone, l’imperatore dispotico e spietato

Nerone (54-68 d.C.) ereditò la guida dell’impero a soli diciassette anni. La sua ascesa al potere era gradita dai senatori, che vedevano nel giovane imperatore e nei suoi consiglieri – il prefetto del pretorio Afranio Burro e il filosofo stoico Lucio Anneo Seneca, importante intellettuale del tempo e suo precettore – una garanzia per il rispetto delle prerogative del senato e delle altre magistrature.
Il primo periodo del suo regno fu in effetti equilibrato; ben presto, però, come era già accaduto con Caligola, la moderazione lasciò il posto a un regime autoritario. Anche Nerone assunse un atteggiamento da sovrano orientale e impose la venerazione della sua persona. Dopo aver fatto eliminare la sua stessa madre, Agrippina, che aveva continuato a intessere intrighi anche dopo l’ascesa al trono del figlio, egli mise da parte i suoi migliori collaboratori. Seneca si ritirò a vita privata ma, denunciato come complice di una congiura ordita dalla famiglia dei Pisoni, nel 65 d.C. fu costretto a suicidarsi. Negli stessi anni, caddero vittime di Nerone anche la prima e la seconda moglie, Ottavia e Poppea. Egli fu addirittura sospettato di aver provocato il gravissimo incendio di Roma del 64 d.C., scoppiato per motivi accidentali, ma attribuito dalla propaganda imperiale ai cristiani, che in questi anni subirono le prime persecuzioni.
Nerone sopravvisse a numerose congiure, reagendo con feroci repressioni che venivano eseguite dal nuovo e potente prefetto del pretorio, Tigellino. Accanto a questa politica di terrore, però, egli seppe anche esercitare grande fascino su ampi strati della popolazione. Per compiacere le masse proletarie di Roma venivano organizzati giochi circensi, feste pubbliche gratuite e spettacoli teatrali, nei quali Nerone stesso si esibiva come attore protagonista o atleta.

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L’ammirazione di Nerone per la cultura greca

Questi atteggiamenti spregiudicati ed esibizionisti non erano solo uno strumento di propaganda; Nerone nutriva una sincera ammirazione per le arti ed era un estimatore della cultura ellenica (durante il suo regno garantì infatti numerosi privilegi alla provincia greca). Nondimeno, le sue abitudini e i suoi costumi lo resero sempre più inviso ai senatori. La sua politica poco prudente, inoltre, provocò un grave dissesto economico delle finanze statali, al quale egli cercò di porre rimedio confiscando i beni degli avversari e aumentando i tributi alle province. Queste iniziative gli procurarono però anche il risentimento dei cittadini italici e dei legionari. Il consenso di Nerone negli ambienti dell’esercito, del resto, era venuto meno quando egli aveva costretto al suicidio Corbulone, suo valente generale, nel 67 d.C. Questi, nonostante le vittorie militari conseguite in Oriente, dove aveva sconfitto i Parti e imposto il controllo di Roma sull’Armenia, era stato eliminato proprio perché il suo successo personale era ritenuto una minaccia per il potere dell’imperatore.
Il clima di tensione si concretizzò in numerose rivolte, come quelle scoppiate in Britannia (61 d.C.) e a Gerusalemme (67 d.C.). Nel 68 d.C. si ribellarono anche Servio Sulpicio Galba, al comando delle legioni romane in Spagna, e Caio Giulio Vindice, che guidava l’esercito in Gallia. Privo del sostegno dell’esercito, Nerone si suicidò.

Terre, mari, idee - volume 2
Terre, mari, idee - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille