La carestia come punizione per i peccati

TESTIMONIANZE DELLA STORIA

LA CARESTIA COME PUNIZIONE PER I PECCATI   (Unità 12 • Capitolo 34)

In questo testo del monaco cluniacense Rodolfo il Glabro viene descritta la carestia che colpì la regione della Borgogna (in Gallia) agli inizi dell’XI secolo: l’autore interpreta la scarsità di raccolti, l’avversità del clima, la fame e gli orrori che ne conseguirono come gli effetti dei peccati di un genere umano che egli riteneva sempre più lontano da Dio.

Nel periodo seguente la carestia cominciò a propagarsi per tutte le terre, e si poté temere la quasi scomparsa del genere umano.
Le condizioni atmosferiche si fecero così sfavorevoli, che per nessuna semina si trovava il tempo propizio, né c’era il modo di fare i raccolti, soprattutto a causa delle inondazioni. Si sarebbe detto che gli elementi ostili si davano battaglia, senza dubbio per fare vendetta dell’insolenza degli uomini. Piogge continue avevano talmente imbevuto tutta la terra, che per tre anni non si poterono scavare solchi atti a ricevere le sementi. Al tempo della mietitura le male erbe e la zizzania avevano ricoperto l’intera superficie dei campi. […] Poiché la mancanza di viveri colpiva la popolazione tutta, i grandi e il ceto medio diventavano pallidi e patiti al pari dei poveri; i saccheggi dei potenti dovettero arrestarsi davanti alla miseria universale. Se per caso si trovava in vendita qualche cibo, era arbitrio del venditore accettare il prezzo o esigere di più. […] Intanto, dopo aver mangiato gli animali selvatici e gli uccelli, sotto l’impulso di una fame insaziabile, gli uomini si diedero a raccogliere per cibo ogni sorta di carogne e ogni cosa orribile a dirsi. Alcuni fecero ricorso, per scampare alla morte, alle radici delle foreste e alle erbe dei fiumi; ma invano: non c’è rimedio contro la vendetta di Dio se non rientrando in se stessi. Infine si è colti da orrore al ricordo delle perversioni che regnarono allora sul genere umano. Ahimè! Cosa che raramente capitò di udire nel corso dei secoli, una fame rabbiosa spinse gli uomini a divorare carne umana. Viandanti venivano assaliti da qualcuno più robusto, e poi tagliati a pezzi, cotti al fuoco e divorati. Molte persone che si recavano da un luogo all’altro per fuggire la carestia e avevano trovato ospitalità lungo la strada, furono sgozzate durante la notte e servirono di nutrimento a coloro che le avevano accolte. Molti, mostrando un frutto o un uovo a bambini, li attiravano in disparte, li scannavano e li divoravano. I cadaveri dei defunti furono in molti luoghi strappati alla terra e servirono ugualmente a combattere la fame. […] Infierì dunque nel mondo, per punire i peccati degli uomini, questo flagello penitenziale per tre anni. Allora si vendettero a beneficio degli indigenti gli ornamenti delle chiese e si dispersero i tesori che, come si vede nei decreti dei Padri, erano stati un tempo costruiti a questo scopo. Ma restavano ancora troppi delitti da vendicare, e il gran numero degli indigenti superò quasi dappertutto le possibilità dei tesori delle chiese. C’erano degli affamati troppo profondamente minati dalla mancanza di cibo, i quali, se per caso trovavano di che saziarsi si gonfiavano e morivano immediatamente. Altri brancicando i cibi con le mani, cercavano di portarli alla bocca, ma si accasciavano, scoraggiati, senza avere la forza di compiere ciò che desideravano.


Rodolfo il Glabro, Storie, in G. Duby, L’Anno Mille. Storia religiosa e psicologia collettiva, Einaudi, Torino 1976

PER FISSARE I CONCETTI
  • Secondo Rodolfo il Glabro, quali sono le cause naturali della carestia?
  • E quali le cause lontane e profonde?
  • Su quali aspetti fa leva il racconto per impressionare i possibili lettori dell’epoca medievale?

Terre, mari, idee - volume 2
Terre, mari, idee - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille