Il lungo cammino del diritto allo studio
Tuttavia l’accesso allo studio ha subìto notevoli cambiamenti dall’epoca antica. Carlo Magno, conscio della necessità di formare il clero e di favorire l’alfabetizzazione, promosse la nascita di nuove scuole e l’apertura dei monasteri anche a chi non seguiva una carriera ecclesiastica e chiamò a insegnare intellettuali e studiosi, garanti del sapere; a ridosso dell’anno Mille nacquero luoghi sempre più strutturati e specializzati, le università. Studiare era costoso, gli studenti, a meno che non avessero alle spalle famiglie facoltose, le frequentavano tra mille difficoltà, però il sapere cominciò a diffondersi: i clerici vagantes si spostavano da una università all’altra del continente europeo, tessendo una rete di scambi e istruzione più solida.
Fino alla fine del Settecento l’istruzione era impartita in ragione dell’appartenenza a un determinato ceto sociale: i più poveri la ricevevano in modo discontinuo e spesso, soprattutto nelle zone rurali, non la ricevevano affatto; i più abbienti ricevevano invece un’istruzione più strutturata, mentre le classi sociali più elevate spesso impartivano l’istruzione ai propri figli attraverso un precettore privato. Questo panorama era per lo più riservato ai maschi, poiché le ragazze e le donne non ricevevano alcuna istruzione oppure ne ricevevano una molto più scarsa, condizione del resto tipica del normale comportamento sociale. Ancora all’inizio del Novecento, quando prestigiose università europee come Oxford e Cambridge ospitavano migliaia di studenti, l’iscrizione era interdetta alle donne, che dunque rimanevano impossibilitate ad acquistare un proprio sapere di livello più elevato.