3 - Cultura e società in epoca augustea

Unità 9 ROMA: L’ETÀ IMPERIALE >> Capitolo 21 – La costruzione e il consolidamento dell’impero

La riorganizzazione dell’esercito

La riforma amministrativa dell’impero e il controllo dei suoi confini non potevano essere efficacemente attuati senza una riforma dell’esercito. Il mantenimento delle legioni gravava sul bilancio statale e, senza nuove conquiste, sarebbe stato difficile finanziare un apparato militare mantenuto fino ad allora grazie alle confische di terre straniere e all’afflusso dei relativi tributi. Inoltre le guerre civili erano finite e le province necessitavano di minori contingenti, perciò Ottaviano ridusse l’esercito da oltre 80 a 28 legioni (150 000 soldati), e prolungò la durata del servizio militare a sedici e poi a vent’anni, in modo da rendere meno indispensabili le nuove leve in caso di necessità. Inoltre installò una guarnigione a Roma (nove coorti pretorie acquartierate fuori delle mura) con il compito, sotto il comando del praefectus urbi, di garantire l’ordine in città e fare da scorta al principe (anche se, per la sua personale sicurezza, aggiunse anche una guardia formata da 500 soldati). Creò infine una regolare flotta militare, anch’essa sotto la guida di un prefetto, divisa in due squadriglie stanziate nel Mediterraneo, una a Miseno (presso Napoli) e una a Ravenna.
Per limitare il potere dei generali ed evitare l’insorgere di nuove guerre civili, Augusto assegnò a professionisti pagati dallo Stato la guida delle truppe, e stabilì un sistema di frequente avvicendamento dei comandanti, volto a evitare che la loro autorità potesse crescere fino al punto di rivolgersi contro il principe.

La pax augustea e le tensioni ai confini

Uno dei temi più ricorrenti nella propaganda augustea fu quello della pace, riportata nei territori romani dopo quasi un secolo di guerre combattute in Italia. Roma era ormai padrona di tutto il mondo mediterraneo, e la politica estera del principe fu rivolta al rafforzamento della stabilità dell’impero più che a un ulteriore ampliamento delle conquiste. Ciò non significa che il periodo augusteo sia stato privo di conflitti; la pax romana (o pax augustea) riguardò infatti buona parte dei territori interni all’impero, ma non i confini, dove in alcuni casi le azioni militari si configurarono anche come vere e proprie guerre di conquista.
Per dissuadere ogni tentativo di rivolta e difendere meglio i confini dalle minacce esterne, Augusto aumentò la presenza dei contingenti militari nelle province più turbolente. In Oriente, però, dove i Parti continuavano a premere ai confini imperiali, a questa strategia di contenimento si affiancarono anche i tentativi di conquistare nuove terre, che ottennero come risultato solo un precario accordo di pace (20 a.C.), reso necessario anche dall’esigenza di impiegare le legioni romane in altre province. Augusto promosse infatti una campagna militare nell’Europa centrale e nei Balcani per creare una via di comunicazione di terra tra le aree occidentali e quelle orientali dell’impero, collegate fino ad allora solo dalle rotte marittime. Le operazioni si conclusero nel 12 a.C., con la creazione di una linea di confine sul fiume Danubio e con la conquista della Rezia, del Norico, della Pannonia, dell’Illiria e della Mesia (regioni che oggi fanno parte dei territori austriaci, ungheresi e degli Stati balcanici).
Altre conquiste furono concluse da Augusto nella Spagna settentrionale, nella Gallia belgica, nelle regioni alpine della Gallia (unite alla provincia narbonese) e nella Galazia (Anatolia). L’espansione dell’impero, sostenuta dal principato, trovò due limiti invalicabili: nell’area del deserto del Sahara, territorio ignoto che i Romani non ebbero il coraggio di affrontare, e, a nord, nella terra dei Germani, che si rivelò inespugnabile. Il tentativo di avanzare anche nell’Europa centrosettentrionale si arrestò infatti in seguito alla disfatta della foresta di Teutoburgo (9 d.C.), tra i fiumi Reno e Weser. Qui i Romani persero tre legioni per mano di una coalizione di tribù germaniche guidate da Arminio, ex soldato ausiliario dell’esercito romano che, tornato presso il suo popolo, organizzò un agguato contro i Romani dal quale non si salvò nessun soldato.

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Province orientali e province occidentali

Augusto si trovava ormai a governare un impero esteso e solido, che comprendeva però aree molto eterogenee. Le province orientali, eredi dei ricchi regni ellenistici, erano economicamente e culturalmente più progredite. Le merci più preziose, come abbiamo visto, giungevano a Roma dal Vicino Oriente, insieme a ingenti tributi riscossi dalle autorità romane. In queste aree era ormai profondamente radicata la cultura ellenistica e, nonostante i tentativi augustei di intensificare la romanizzazione dell’impero anche attraverso la diffusione delle opere letterarie latine, la lingua e la cultura greche restarono predominanti.
Le province occidentali, soprattutto nella parte settentrionale, erano invece molto più arretrate. Augusto si impegnò nella fondazione di nuove città (nell’area alpina occidentale fondò per esempio Augusta Praetoria, l’attuale Aosta), nella promozione delle attività economiche e nella diffusione della lingua e della cultura latine, oltre che delle tradizioni religiose romane. Il processo di romanizzazione fu qui più efficace, anche per l’assenza di un’identità culturale forte e radicata, come era invece in Oriente. Tra le nuove province, però, soprattutto la Gallia raggiunse un certo grado di sviluppo, specialmente grazie alla presenza dell’esercito, le cui necessità di approvvigionamento, come abbiamo visto, stimolarono le attività agricole e artigianali.

3. Cultura e società in epoca augustea

Nella riorganizzazione dello Stato e nella conduzione della politica estera Augusto si preoccupò sempre di ottenere un largo consenso. A questo scopo, oltre alla costruzione di grandi edifici pubblici, all’organizzazione di spettacoli gratuiti e alle elargizioni a favore della plebe, egli promosse un’intensa attività di propaganda politica, sempre motivata dalla ricerca della concordia e della pacificazione, attività per la quale egli seppe abilmente sfruttare lo strumento della cultura.
La sua opera di riforma, inoltre, non riguardò soltanto le istituzioni, ma anche la società, nell’ambito della quale egli tentò di cambiare – in parte riuscendovi – alcuni aspetti del costume e della mentalità.

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Mecenate: finanziatore di arte e cultura

Augusto vedeva nella cultura e nell’attività di scrittori e intellettuali un importante strumento di elevazione morale e di diffusione del suo pensiero politico, ragione per cui non mancò mai di favorire e incentivare la presenza e l’opera di importanti artisti e letterati presso la capitale.
A tale scopo, egli affidò la sua politica culturale all’amico e fidato consigliere Caio Cilnio Mecenate (69 a.C. ca.-8 a.C.): discendente da una nobile famiglia etrusca, egli era vicino al principe già dai tempi della guerra contro Sesto Pompeo e, pur ritiratosi a vita privata a seguito della nascita del principato, continuò, in qualità di letterato, a costituire il tramite fra Augusto e un circolo di intellettuali che raccolse i più importanti poeti e scrittori del tempo. Con un rapporto simile a quello che anticamente legava i clienti ai loro patroni patrizi, gli artisti che entravano a far parte del circolo di Mecenate venivano mantenuti a sue spese affinché potessero dedicarsi all’elaborazione delle proprie opere nelle quali celebravano la pace, la prosperità e la stabilità dell’ordinamento statale instaurate da Augusto.
Del circolo fece parte anche il poeta Publio Virgilio Marone (70-19 a.C.). Autore delle Bucoliche e delle Georgiche, opere in cui si esaltano la frugalità e la laboriosità della vita contadina – richiamo a maggior sobrietà e ai costumi delle origini di Roma –, la sua fortuna è legata soprattutto al poema epico Eneide, che narra il viaggio dell’eroe troiano Enea in fuga dalla patria, distrutta dagli Achei, fino alle coste del Lazio. Qui giunto, egli fu l’artefice delle vicende che diedero origine alla fondazione di Roma; non è dunque un caso che, in quest’epoca, sia stata ripresa l’antica leggenda che faceva discendere le origini di Roma dall’eroe troiano. Inoltre, poiché secondo il mito Enea, padre di Iulo, fondatore eponimo della gens Iulia, alla quale Augusto apparteneva per adozione, era figlio della dea Venere, la leggenda attribuiva carattere divino alla persona di Augusto.
Nello stesso periodo furono attivi anche Quinto Orazio Flacco (65-8 a.C.), con una vasta produzione di Odi, Epodi, Satire ed Epistole, opere nelle quali si alterna il ripiegamento dell’autore su se stesso alla ricerca di un equilibrio interiore e la trattazione di temi civili, volti a celebrare il princeps, e Publio Ovidio Nasone (43 a.C.-17/18 d.C.), la cui opera ebbe un carattere prevalentemente leggero ma comunque raffinato e brillante (celebre è per esempio la sua Ars amatoria).
La vicenda di Ovidio, che fu allontanato da Roma ed esiliato a vita a Tomi, in una zona desolata sulle coste del mar Nero (odierna Romania), mostra come Augusto, attraverso l’amico Mecenate, fosse molto generoso con chi si inchinava alla sua autorità, ma punisse duramente chi non vi si conformava. I motivi di questa punizione non sono chiari: forse il poeta fu autore di uno sgarbo nei confronti del principe, ma è probabile che abbiano avuto un peso anche i contenuti della sua opera, ritenuta dannosa per i tentativi di moralizzazione della società promossi in quegli anni da Augusto.
In questo periodo vissero anche gli storici Dionigi di Alicarnasso (60 a.C. ca.-7 a.C.) e Tito Livio (59 a.C.-17 d.C.), quest’ultimo autore di una storia di Roma (Ab urbe condita) che ripercorreva gli eventi dalla fondazione della città fino al 9 a.C. Augusto stesso volle descrivere le imprese da lui compiute durante il suo principato in un’opera, le Res gestae, poi diffusa, attraverso iscrizioni in latino e in greco, in tutto l’impero: si tratta di una sorta di “eredità per i posteri” in cui Ottaviano tramandava la sua ricostruzione degli eventi, la sola versione autorizzata a essere conosciuta.

Terre, mari, idee - volume 2
Terre, mari, idee - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille