Le iniziative di Ottaviano per ripristinare la pace e l’equilibrio
Nella sua opera di ristrutturazione dello Stato, Ottaviano era consapevole della necessità di ottenere sia il consenso dei ceti più influenti nella società, sia il sostegno della popolazione, sempre pronta alla ribellione nelle fasi più turbolente della vita politica e sociale di Roma. Le sue riforme furono dunque studiate attentamente al fine di assicurare vantaggi a tutte le classi sociali.
Un problema assai delicato che poteva pregiudicare qualsiasi tentativo di pacificazione sociale riguardava la sistemazione dei veterani dell’esercito. Dopo Azio Ottaviano diminuì notevolmente il numero dei soldati in servizio, riformando contemporaneamente l’esercito: era importante trovare una soluzione che fosse soddisfacente per i veterani, mantenesse saldo il loro consenso e non fosse eccessivamente onerosa per lo Stato. Ottaviano ricompensò i soldati congedati con terreni sottratti ai ceti possidenti in Italia e nelle province consegnando a ciascuno di loro dai 25 ai 50 iugeri di terra (una quantità corrispondente a 6-13 ettari), recuperati confiscando terre alle città che si erano schierate a favore di Antonio e ai suoi sostenitori o acquistando terreni (in Macedonia e in Illiria, per esempio) con il bottino di guerra e con il ricco tesoro egiziano sequestrato.
Nonostante il ridimensionamento politico del senato, ai senatori fu concesso di mantenere
le proprietà terriere, che procuravano loro rendite elevate e dunque un ruolo importante nella vita sociale. La carica di senatore inoltre divenne ereditaria, garantendo ai discendenti la conservazione dei privilegi dei padri. I cavalieri, come abbiamo visto, entrarono invece nell’apparato statale come funzionari, governatori delle province o ufficiali dell’esercito, godendo di un’elevata remunerazione. La plebe romana, infine, era di fatto mantenuta dalle elargizioni pubbliche di denaro e di cereali, e aveva inoltre la possibilità di trovare occupazione nei cantieri aperti per la realizzazione delle grandi opere pubbliche finanziate dall’amministrazione statale.
Già a partire dalle guerre civili del I secolo a.C., del resto, distribuzioni pubbliche di denaro o di grano erano state usate per sostenere le fasce sociali deboli di Roma, quel proletariato che non possedeva terre e non traeva guadagni dalle attività commerciali. Con questo sistema lo Stato si assicurava il consenso della plebe e il mantenimento dell’ordine sociale. Più ancora che dallo Stato, le distribuzioni di denaro e di grano, l’organizzazione di feste e di spettacoli gratuiti nei circhi e negli anfiteatri, la costruzione di opere pubbliche (templi, terme, fori ecc.) erano finanziate dai ricchi desiderosi di ottenere cariche pubbliche (questa pratica, che già abbiamo visto in uso nell’antica Grecia, è detta ▶ evergetismo).
Il consenso ottenuto da Augusto non era dunque del tutto incondizionato, e dovette più volte tenere conto dei molti interessi che contrapponevano i diversi gruppi sociali.