3 - Costantinopoli verso il declino e la guerra greco-gotica

Unità 10 IL TARDOANTICO E L’ALTO MEDIOEVO >> Capitolo 28 – L’impero romano d’Oriente

Il Corpus era diviso in tre parti:

  • il Codice, che metteva insieme tutte le leggi imperiali a partire dal II secolo d.C.;
  • il Digesto (dal latino digerere, “ordinare”), una classificazione sistematica che raccoglieva le sentenze e i commenti dei più noti giuristi di età imperiale;
  • le Istituzioni, un trattato di giurisprudenza utilizzato per lo studio del diritto.

In seguito furono aggiunte le Novelle, che raccoglievano le nuove leggi emesse da Giustiniano dopo la pubblicazione del Corpus.
La suddivisione per argomenti e la consultazione delle numerose norme di epoche diverse era in questo modo resa più agevole, e di conseguenza era resa più facile la loro interpretazione e applicazione.
L’opera tuttavia non fu soltanto una riorganizzazione di leggi già esistenti, poiché i giuristi imperiali che vi lavorarono compirono anche un’opera di selezione delle norme, e in alcuni casi le modificarono al fine di produrre una legislazione più coerente e adatta alle necessità dei tempi, con l’obiettivo di superare e sanare le contraddizioni fra l’una e l’altra legge vigente.
La riforma di Giustiniano rappresentò un altro modo per rafforzare la solidità dello Stato e il potere del sovrano attraverso l’unificazione, sotto un sistema di leggi comuni, di tutte le popolazioni e di tutti i territori compresi nel vastissimo impero. Com’era accaduto già molte volte in passato – fin dai tempi del primo codice di leggi scritte elaborato sotto il sovrano babilonese Hammurabi, nel II millennio a.C. – la codificazione di norme valide per tutti i sudditi di uno Stato rivestiva un’importanza fondamentale come strumento di potere e di governo.
Il codice di Giustiniano ha rappresentato un modello per le raccolte di leggi successive e per la codificazione del diritto – vale a dire per l’attività di sistemazione e riordino delle norme giuridiche in un “codice” – in molti Stati d’Europa, anche in epoca moderna.

La durezza di Giustiniano e le repressioni

Il successo di Giustiniano nella sua vasta azione di governo è testimoniato anche dagli splendidi monumenti pubblici che furono edificati sotto il suo regno nelle principali città dell’impero. Il più celebre tra questi è la basilica di Santa Sofia, fatta costruire tra il 527 e il 565 a Bisanzio, e dedicata alla Divina Sapienza (Haghía Sophía p. 159). Nata come una chiesa, Santa Sofia sarebbe stata trasformata in una moschea dopo la conquista musulmana di Costantinopoli, continuando a rappresentare uno dei più importanti simboli della città.
Per attuare il suo vasto programma di governo Giustiniano fece ricorso costantemente al pugno di ferro, tanto che spesso la sua azione assunse anche evidenti connotazioni tiranniche, concretizzatesi nell’estrema durezza con cui fu soffocata ogni opposizione interna. Un esempio di questo atteggiamento è costituito dalla feroce repressione della rivolta popolare di Nika che nel 532 scoppiò nella capitale contro l’imperatore e la sua corte.
La sommossa, provocata dal malcontento dei cittadini per l’aumento delle tasse imposto dal sovrano, prese avvio all’ippodromo di Costantinopoli, che non era soltanto lo spazio riservato alle corse dei cavalli e agli spettacoli pubblici, ma anche uno dei principali luoghi della vita politica della città, in cui la folla si divideva in fazioni contrapposte. Migliaia di cittadini rimasero uccisi nella repressione attuata dall’esercito imperiale, la città fu colpita da incendi e gli oppositori al regime di Giustiniano furono trucidati.

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3. Costantinopoli verso il declino e la guerra greco-gotica

Al culmine del suo potere, dopo aver soffocato le rivolte popolari e aver eliminato gli oppositori interni, Giustiniano intraprese una politica di espansione volta a riunificare sotto un unico potere i territori un tempo appartenuti all’impero romano. In pochi anni, questa politica aggressiva gli permise di estendere i domini di Costantinopoli su quasi tutte le coste del Mediterraneo.

Belisario e la riconquista del Mediterraneo

Dapprima Giustiniano volse lo sguardo a Occidente, dove i regni romano-germanici si trovavano in una fase di debolezza, causata dalle frequenti guerre per il controllo dei territori contesi, dalla difficoltà di realizzare una piena integrazione tra Germani e Romani e da una generale debolezza economica.
Questa situazione spiega la rapida conquista bizantina dell’Occidente da parte di Giustiniano. Egli affidò le operazioni militari al generale Belisario che, grazie al predominio marittimo della flotta e alla solida organizzazione del suo esercito, conquistò facilmente il regno dei Vandali in Africa: liberò rapidamente il porto di Cartagine (534) che i Vandali avevano conquistato nel 468, dove furono promosse opere di ampliamento e rafforzate le mura della città. La conquista delle coste africane rafforzò la supremazia marittima bizantina. Due anni più tardi Belisario riguadagnò Napoli, dopo aver liberato la Sicilia: si disegnava così una precisa strategia di riconquista del Mediterraneo anche nella sua parte occidentale. Per nulla intimorito dal rischio di dover agire su più fronti, Giustiniano attaccò anche la penisola iberica, dove tuttavia la strenua resistenza dei Visigoti limitò la sua avanzata alle regioni meridionali. Il passo successivo fu l’attacco al regno degli Ostrogoti, che erano entrati in una fase di instabilità politica e di declino dopo la morte del re Teodorico.

Bizantini contro Ostrogoti: la lunga guerra

A Teodorico era succeduto, appena bambino, il nipote Atalarico sotto la reggenza della madre Amalasunta, che aveva in parte ripreso la politica moderata del padre. L’uccisione di Amalasunta da parte del cugino Teodato, tuttavia, fece precipitare la situazione.
La persecuzione dei cattolici praticata dai dignitari di corte ariani fece perdere ai sovrani ostrogoti il sostegno della maggioranza della popolazione e compromise seriamente la tenuta del regno, esponendolo alle mire espansionistiche di Bisanzio. Nel 535 iniziò dunque la guerra greco-gotica, così chiamata perché contrappose i Bizantini, eredi della cultura greca, al popolo germanico insediato in Italia. Le truppe di Belisario penetrarono nella penisola dai Balcani, ma incontrarono una tenace resistenza da parte degli Ostrogoti nell’Italia settentrionale. Nonostante avesse l’appoggio della popolazione di origine romana e delle autorità ecclesiastiche, che consideravano l’invasione come un’opportunità per liberarsi dal dominio degli Ostrogoti e per sconfiggere definitivamente l’arianesimo, l’esercito bizantino rimase a lungo impegnato in una guerra difficile, che devastò la penisola provocando gravi distruzioni nelle città e nelle campagne. Sotto la guida del re Totila (541-552), gli Ostrogoti riuscirono addirittura a organizzare un’efficace controffensiva.
Il comando delle truppe bizantine fu allora affidato al generale Narsete, che sconfisse i nemici nel 552 a Gualdo Tadino (in Umbria) e nel 553 sui monti Lattari (presso l’odierna Sorrento, in Campania). Nello stesso anno i Bizantini riuscirono a imporsi anche sulle ultime sacche di resistenza, ponendo fine alla guerra.

Terre, mari, idee - volume 2
Terre, mari, idee - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille