Terre, mari, idee - volume 2

Unità 9 ROMA: L’ETÀ IMPERIALE >> Capitolo 21 – La costruzione e il consolidamento dell’impero

Il graduale processo di acquisizione del potere di Ottaviano

L’assunzione da parte di Ottaviano di poteri via via maggiori fu un processo graduale, attento al mantenimento formale delle istituzioni repubblicane.
Innanzitutto, per assicurarsi il comando militare, fra il 31 e il 23 a.C. egli si fece eleggere ininterrottamente alla carica di console. In questo modo assunse la guida delle legioni, che di fatto gli garantì il controllo diretto su tutti i territori romani evitando, almeno in apparenza, di snaturare l’impianto istituzionale dello Stato.
In secondo luogo, a partire dal 29 a.C. Ottaviano aggiunse alla carica di console anche quella di censore, ottenendo così il potere di intervenire personalmente sulle nomine o sulla rimozione dei senatori, in base alle tradizionali prerogative specifiche di questa magistratura.
Nel 28 a.C. ricevette il titolo di principe dei senatori: scelse questo termine (dal latino princeps, “il primo”) per non apparire come un monarca, ma soltanto come il primo di cittadini tra loro uguali ( primus inter pares). La formula tuttavia implicava tacitamente un controllo diretto sul senato, dal momento che a Ottaviano spettava il compito di votare per primo ogni proposta di legge esaminata dall’assemblea, finendo così per influenzarne le successive scelte.
Nel 27 a.C. fu proclamato dal senato  Augusto (“venerabile”), titolo che conferiva alla sua persona e ai suoi atti un carattere sacro. Egli cambiò anche il nome del sesto mese dell’anno, Sextilis, in Augustus (da cui deriva l’italiano agosto). Sempre dal senato gli fu poi conferito un imperium proconsulare, vale a dire un comando su quelle province in cui erano stanziate le legioni, perché la situazione era ancora instabile e necessitava della presenza di generali ed eserciti. Nel 23 a.C., quando Ottaviano depose il titolo di console, il comando proconsolare, divenuto imperium maius, fu rinnovato e ampliato, permettendogli di estendere il proprio controllo militare a tutte le province romane.
Poiché quest’ultima carica non consentiva a Ottaviano di intervenire nella politica interna di Roma, nello stesso anno gli fu attribuita la  tribunicia potestas a vita (prima di allora l’aveva detenuta solo temporaneamente), grazie alla quale diveniva protettore della plebe, poteva convocare i comizi, la sua persona era sacra e inviolabile e le sue proposte di legge, dopo essere state votate dalla plebe, diventavano esecutive anche senza l’approvazione del senato. Grazie al diritto di veto infatti egli poteva bloccare qualsiasi legge contraria ai suoi interessi. Inoltre gli fu conferito il diritto di poter convocare il senato.
Nel 12 a.C., infine, assunse, accanto alle altre cariche religiose che già esercitava, anche il titolo di pontefice massimo (Pontifex maximus), divenendo così la suprema autorità religiosa e presiedendo ai culti e alle cerimonie sacre. Un tale accentramento dei poteri dello Stato nelle mani di un solo uomo segnò la fine della repubblica e la nascita del principato.

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Le trasformazioni istituzionali

Uno dei primi problemi che Ottaviano si trovò ad affrontare dopo aver assunto il potere fu la riorganizzazione della gestione dello Stato, che comprendeva ormai una popolazione vastissima. Le istituzioni repubblicane, sorte quando Roma era solo una città-Stato e basate sulle tradizioni culturali e politiche dei popoli latini, non erano più adatte a governare territori tanto ampi e popoli con mentalità e costumi così diversi tra loro. Forte del suo controllo sull’attività legislativa, Ottaviano introdusse riforme che trasformarono radicalmente l’amministrazione statale romana. Persa la propria autonomia, il senato fu ridotto essenzialmente a tribunale speciale al quale affidare i processi per i reati di corruzione e di  lesa maestà. La facoltà di compiere le scelte politiche più importanti fu invece attribuita a un nuovo organismo, composto da collaboratori nominati direttamente da Augusto tra i suoi uomini più fidati: il consilium principis.
Anche i comizi persero gradualmente il loro ruolo, poiché i magistrati venivano nominati direttamente dal principe, che per di più poteva utilizzare contro di loro il diritto di veto. Le assemblee vennero convocate sempre più raramente e la partecipazione dei cittadini subì una drastica riduzione. Infatti, a seguito dell’estensione della cittadinanza romana agli Italici, l’accesso ai comizi era stato consentito a un numero elevato di persone che abitavano lontano da Roma e che dunque erano di fatto impossibilitate a presenziare.
La gestione degli affari dello Stato fu affidata a persone fedeli al principe e per lo più appartenenti all’ordine equestre, le quali furono elevate ai vertici dell’amministrazione, attraverso un profondo cambiamento delle funzioni direttive dello Stato. Le tradizionali cariche pubbliche, ricoperte gratuitamente da magistrati eletti ogni anno dai comizi, persero il vincolo del limite temporale e furono progressivamente attribuite a funzionari nominati dall’imperatore e retribuiti dallo Stato. Nacque così l’embrione della burocrazia (termine composto dal francese bureau, “ufficio pubblico”, e dal greco krátos, “potere”, con cui si indica ancora oggi l’amministrazione pubblica) che avrebbe caratterizzato la gestione dello Stato in epoca imperiale. Nell’ottica di Augusto, un nucleo stabile di funzionari era essenziale per garantire la continuità amministrativa e rendere più efficace l’azione di governo, che sarebbe invece stata compromessa dall’avvicendamento annuale tipico delle magistrature repubblicane.

I primi burocrati: prefetti e procuratori

I funzionari imperiali più importanti erano i prefetti, a ognuno dei quali vennero assegnati compiti specifici:

  • il prefetto del pretorio comandava tutte le legioni stanziate nella penisola e i pretoriani, le guardie del corpo personali dell’imperatore, incaricate di garantire la sua incolumità;
  • il prefetto d’Egitto governava per conto del principe una provincia strategica per la sua abbondante produzione di cereali (e considerata patrimonio personale di Augusto);
  • il prefetto dell’Urbe aveva compiti di polizia e assicurava il mantenimento dell’ordine pubblico a Roma e nei territori circostanti;
  • il prefetto dei vigili coordinava la sorveglianza notturna della città e gli interventi in caso di incendi (molto frequenti) o di altri incidenti;
  • il prefetto dell’annona coordinava gli approvvigionamenti di derrate alimentari necessarie per il sostentamento della popolazione di Roma.

I prefetti erano affiancati dai procuratori, che gestivano i bilanci dello Stato e delle province, nelle quali svolgevano anche la funzione di ispettori delle attività dei governatori. A volte svolgevano direttamente il ruolo di governatori (procurator di Giudea) ed esercitavano la giurisdizione penale sui non cittadini.

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Da Roma imperiale all’anno Mille