Risorse economiche e militari
La sopravvivenza delle strutture statali dell’impero romano d’Oriente dipese in gran parte dalla forza del suo esercito, ben addestrato e fedele ai generali, meno propensi, come accadeva in Occidente, a dispute interne per la conquista del potere, e dalle ingenti risorse
economiche di cui gli imperatori disponevano. Le ricchezze derivanti dal controllo dei traffici commerciali furono tra l’altro utilizzate per resistere alle invasioni straniere. Anche quando le popolazioni germaniche riuscirono a penetrare nell’impero, infatti, il pagamento di grandi somme di denaro – accanto alle trattative diplomatiche – consentì agli imperatori di scongiurare il dilagare degli invasori, che furono invece spinti verso Occidente. Ciò era avvenuto con i Visigoti e con gli Unni, allontanati dall’imperatore Teodosio II, e con gli Ostrogoti, respinti da Zenone.
La necessità di avere un esercito solido e ben addestrato nasceva soprattutto dalla minaccia
persiana dei Sasanidi che, sebbene contenuti a partire dal 300 circa, continuarono a costituire un pericolo per Costantinopoli: in particolare dopo la campagna militare di Giuliano (363), i Sasanidi acquisirono territori in Mesopotamia e perfino in Armenia. Il fronte persiano continuò a impegnare una buona metà dell’esercito bizantino, composto, alla fine del IV secolo, da 131 reggimenti, con una forza militare oscillante tra le 65 000 e le 100 000 unità. Tra il V e il VI secolo l’impero bizantino mantenne tuttavia l’egemonia navale nel Mediterraneo e visse un periodo di intensa espansione economica
e territoriale, accompagnato dalla crescita dei centri urbani e dall’aumento della popolazione. Gran parte delle risorse economiche, tuttavia, veniva utilizzata per finanziare le spese militari, mantenere l’apparato burocratico e assicurare il consenso delle masse urbane al potere attraverso elargizioni e spettacoli pubblici gratuiti. L’impero era dunque più fragile di quanto potesse apparire, e un’eventuale crisi economica si sarebbe rivelata disastrosa per la stessa continuità istituzionale.