Capitolo 27 - La fine dell’impero romano d’Occidente

Capitolo 27 LA FINE DELL’IMPERO ROMANO D’OCCIDENTE

i concetti chiave
  • La divisione dell’impero acuisce la crisi in Occidente e in Italia
  • La frontiera del Danubio è facilmente superata dai Germani in cerca di terre a causa dello sviluppo demografico
  • Romolo Augustolo è l’ultimo imperatore di Roma (476)
  • La giustizia secondo i Germani: l’ordalia e la faida; non esiste l’idea di una legge comune dello Stato
  • Nascono i regni romano-germanici nei quali l’integrazione parte dalla classe dirigente: i Germani detengono il comando militare e politico, i Romani l’amministrazione dello Stato
  • La conversione dei Germani al cristianesimo svolge una funzione unificante, anche se tra loro prevale l’arianesimo
  • I principali regni: i Visigoti si stanziano nella penisola iberica; i Vandali nell’Africa settentrionale; i Franchi, unificati nel 481 da Clodoveo e convertiti al cristianesimo, nella Gallia settentrionale; gli Ostrogoti conquistano l’Italia con Teodorico tra il 489 e il 493 favorendo coesistenza e integrazione
  • Le dispute teologiche tra cristiani e ariani (favoriti dall’impero d’Oriente) creano instabilità politica nel regno di Teodorico

L’AMBIENTE E LE RISORSE

La crisi del modello romano: nuovi popoli in vecchi territori

Come accennato nei capitoli precedenti, i Romani erano soliti indicare come “barbari” i popoli estranei alla cultura greco-romana, che vivevano al di là dei confini imperiali.
Anche la storiografia, per indicare gli spostamenti di popoli che interessarono l’Asia e l’Europa a partire dal III secolo d.C., ha spesso utilizzato l’espressione “invasioni barbariche”. Essa risente di una tradizione che ha a lungo interpretato questi processi storici esclusivamente dal punto di vista dei Romani, cioè di chi li aveva subiti e vissuti come una minaccia per la sopravvivenza della propria civiltà. Le grandi migrazioni dell’epoca tardoantica – come è definita l’ultima fase dell’impero romano, inteso come struttura statale unitaria – determinarono infatti la crisi irreversibile del mondo classico, delle sue strutture politiche e dei suoi orizzonti culturali, in circostanze spesso segnate dalle violenze, dalle razzie e dalle sopraffazioni. Si trattò di uno sconvolgimento di vaste proporzioni, vissuto dai contemporanei con sconcerto e disorientamento poiché implicò il crollo delle certezze che caratterizzavano la vita sociale, politica e culturale della civiltà romana.

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Lo stanziamento territoriale dei Germani nell’impero

L’inserimento delle nuove genti costituì il nucleo iniziale per la formazione di una nuova civiltà, che si sviluppò nei secoli successivi e condusse alla nascita della moderna identità europea. Si trattava di popolazioni di origine indoeuropea, che la storiografia recente nomina come Germani, un insieme di tribù accomunate da tradizioni culturali e da lingue simili. Nei loro frequenti spostamenti occuparono zone diverse, ma è comunque possibile stabilire una distinzione tra i diversi gruppi in base all’area geografica in cui erano stanziati tra il III e il V secolo:

  • gli Alemanni si insediarono nella parte superiore del fiume Meno, a sud-ovest della Germania (un territorio oggi compreso tra la Svizzera e la regione tedesca del Baden-Württemberg); i Burgundi, provenienti dalla Scandinavia, migrarono nella regione fra Reno e Meno, corrispondente alle odierne regioni tedesche dell’Assia, Renania-Palatinato e Baviera; i Longobardi, più mobili degli altri popoli, quasi sicuramente si insediarono prima tra le sponde del Baltico e il fiume Elba, poi si spostarono tra la Boemia e la Moravia e fino in Pannonia (oggi Ungheria); i Vandali migrarono prima verso l’attuale Polonia, poi si spostarono più a sud e si stabilirono tra l’attuale Slesia e la Boemia. Dunque tutti questi popoli si insediarono nell’Europa centrale, presso la frontiera del Reno (limes renano), spostandosi poi nell’Europa sudoccidentale, fino a raggiungere l’Italia;
  • i Marcomanni e i Quadi premevano lungo la frontiera del Danubio e, una volta penetrati nell’impero, si spinsero verso le regioni affacciate sul mar Adriatico;
  • più a Oriente, nelle steppe dell’odierna Russia, si trovavano i Goti, che si divisero in Ostrogoti, diretti verso le coste del mar Nero, e Visigoti, che, giunti nei Balcani, si diressero verso le coste greche (ma la loro migrazione sarebbe proseguita poi fino alla penisola iberica);
  • gli Angli, i Franchi, i Sassoni e gli Svevi occupavano l’Europa settentrionale e migrarono verso la Gallia e la Britannia.

Seminomadi alla ricerca di terre fertili

Le aree dell’Europa centrorientale da cui questi popoli provenivano, però, erano ancora in gran parte coperte da foreste e paludi. I grandi bacini fluviali costituivano ottime vie di comunicazione e di trasporto, ma il clima freddo e la terra inadatta alla produzione di grandi quantità di cereali ne avevano frenato lo sviluppo economico. Le genti che abitavano queste regioni conducevano quindi una vita seminomade, costrette a spostarsi periodicamente alla ricerca di terre fertili e di condizioni climatiche più favorevoli. Le attività che essi praticavano erano la caccia, la pastorizia e forme arretrate di agricoltura, come la fertilizzazione attraverso la pratica del debbio, che mantiene la fertilità del terreno per un tempo limitato. Non stupisce dunque che questi popoli fossero attratti dal clima più caldo delle coste mediterranee e dalle ampie disponibilità di terre che i Romani avevano lasciato incolte in seguito alla crisi economica. Entro i confini dell’impero, i Germani potevano trovare pascoli per i loro animali e migliori condizioni di vita per una popolazione che andava crescendo.
Man mano però che essi si avvicinavano al territorio romano ed entravano in contatto con le genti e le strutture di governo dell’impero, modificavano anche i loro stili di vita e le loro conoscenze. La scarsa densità demografica dei territori di confine combinata con la fertilità delle terre favorì l’insediamento di tali tribù e una relazione sempre più stretta con l’impero. A mediare e a favorire questi contatti erano spesso le legioni romane stanziate ai confini, più abituate a commerciare con i barbari. Inoltre, ormai dal II secolo molti barbari erano stati reclutati nell’esercito imperiale e, già in epoca augustea, alcuni dopo il congedo tornarono “da nemici” ai confini, avendo appreso molte pratiche belliche romane (il caso più noto è appunto quello di Arminio, vincitore della battaglia di Teutoburgo nel 9 d.C., che sfruttò la conoscenza delle legioni romane acquisita durante il suo reclutamento per sbaragliare le truppe imperiali, p. 25).

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Uno dei motivi delle grandi migrazioni: la spinta degli Unni

Le migrazioni dei Germani erano consistite a lungo in pacifici spostamenti di massa, dove intere famiglie e tribù si spostavano al seguito dei guerrieri. Uno dei motivi che accelerò il movimento di questi popoli fu la spinta provocata dagli Unni, un popolo originario delle steppe dell’Asia centrale. Organizzati in una confederazione di tribù autonome e indipendenti, nel II secolo a.C. gli Unni avevano minacciato l’impero cinese, e nei secoli successivi si erano spostati verso l’Europa in cerca di risorse economiche da sfruttare. Le steppe aride infatti non permettevano lo sviluppo dell’agricoltura e le popolazioni che le abitavano erano dunque dedite a una vita nomade: vivevano in villaggi di tende che potevano essere rapidamente smontate consentendo una facile mobilità delle tribù. Non praticando l’agricoltura, parte rilevante dell’economia degli Unni era rappresentata dalle razzie ai danni delle comunità stanziali, compiute in modo efficace grazie all’uso dei cavalli, che permettevano rapidi spostamenti nelle vaste pianure dell’Asia. Agli Unni si deve tra l’altro l’invenzione della staffa – sconosciuta alla civiltà greco-romana –, che favoriva la stabilità dei cavalieri anche al galoppo.
Nei loro progressivi spostamenti dall’Oriente verso le pianure dell’Europa centrale, gli Unni attaccarono i popoli con cui vennero in contatto con spietata violenza: devastavano i villaggi diffondendo un clima di terrore e provocando la fuga precipitosa di intere popolazioni germaniche verso occidente o verso sud. La loro pressione inarrestabile comportò un profondo cambiamento anche nelle modalità migratorie dei Germani. La necessità di fuggire e di reperire velocemente le risorse per sfamare la popolazione migrante spinse anche queste popolazioni – fino ad allora prevalentemente pacifiche – a ricorrere alle razzie e alle devastazioni. La facilità di penetrazione dei Germani all’interno dell’impero, comunque, dipese anche dalla maggiore fragilità dei confini romani, resi più insicuri dalla crisi economica e politica che aveva compromesso il bilancio statale e la possibilità di finanziare il presidio delle frontiere.

Terre, mari, idee - volume 2
Terre, mari, idee - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille