3 - La restaurazione di Giuliano

Unità 10 IL TARDOANTICO E L’ALTO MEDIOEVO >> Capitolo 26 – La divisione dell’impero

Roma centro dell’autorità ecclesiastica

La perdita di importanza politica e culturale di Roma ne favorì indirettamente l’ascesa come centro dell’autorità ecclesiastica. L’antica capitale assunse infatti un ruolo preminente rispetto alle altre sedi vescovili e una funzione di supplenza del potere imperiale che, per la sua lontananza, aveva lasciato un vuoto politico. In quanto successore dell’apostolo Pietro, il vescovo di Roma, chiamato a partire da questo periodo “papa”, divenne dunque la guida della Chiesa e pose le basi per il suo futuro ruolo politico e civile. L’importanza della sede ecclesiastica di Roma costituì un parziale argine alla decadenza e all’arretramento dell’urbanesimo nella penisola italica. Qui, il peso delle tasse e il crollo della produzione agricola avevano ridotto sensibilmente il flusso degli approvvigionamenti nelle maggiori realtà urbane. Lo spopolamento, la crisi economica e la contrazione degli scambi avevano causato il declino dei commerci e spostato il centro delle attività economiche dalle città alle campagne. Le ville coloniche, come abbiamo visto, si stavano avviando a diventare i nuovi centri dell’economia europea. Autosufficienti dal punto di vista agricolo e chiuse agli scambi commerciali, le ville sarebbero diventate sempre più autonome dall’organizzazione imperiale anche dal punto di vista politico e giuridico.

La condanna dell’arianesimo

Con il riconoscimento della libertà di culto per i cristiani e il loro ingresso nell’amministrazione statale, il cristianesimo si diffuse ancora più rapidamente nell’impero. Il radicamento della nuova religione fu più marcato nelle città, mentre le campagne restarono a lungo legate ai culti tradizionali della religione  pagana.
L’integrazione dei cristiani nell’impero, che garantiva ai primi la libertà religiosa e importanti privilegi economici e al secondo la stabilità politica e sociale, era impersonata dalla figura stessa di Costantino, che riuniva nelle proprie mani il potere civile e la facoltà di influenzare le decisioni nelle controversie religiose.
A causa della sua rapida e vasta diffusione, infatti, nel IV secolo il cristianesimo era stato attraversato da contese dottrinali sull’interpretazione di alcuni aspetti della fede che portarono alla nascita di alcune importanti  eresie, ossia dottrine religiose cristiane in contrasto con quella ufficiale. Tra queste, ebbe notevole diffusione l’arianesimo, predicato da un sacerdote di Alessandria d’Egitto, Ario, dal quale prese il nome. L’arianesimo negava la natura divina di Gesù Cristo, che leggeva come una contraddizione dei princìpi del monoteismo affermati dal cristianesimo. La figura di Gesù veniva invece interpretata come quella di un profeta.
Poiché queste dispute teologiche, oltre a minare l’unità dei cristiani, rischiavano di generare pericolosi disordini sociali, Costantino intervenne con la propria autorità, promuovendo nel 325 il concilio (o sinodo, cioè “riunione”) di Nicea, il primo nella storia della Chiesa. Il concilio condannò ufficialmente l’eresia ariana, confermando la coesistenza in Cristo sia della natura divina sia di quella umana, secondo quella che diventò la posizione ortodossa della Chiesa. Nel IV secolo, altre eresie sarebbero sorte in vari territori dell’impero, e lo stesso arianesimo avrebbe avuto vasta diffusione, soprattutto tra le popolazioni germaniche. L’intervento dell’imperatore a Nicea contribuì però, per il momento, a rafforzare l’autorità della Chiesa ufficiale, cancellando almeno temporaneamente i dissidi dottrinali e assicurando la compattezza politico-religiosa dell’impero.

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L’evoluzione della Chiesa

I vari provvedimenti di Costantino in ambito religioso portarono dunque al consolidamento dell’autorità dei vescovi, che nelle città più importanti (Gerusalemme, Antiochia, Alessandria d’Egitto, Costantinopoli e Roma) vennero chiamati patriarchi (cioè “capi della comunità”). Essi riconoscevano il primato del vescovo di Roma, il papa, considerato il capo della Chiesa.
L’influenza dei vescovi sulla società aumentò inoltre in virtù della loro crescente forza economica. Oltre all’esenzione dalle tasse, fu loro riconosciuta la possibilità di ricevere eredità da cittadini privati. Con la cessione di grandi ricchezze e di vaste proprietà terriere donate dai fedeli con i loro testamenti, i vescovi si trasformarono anche in amministratori di immensi patrimoni. Ai loro compiti spirituali si affiancarono dunque importanti funzioni di carattere sociale ed economico. Il ruolo della Chiesa costituì infatti, nei secoli successivi, uno dei pochi motori economici sia nelle città, dove le elemosine finanziarono la costruzione di chiese e monumenti e contrastarono in parte il regresso della vita urbana, sia nelle campagne, dove i grandi latifondi ecclesiastici fornirono opportunità di lavoro e il mantenimento (e in alcuni casi l’espansione e il miglioramento) delle attività agricole.

Le basiliche

Dopo la fine delle persecuzioni, non essendo più costretti a nascondersi nelle case private per celebrare le loro cerimonie, i cristiani poterono riunirsi in luoghi aperti al pubblico. L’ampia diffusione del cristianesimo, che nel IV secolo contava ormai un numero considerevole di fedeli, soprattutto nelle città, richiese la costruzione di grandi luoghi di culto. Essi furono chiamati “basiliche”, come gli antichi tribunali romani di cui riprendevano la struttura architettonica. Questo tipo di edificio ebbe origine nei regni ellenistici (basiliché era chiamata la sala di rappresentanza dei sovrani alessandrini, in greco basilêis) e si diffuse a Roma fin dall’età repubblicana. Era composto da un’ampia navata centrale, corredata di colonne e rialzata rispetto a quelle laterali; nella sua parte superiore si aprivano grandi finestre.
Molte basiliche cristiane furono realizzate riutilizzando elementi architettonici appartenenti a precedenti costruzioni: ancora oggi è possibile vedere colonne o capitelli di stile e provenienza diversa all’interno di basiliche di epoca paleocristiana. Questa consuetudine era motivata dalla necessità di contenere le spese per la realizzazione degli edifici, recuperando materiali dai monumenti pagani.

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3. La restaurazione di Giuliano

Come era avvenuto dopo l’uscita di scena di Diocleziano, anche con la morte di Costantino la stabilità del potere imperiale tornò a vacillare pericolosamente.
Le riforme politiche e amministrative dei due imperatori avevano posto un rimedio solo temporaneo ai problemi dell’impero, sempre più attraversato dalla tendenza alla frammentazione del potere centrale. Subito dopo la morte di Costantino (337) scoppiarono nuove guerre civili, con il ritorno all’instabilità politica che aveva a lungo caratterizzato il secolo precedente.
Le nuove lotte per la conquista del potere furono scatenate dagli stessi figli di Costantino, che egli aveva nominato come suoi successori: Costanzo II, Costante e Costantino II. Questi fu il primo a cadere, nel 340, ad Aquileia, per mano di Costante, il quale fu a sua volta ucciso nel 350 da una congiura organizzata in Gallia da Magnenzio, comandante delle sue guardie del corpo. Acclamato imperatore dalle sue truppe, Magnenzio fu però considerato un usurpatore da Costanzo II, che lo sconfisse nel 351, insediandosi incontrastato a capo dell’impero. L’instabilità politica era accresciuta dalle incursioni dei popoli germanici, che approfittavano della debolezza del potere imperiale per compiere scorrerie nelle province periferiche, ottenere la concessione di terre o essere arruolati nell’esercito romano. Questi episodi interessavano però prevalentemente le province dell’Europa centrale e orientale, mentre nelle regioni che si affacciavano sul Mediterraneo e in Africa, non ancora soggette a sconfinamenti e invasioni, nel corso del IV secolo si verificò un relativo progresso economico e sociale.

Terre, mari, idee - volume 2
Terre, mari, idee - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille