La seta: un tessuto prezioso dall’anima segreta
La via della seta (termine coniato dal geografo tedesco Ferdinand von Richthofen nel 1877) indicava l’intrico di percorsi che portavano la seta dalla Cina all’Occidente e, più in generale, che collegavano Estremo Oriente e Occidente: dalla città di Chang’an, attraverso il deserto del Taklamakan, la città di Kashgar e poi il Pamir e l’Afghanistan, portava al porto trafficatissimo di Antiochia.
Della sua storia sappiamo, grazie all’annalistica dinastica cinese, che ebbe un inizio attorno alla metà del II secolo a.C. con vicende che talora hanno un sapore leggendario. Nel primo documento noto (Annali Han) si dice, per esempio, che «il re di Ta-ch’in [o Da Qin, così era detta Roma] desiderava da lungo tempo inviare un’ambasciata in Cina, ma siccome i Parti vogliono avere seta cinese per rivenderla a quelli di Ta-ch’in, bloccano la via in modo da rendergli impossibili le comunicazioni dirette». Probabilmente nessun romano arrivò mai in Cina, inoltre a limitare e a mediare il contatto diretto vi erano i Parti Arsacidi e poi i Sasanidi, loro successori, spesso in conflitto con i Romani.
Il misterioso tessuto compare in Grecia
Proprio attraverso i Persiani la seta arrivò in Grecia: tra i primi a citarla in uno scritto vi fu il filosofo Aristotele. Di questo prezioso tessuto però circolavano soprattutto immagini favolistiche. Virgilio, nelle Georgiche, scrisse che la seta era prodotta da un albero e raccolta con un pettine; Plinio il Vecchio confermò: «Staccano una peluria bianca dalle foglie e la innaffiano; le donne quindi eseguono il doppio lavoro di dipanarla e di tesserla». La produzione della seta infatti fu a lungo un segreto custodito gelosamente che sarà svelato solo alla corte di Giustiniano a Bisanzio nel VI secolo d.C.: alcuni monaci viaggiatori erano infatti riusciti a comprendere come allevare i bachi e l’arte complessa di estrarne la seta.
La seta a Roma: un oggetto di culto
A Roma il prezioso tessuto fece la sua comparsa nel II secolo a.C.: la terra da cui proveniva fu chiamata Serica, Terra della seta, e i suoi abitanti Seres. L’uso della seta si diffuse rapidamente tra i ricchi romani e nel 16 d.C. il senato, sotto l’imperatore Tiberio, ne vietò l’uso per gli uomini, dato il suo costo elevatissimo; successivamente, Seneca arrivò persino ad associarne l’utilizzo alla decadenza dei costumi. La seta era diventata dunque un oggetto di culto per la nobiltà romana: indossarne un capo significava essere “alla moda”, sfoggiare lusso e mondanità. Certo la passione per la seta costò assai cara all’impero: il tessuto era raro e prezioso e l’importazione delle pezze per contro significava un flusso di oro e di denaro che viaggiava costantemente da Roma verso la Cina. La crisi del III secolo, con il rallentamento delle attività economiche, vide man mano diminuire anche l’arrivo della seta, che però tornò a essere presente nella penisola dal XII secolo, quando cominciò a essere prodotta a livello locale, splendida e preziosa come quella che per secoli era giunta dalla Cina.