Capitolo 5 - L’Egitto: tre millenni di civiltà

Capitolo 5 L’EGITTO: TRE MILLENNI DI CIVILTÀ

i concetti chiave
  • Lo sviluppo dell’agricoltura grazie al Nilo che fornisce risorse idriche per l’irrigazione e fertilizzante naturale (limo)
  • L’unificazione di alto e basso Egitto tra IV e III millennio a.C. a opera del sovrano Narmer: nasce il regno egizio con a capo il faraone, considerato figlio degli dèi
  • Divisione gerarchica della società
  • Le fasi del regno egizio (Antico, Medio e Nuovo Regno): a periodi di massimo splendore ed espansione militare si alternano i periodi intermedi, fasi di crisi di potere, causate da carestie, invasioni di popoli nomadi, eccessivo potere dei sacerdoti locali
  • La ricca cultura egizia: le piramidi, la scrittura, i culti religiosi

L’AMBIENTE E LE RISORSE

La valle del Nilo: il fiume che scorre nel deserto

Se il Tigri e l’Eufrate furono i protagonisti delle civiltà mesopotamiche, un altro grande fiume, il Nilo, permise la nascita della civiltà egizia, durata per ben tre millenni.
Il Nilo scorre in Africa da sud (nasce nell’area del lago Vittoria, cioè tra gli attuali Kenya, Uganda e Tanzania) verso nord per quasi 7000 km e sfocia nel mar Mediterraneo, bagnando prevalentemente i territori degli attuali Stati del Sudan e dell’Egitto.
Insieme alle oasi ( p. 77), aree rese fertili dalle sorgenti che sgorgano dal sottosuolo in mezzo a zone aride, la valle del Nilo era l’unica parte coltivabile in un territorio per il resto desertico. La particolare configurazione geografica fece sì che la popolazione si concentrasse essenzialmente lungo il fiume e in misura molto minore nelle oasi, mantenendo pressoché stabile il numero degli abitanti, che non superò quindi mai i sette milioni.
A causa della sua ampia estensione geografica, la valle del Nilo presentava al proprio interno notevoli differenze dal punto di vista ambientale. Nella parte meridionale, chiamata alto Egitto perché corrispondente all’alto corso del fiume, le superfici coltivabili erano limitate ai terreni più vicini alle sponde del fiume. A nord, invece, nella zona vicina al mare, chiamata basso Egitto, si apriva l’ampia e fertilissima pianura originata dal delta del Nilo.
Il fiume era (ed è) alimentato da due affluenti principali, il Nilo Bianco e il Nilo Azzurro, che confluivano in un unico letto fluviale nei pressi di Khartoum (capitale dell’attuale Sudan). Il Nilo Bianco, che manteneva un regime costante durante tutto l’anno grazie alle piogge perenni delle zone equatoriali, era ricco di sostanze vegetali e minerali (il suo nome deriva proprio dal colore chiaro di queste sostanze) raccolte durante l’attraversamento delle paludi del Sudan. Il Nilo Azzurro, invece, aumentava sensibilmente la propria portata in occasione delle piogge estive, che cadevano in abbondanza sugli altopiani etiopici, dove si trovano le sue sorgenti. Questo ramo del fiume trasportava a valle i residui argillosi e sabbiosi delle rocce incontrate nel suo lungo viaggio, rendendo i terreni soffici e adatti alle coltivazioni.

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Un dono prezioso del fiume: il limo

Le diverse caratteristiche delle acque che formano il Nilo concorrevano a creare le condizioni migliori per fertilizzare i campi. Dopo essere confluite in un unico letto, infatti, le acque fluviali proseguivano il loro corso inondando la pianura e depositando sui campi un fango ricco di sostanze minerali e di microrganismi: il limo, un concime naturale molto efficace che consentiva di mantenere i terreni costantemente fertili, mentre normalmente si sarebbero impoveriti a causa della coltivazione dei cereali, che assorbono grandi quantità di sostanze nutritive e costringono a lasciare a riposo i campi per un periodo. Grazie al limo, dunque, i cereali potevano essere coltivati persino più volte all’anno, garantendo alte rese produttive. Gli Egizi chiamarono il limo la “terra nera”, termine con il quale si riferivano per estensione al loro Paese.

Il ritmo delle stagioni scandito dalle inondazioni

L’alternarsi delle fasi di piena e di magra scandiva i tempi della lavorazione dei campi. Durante il periodo delle inondazioni, nei mesi estivi, i contadini interrompevano le attività agricole poiché le acque del fiume ricoprivano tutti i terreni, rendendo addirittura impossibile riconoscerne i confini. A partire da settembre, quando le acque cominciavano a ritirarsi, gli agrimensori, funzionari addetti alla misurazione dei terreni, ne ristabilivano i limiti per permettere ai contadini di seminare; aveva così inizio la stagione agricola.
Il fatto che il periodo di piena coincidesse con l’estate, cioè con la stagione in cui il clima raggiungeva le temperature più elevate e i terreni soffrivano maggiormente la mancanza di piogge, garantiva l’apporto di acqua necessaria a impedire che le coltivazioni seccassero. Tuttavia, anche in inverno, quando il clima era meno secco e le acque si erano ormai da tempo ritirate, il Nilo continuava a essere sfruttato per l’irrigazione dei campi, grazie ai lavori idraulici di canalizzazione o a efficaci strumenti inventati dai contadini egizi per prelevare acqua dal fiume, come per esempio lo shaduf.
La fertilizzazione assicurata dalle piene fluviali e dal limo incideva direttamente sull’abbondanza dei raccolti. La sovrapproduzione di cereali favorì lo sviluppo economico delle comunità agricole e migliorò le condizioni di vita della popolazione, ponendo le premesse per la nascita, verso la fine del IV millennio a.C., della grande civiltà idraulica dell’antico Egitto.

Lo shaduf

I terreni coltivati si trovavano in genere in posizione più elevata rispetto al corso del Nilo.
Per ovviare a questo inconveniente, i contadini egizi utilizzavano uno strumento ancora oggi molto diffuso in tutta l’area, lo shaduf: una sorta di bilanciere, composto da un’asta alle cui estremità sono fissati un secchio e un contrappeso d’argilla o di rame. Con un movimento alternato, i contadini prima immergono il secchio nel fiume per riempirlo d’acqua, poi, con l’aiuto del contrappeso, lo sollevano senza fatica e ne versano il contenuto nei campi. È stato calcolato che, grazie all’impiego di questo strumento, in un giorno si possono sollevare fino a 2500 litri di acqua a un dislivello di circa due metri.

Le placide piene del Nilo

Le condizioni ambientali della valle del Nilo, tuttavia, differivano in parte da quelle della Mesopotamia. Rispetto alle piene rovinose dell’area mesopotamica, in Egitto le inondazioni estive erano placide e lente. Inoltre, sebbene potesse aumentare la portata del fiume fino a quindici volte il suo livello normale, la piena del Nilo era facilmente prevedibile, dal momento che si verificava sempre nello stesso periodo: non c’era dunque il rischio di alluvioni improvvise. Per questi motivi, i contadini della valle del Nilo non ebbero mai la necessità di contenere le acque del fiume con argini e dighe: i lavori idraulici riguardavano piuttosto la costruzione di canali utili all’irrigazione dei terreni più lontani dal fiume.
A differenza del Tigri e dell’Eufrate, inoltre, il cui aspetto variava molto da zona a zona, il Nilo presentava un andamento costante lungo il suo corso, quindi era possibile una gestione centralizzata di queste opere.

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La grande via fluviale di comunicazione

Oltre che preziosa fonte di risorse idriche per le attività agricole, il Nilo costituiva per gli abitanti di questi territori anche la più importante via di comunicazione, che favorì gli scambi commerciali e di conseguenza la prosperità economica degli Egizi.
Il fiume era utilizzato come collegamento già in epoca paleolitica grazie all’impiego di rudimentali zattere di legno. La navigazione avveniva sfruttando unicamente la forza della corrente, e quindi era possibile spostarsi soltanto da sud verso nord, in direzione della foce. Agli inizi dell’epoca neolitica, gli antichi abitanti dell’Egitto impararono anche a risalire la corrente del fiume (spostandosi cioè da nord verso sud) utilizzando le prime imbarcazioni a remi, spinte dalla forza delle braccia dei marinai. Verso la metà del III millennio a.C., infine, introdussero la navigazione a vela, che risultò molto vantaggiosa considerata la presenza di venti costanti in direzione sud; le vele consentivano di risalire il corso del fiume usufruendo semplicemente della spinta delle correnti d’aria.
Oggi il Nilo attraversa e bagna sette Stati dell’Africa. Con la progressiva (e rapida) desertificazione del Sahara, un tempo territorio fertile e verdeggiante, ancora oggi ricco di acque sotterranee che in alcuni punti riemergono a formare le oasi, il Nilo è andato assumendo un ruolo sempre più importante per i popoli dei territori che attraversa, in particolare nel tratto navigabile da Assuan alla foce a delta, che occupa ben 24 000 km2.

Il confine naturale del deserto

A garantire poi l’unità del territorio egizio vi era il deserto, che occupava gran parte della regione (la “terra rossa”, come veniva chiamata). Se da un lato esso rendeva molto difficile l’espansione delle direttrici commerciali al di fuori della valle del Nilo, dall’altro rappresentava un’efficace barriera naturale contro le invasioni straniere. Anche sotto questo aspetto, dunque, le caratteristiche ambientali dell’antico Egitto differivano da quelle della Mesopotamia (una pianura priva di difese naturali) e garantirono migliori condizioni per lo sviluppo della civiltà e per la sua salvaguardia.

Terre, mari, idee - volume 1
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Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana