Terre, mari, idee - volume 1

Unità 2 LE CIVILTÀ DELLA MESOPOTAMIA >> Capitolo 4 – L’espansione degli imperi

Base dell’economia degli imperi del Vicino Oriente restava però l’agricoltura. Grazie alla diffusione degli attrezzi in ferro, molto efficaci per il diboscamento e il dissodamento dei terreni, a partire dal 1300 a.C. circa i popoli degli altopiani iniziarono a scavare pozzi per la raccolta dell’acqua e a ricavare nuove superfici agricole dalle zone boschive. Si deve ai Persiani l’invenzione dei canali sotterranei per limitare l’evaporazione dell’acqua e irrigare le terre aride delle regioni montuose. Queste innovazioni portarono l’agricoltura irrigua anche alle aree lontane dai corsi dei grandi fiumi. Sfruttando con equilibrio le risorse idriche, i persiani riuscirono a costruire lussureggianti giardini reali che chiamarono paradaida e i Greci parádeisos, paradisi.

La legittimazione religiosa del re persiano

Anche nel vasto impero persiano la religione contribuì a rafforzare il potere politico del sovrano. I culti politeistici furono sostituiti con il culto ufficiale di Ahura Mazda, divinità della luce creatrice del mondo, “bene supremo” che si contrapponeva al male. Questa religione fu chiamata zoroastrismo dal nome del suo predicatore (Zarathustra, in greco Zoroastro), vissuto in un periodo imprecisato tra l’VIII e il VI secolo a.C. La sua dottrina religiosa fu raccolta nel libro sacro dell’Avesta, un termine che nel dialetto iranico in cui era scritto il testo aveva diversi significati: “lode”, “fondamento”, “comandamento”. Secondo l’Avesta, il re era l’espressione terrena della volontà divina e i suoi ordini manifestazione concreta del bene divino. Ogni fedele era quindi tenuto all’obbedienza al re e ai suoi ordini, così che avrebbe raggiunto la beatitudine dopo la morte. Dario portò alle estreme conseguenze questo principio dando impulso, per la prima volta nella guerra contro gli Elamiti, a una concezione che si configura come una forma embrionale di guerra santa secondo la quale i nemici stranieri andavano considerati degli infedeli e combattuti in quanto tali. Se da una parte, quindi, l’impero persiano mostrava notevole tolleranza nei confronti delle differenze culturali dei popoli sottomessi, dall’altra pretendeva l’adesione alle decisioni politiche del sovrano, togliendo di fatto ogni spazio di autonomia alla classe sacerdotale o alle spinte autonomistiche dei territori conquistati.

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Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana