1. Le città-Stato dei Sumeri
Fra il 3500 e il 3000 a.C. sulle foci del Tigri e dell’Eufrate sorsero insediamenti che per dimensione, struttura, organizzazione politica, reti di vita civile, sociale e religiosa non possiamo definire villaggi, ma vere e proprie città. Gli storici ricorrono alla definizione di città-Stato per indicare queste nuove realtà territoriali, strutturate, funzionali, autonome, indipendenti, e con un rapporto di dominio con il ristretto territorio agricolo circostante, fonte della loro ricchezza, che quasi sempre la città mantiene grazie a un apparato militare efficiente e aggressivo.
Tra le più importanti si ricordano Eridu, Nippur, Ur e Uruk e, nella fase di maggior sviluppo delle
▶ civiltà della Mesopotamia, Ninive, Ctesifonte, Seleucia, Kish e Lagash.
Diversi elementi differenziavano le città dai villaggi:
- nelle città viveva un numero di abitanti molto maggiore che nei villaggi;
- rispetto ai villaggi era più esteso lo spazio occupato dalle abitazioni, spesso collocate l’una a ridosso dell’altra e realizzate con materiali più solidi e duraturi di quelli impiegati per le capanne neolitiche;
- l’organizzazione dello spazio interno aveva un rilievo ben visibile: al centro si ergeva un edificio compatto che rappresentava il centro politico, economico e religioso della comunità, nel quale trovavano posto gli alloggi del re, i luoghi del culto, il magazzino e il mercato;
- le città erano circondate da mura, innalzate allo scopo di difendere la popolazione e le scorte alimentari dagli assalti dei popoli nomadi.