Unità 1 LA TERRA E I PRIMI ESSERI UMANI >> Capitolo 2 – Il Neolitico e il passaggio all’agricoltura

passato&presente

L’alternativa alla vita sedentaria: il nomadismo

Abbiamo visto come l’evoluzione abbia condotto via via la maggioranza delle comunità umane alla scelta di diventare “stabili”. Il passaggio alla vita sedentaria nei secoli, però, non ha comportato solo vantaggi, ma anche inevitabili problemi: per esempio, ha concentrato la popolazione in un territorio ristretto, favorendo di conseguenza la diffusione di malattie, talvolta anche a causa della promiscuità con gli animali. Anche per questo l’opzione della vita sedentaria fu adottata lentamente: per lungo tempo l’Homo sapiens ha conservato lo stile di vita nomade o ha alternato periodi di stabilità tesi a sfruttare le risorse alimentari disponibili a periodici spostamenti in cerca di nuove risorse.
Per indicare lo stile di vita dei gruppi umani che si spostano con una qualche regolarità utilizziamo i termini “nomade” e “nomadismo” (derivati dal greco nomás, “colui che pascola, che erra in cerca di pascoli”), che in genere riguarda soprattutto i pastori o coloro che vivono di caccia.

Le sopravvivenze del nomadismo oggi

I retaggi di questa antica pratica sono ancora oggi presenti: pastori e greggi di ovini (più raramente mandrie di bovini o di cammelli) si trasferiscono stagionalmente dalla montagna alla pianura (e viceversa) o verso le oasi alla ricerca di nuovi pascoli e di acqua, come, per esempio, presso alcune tribù mongole in Asia centrale o presso i Sami, in Finlandia, o i Tuareg del Mali, allevatori di bovini e ovini.
Nomadi di oggi sono anche alcune popolazioni che non vivono di allevamento ma di un’economia di raccolta: per esempio, alcune tribù della Nuova Guinea o le tribù dei Bayaca in Congo, oppure i Pigmei-Baka in Camerun, Gabon e Congo o i Pigmei BaKola-BaGyeli in Camerun e Guinea Equatoriale.
Al nomadismo viene ricondotto (impropriamente) lo stile di vita dei gitani, termine generico con cui si indicano diverse etnie, come Rom e Sinti. I Rom, di probabile origine indoeuropea, costituiscono un gruppo etnico suddiviso in una miriade di piccoli gruppi che parlano lingue o dialetti simili, anche se non completamente comuni. Dei probabili 12 milioni totali di Rom, però, solo una minoranza pratica ancora il nomadismo sia a causa delle numerose discriminazioni e persecuzioni che hanno subìto nei territori dell’Europa orientale, sulle cui vaste pianure si spostavano di frequente fino a tempi recenti, sia in seguito al “grande divoramento” (Porrajmos, come viene chiamato il progetto messo in atto dal Terzo Reich durante la Seconda guerra mondiale che prevedeva il loro completo sterminio), oltre alle difficoltà frapposte dalla decisione degli Stati moderni di fissare confini rigidi con l’imposizione ai propri cittadini di forme di identificazione e controllo che i nomadi spesso rifiutano.
In verità la vita nomade e i gruppi che ancora la praticano nel mondo, con la loro stessa presenza ci ricordano un passato ancestrale che ci è stato comune, pur essendo ormai solo un’ombra nella nostra memoria.

Terre, mari, idee - volume 1
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Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana