La comparsa del genere Homo
In seguito a un nuovo cambiamento climatico, intorno a 2,5 milioni di anni fa comparvero le prime specie del genere Homo, che per circa un milione e mezzo di anni convissero con gli australopitechi. Come era già avvenuto con le scimmie arboricole, il cambiamento climatico rese l’ambiente inospitale per gli australopitechi, che si estinsero definitivamente intorno a un milione di anni fa, lasciando nella savana in continua espansione solo le specie del genere Homo, il cui cervello era molto più sviluppato: ciò contribuì a un miglioramento nel controllo degli arti e a una specializzazione e coordinazione dei diversi sensi. In virtù di questo vantaggio evolutivo, le specie del genere Homo furono in grado di:
- passare a una dieta onnivora, con frequente ricorso alla carne. Fu una vera rivoluzione biologica che sconvolse il metabolismo umano, l’apparato digerente, l’apporto energetico e i comportamenti collettivi. L’adattamento richiese molto tempo ma determinò il distacco di Homo dagli ominidi;
- sviluppare l’uso delle mani sia per compiti che richiedevano l’impiego di notevole forza fisica, sia per operazioni delicate che implicavano grande precisione, come per esempio costruire oggetti;
- osservare la natura e imparare a sfruttarla a proprio vantaggio: l’uso del fuoco, la costruzione di ripari e l’impiego di una prima rudimentale tecnologia furono elementi di grande vantaggio nella competizione tra specie;
- memorizzare esperienze, apprendere da esse ed elaborare le prime forme di comunicazione tra individui, che avrebbero determinato il successivo sviluppo del linguaggio e della cultura. Questa facoltà, insieme a una modifica dell’apparato di fonazione, favorì per esempio la pratica della caccia in gruppo.
Senza le glaciazioni la diffusione del genere Homo su tutto il pianeta non sarebbe potuta avvenire, o almeno non nelle modalità in cui si è effettivamente svolta. A causa di una temperatura più bassa di circa dieci gradi rispetto a quella odierna, durante l’ultima glaciazione, terminata 12-10 000 anni fa, il livello delle acque oceaniche divenne nettamente inferiore, perché gran parte dell’acqua restava imprigionata nei ghiacciai. Le terre emerse erano quindi più estese di quelle attuali e consentivano lo spostamento di animali e di uomini attraverso zone oggi separate dal mare. Ciò permise anche il passaggio dei primi uomini nel continente americano, raggiunto probabilmente attraverso lo stretto di Bering, che oggi separa l’Asia nordorientale e l’Alaska, ma che allora presentava un passaggio libero dalle acque oceaniche. Le migrazioni degli esseri umani raggiunsero terre sempre più lontane, e tra 100 000 e 14 000 anni fa interessarono gradualmente tutti i continenti eccetto l’Antartide.
Modellando più volte il territorio, le glaciazioni mutarono radicalmente la flora e la fauna. Nei periodi più freddi, l’estensione delle foreste diminuiva a causa del clima rigido e secco, lasciando spazio alla ▶ steppa, alla ▶ tundra e, in Africa, soprattutto alla ▶ savana. La scarsità della vegetazione riduceva la possibilità di sopravvivenza di alcune specie animali (come elefanti e ippopotami) e ne favoriva altre più adatte alle mutate condizioni climatiche (come cavalli, bisonti, renne e mammut). Con il ritorno di climi più caldi e piovosi, invece, le foreste riconquistavano vasti territori; gli animali adatti agli ambienti freddi, come le renne, si ritiravano a nord, seguendo l’arretramento dei ghiacci, mentre altri si estinguevano, come i mammut e i rinoceronti lanosi al termine dell’ultima glaciazione.