Capitolo 1 - Le origini della specie umana

Capitolo 1 LE ORIGINI DELLA SPECIE UMANA

i concetti chiave
  • Le trasformazioni ambientali e le variazioni climatiche influiscono sulla sopravvivenza e sull’evoluzione degli esseri viventi
  • La Rift Valley è il luogo geografico dove l’uomo compare per la prima volta
  • Dall’Africa gli individui si spostano nel resto del pianeta e giungono anche in Europa
  • La specie umana si evolve in maniera complessa e non lineare
  • In una fase più recente dell’evoluzione gli individui sperimentano le prime esperienze di vita comunitaria

L’AMBIENTE E LE RISORSE

Alle radici dell’evoluzione

Durante la sua lunghissima storia, iniziata 4,5 miliardi di anni fa, la Terra ha subìto grandi trasformazioni. La deriva dei continenti ha modificato l’equilibrio preesistente e le terre emerse hanno gradualmente assunto l’aspetto che oggi conosciamo; i movimenti tettonici, ossia gli spostamenti delle placche che formano la crosta terrestre, e le glaciazioni hanno continuato a modellare il pianeta per centinaia di milioni di anni, influendo sullo sviluppo degli esseri viventi che lo popolavano. Questi grandi cambiamenti ambientali sono stati tra le cause principali del processo evolutivo, ossia della progressiva trasformazione delle specie vegetali e animali, durata molti milioni di anni prima della comparsa degli esseri umani.

La grande “crepa” africana, da cui ha inizio il cammino dell’uomo

Il cammino della specie umana inizia nel continente africano, e più precisamente nella Rift Valley, un’ampia valle che varia dai 30 ai 100 km di larghezza e si estende per circa 6000 km di lunghezza nell’Africa orientale. Come indica il suo nome (rift in inglese significa “frattura”, “crepa”), essa si è formata in seguito ai movimenti della crosta terrestre che determinarono lo sprofondamento del fondo della valle e l’innalzamento delle montagne.
Da tali trasformazioni derivò anche un sensibile cambiamento climatico che interessò tutta l’area.
A ovest delle montagne si mantenne il clima umido tipico delle foreste pluviali (l’ambiente adatto alla sopravvivenza delle scimmie arboricole, così chiamate perché vivono sugli alberi), con continue e abbondanti piogge alimentate dalle correnti provenienti dall’oceano Atlantico.
A est, invece, il clima mutò, perché la barriera costituita dalla nuova catena montuosa non consentì più il passaggio dei venti umidi; le piogge non furono più perenni, ma limitate soltanto ad alcune stagioni. Ciò causò un lungo processo di inaridimento che fece regredire la foresta pluviale, lasciando ampi spazi all’espansione della savana. Quest’ultima, caratterizzata da scarsa vegetazione e dall’assenza dei grandi alberi tipici della foresta pluviale, favorì l’evoluzione di una nuova specie di  ominidi, gli australopitechi (il nome deriva dall’aggettivo latino australis, “del Sud”, perché i primi esemplari furono trovati nel Sud del continente africano), e dal sostantivo greco píthekos, “scimmia”).
Appartengono a questa specie i resti fossili dello scheletro ritrovato nel 1974 presso Hadar (Etiopia), nella Rift Valley, che risale a circa 3,2 milioni di anni fa. Si tratta di una femmina della specie Australopitecus afarensis che i paleontologi decisero di chiamare Lucy in onore di un famoso brano dei Beatles, Lucy in the Sky with Diamonds, che ascoltavano spesso durante gli scavi.

 >> pagina 29 
La Rift Valley: una storia lunga 15 milioni di anni

LA FORMAZIONE DELLA GRANDE FRATTURA

Circa 15 milioni di anni fa la parte orientale della placca tettonica africana (Corno d’Africa) inizia a staccarsi dal resto del continente e si aggiunge a un altro distacco, quello della placca tettonica africana dalla placca araba, avvenuto 35 milioni di anni fa: si crea una grande frattura della crosta terrestre lunga 6000 km e profonda 1200 m, che si estende dal Sud-Ovest dell’Asia (all’incirca il Nord della Siria) fino al Mozambico, area sudorientale dell’Africa.
È la Great Rift Valley, compresa tra il mar Rosso, il deserto del Sahara, le altissime montagne a ovest (Mitumba e Ruwenzori), l’oceano Indiano a est.

MOVIMENTI GEOLOGICI E INARIDIMENTO DELL’AFRICA

Circa 4 milioni di anni fa avvengono altri mutamenti geologici che influenzano i caratteri della Rift Valley. La collisione della penisola centroamericana (placca caraibica) contro il continente sudamericano (placca pacifica) fa sollevare una striscia di terra di 75 km di larghezza: si forma l’Istmo di Panama, che unisce l’America settentrionale all’America meridionale e separa l’oceano Pacifico (caldo) dall’oceano Atlantico (più freddo). Il transito delle acque tra i due oceani è dunque bloccato e i flussi marini cambiano direzione; le conseguenze sono molteplici: si origina la Corrente del Golfo, nell’Artico si forma una calotta polare che dà inizio al ciclo delle glaciazioni e il regime climatico ne risulta sconvolto. L’isolamento dell’Atlantico determina l’accelerazione del raffreddamento e dell’inaridimento dell’Africa.
La Rift Valley acquista i caratteri che ha ancora oggi: a ovest delle montagne clima caldo e umido, abbondanti piogge alimentate dalle correnti provenienti dall’Atlantico, foreste pluviali con vegetazione ricca e rigogliosa, vivace popolazione arboricola.
A est le montagne rallentano il passaggio di correnti umide, le piogge sono stagionali (due secche e due umide), pian piano la foresta pluviale si restringe, lascia spazio alla boscaglia e poi alla savana, con radure, bassa vegetazione, arbusti e alberi distanziati.

Terre, mari, idee - volume 1
Terre, mari, idee - volume 1
Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana