La stima del rischio
Una volta messi a fuoco i potenziali pericoli, come si può stimare in modo attendibile la probabilità che davvero si verifichi un danno al consumatore, con tutte le sue conseguenze? Per rispondere a questa domanda occorre partire dalla definizione di rischio come prodotto tra la gravità del danno (quindi “quanto grave” potrà essere la contaminazione) e una stima della probabilità che tale danno si concretizzi.
Consideriamo per esempio una persona adulta che si appresta a consumare un piatto a base di pesce. La sua esperienza gli permetterà di valutare la salubrità del piatto ancor prima che inizi a mangiare. Il colore e l’odore, infatti, gli forniranno preziose informazioni preliminari. Ipotizziamo che il pesce preparato non sia stato correttamente conservato e che, se consumato, possa dare origine a un’intossicazione alimentare. Calcoliamo dunque il rischio, cioè la probabilità che questa intossicazione si verifichi. Attribuiamo il valore 3 alla gravità di una eventuale intossicazione (su una ipotetica scala da 1, cioè poco grave, a 5, cioè molto grave), e diamo alla probabilità che si verifichi il valore 2 (da 1, cioè poco probabile, a 5, cioè molto probabile). In questo caso, il rischio di subire un’intossicazione da parte di un adulto che si appresta a mangiare pesce contaminato sarà pari a 6, cioè 3 × 2.
Vediamo ora lo stesso esempio applicato a un bambino. La gravità dell’evento sarà ugualmente 3, ma la probabilità che si verifichi sarà decisamente più alta, in quanto il bambino non dispone dell’esperienza necessaria a “fiutare” il pericolo, come invece farebbe l’adulto. Possiamo quindi assegnare alla probabilità che questo evento si verifichi un valore doppio, ovvero pari a 4. Di conseguenza, se per l’adulto il rischio ha un valore pari a 6, per il bambino questo valore sale a 12 (3 × 4).
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LIVELLO DI GRAVITÀ
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1 |
2 |
3 |
4 |
5 |
PROBABILITÀ |
1 |
1 |
2 |
3 |
4 |
5 |
2 |
2 |
4 |
6 |
8 |
10 |
3 |
3 |
6 |
9 |
12 |
15 |
4 |
4 |
8 |
12 |
16 |
20 |
5 |
5 |
10 |
15 |
20 |
25 |