Il valore della solidarietà

L'autore – Giacomo Leopardi

Il valore della solidarietà

Pur approdando a una corrosiva e spietata denuncia di tutte le illusioni che l’intelletto fabbrica per ingannare gli individui, rendendoli inconsapevoli della loro reale condizione, il pessimismo di Leopardi non assume mai la valenza di sterile scetticismo, di sfiduciata diffidenza nei confronti del prossimo o di lamentosa recriminazione sul dolore umano. In una pagina dello Zibaldone (2 gennaio 1829), egli scrive: «La mia filosofia, non solo non è conducente alla misantropia, come può parere a chi la guarda superficialmente, e come molti l’accusano; ma di sua natura esclude la misantropia, di sua natura tende a sanare, a spegnere quel mal umore, quell’odio, non sistematico, ma pur vero odio, che tanti e tanti […] portano cordialmente a’ loro simili».

Più ancora che di pessimismo, sarebbe forse giusto parlare di rifiuto dell’ottimismo: di quell’atteggiamento consolatorio, cioè, che porta l’uomo a «pargoleggiare» (cioè ad assumere una condotta spensierata come quella di un bambino), assegnandosi poteri che non ha. Sia che poggi sull’illuministica convinzione che un futuro radioso di progresso e felicità attenda gli individui («le magnifiche sorti e progressive» ferocemente derise nella Ginestra, ► T22, p. 141, v. 51), sia che si affidi all’ingenua speranza nella provvidenza cristiana, tale ottimismo viene visto da Leopardi con amaro sarcasmo: suoi bersagli privilegiati diventano così la stoltezza e la viltà dell’uomo, pieno di sé, incapace di fissare gli occhi sull’orrido “vero” e di comprendere la propria infinita piccolezza di creature infime perse nell’orizzonte del cosmo (sono molte, infatti, le pagine in cui il poeta aggredisce, spesso mediante il sarcasmo, la concezione antropocentrica dell’universo).

All’esigenza di smascherare laicamente tutti gli «errori barbari» del suo tempo (cattolicesimo e progressismo politico in primo luogo), Leopardi unisce però la volontà agonistica di affrontare con coraggio e con stoica imperturbabilità le sofferenze dell’esistenza (si parla a questo proposito di “pessimismo eroico”). Allo stesso tempo, nell’ultima fase della sua produzione, egli si appella a tutti gli uomini, soggetti alla potenza distruttrice della natura, affinché sappiano progettare contro di essa, come scrive nello Zibaldone nel 1827, una «grande alleanza degli esseri intelligenti», facendo causa comune contro la sventura in nome della fratellanza e della pietas, ovvero di un sentimento di amore e di rispetto nei confronti del prossimo.
In tal modo Leopardi offre una testimonianza e un insegnamento di profonda tensione etica: egli afferma una morale al tempo stesso umile e titanica nell’auspicare una vita associata all’insegna della solidarietà, una vita non felice, certo, ma più giusta e pietosa. Il suo messaggio invita a preservare l’unico dono concesso all’uomo, la sua umanità, non accrescendo le sofferenze del mondo con odi e rivalità, rompendo la tragica catena delle invidie e provando a placare, almeno per un poco grazie all’amore, quel male incurabile che è il fatto stesso di esistere.

Al cuore della letteratura - Giacomo Leopardi
Al cuore della letteratura - Giacomo Leopardi