L’ambiente familiare e la formazione
Nel 1798 il borgo di Recanati si trova ai confini di uno degli Stati più arretrati d’Italia, quello pontificio, in una realtà del tutto marginale, lontana dai fermenti politici, sociali e culturali suscitati in Italia e buona parte dell’Europa prima dalla cultura illuminista e poi dagli ideali della Rivoluzione francese. In quell’anno, nel piccolo centro marchigiano, nasce Giacomo Leopardi, primogenito di una nobile casata, figlio del conte Monaldo e di Adelaide Antici. Il padre, eccentrica figura di gentiluomo di provincia, è un bibliofilo erudito, infaticabile intellettuale conservatore, difensore accanito della politica ecclesiastica, tenace oppositore di ogni riforma politica. Genitore affettuoso quanto possessivo, esercita da subito un’influenza fondamentale nel favorire l’inclinazione del figlio alle lettere: possiede infatti una notevole biblioteca ricca di opere classiche, filosofiche e teologiche, per la quale ha dilapidato il pur cospicuo patrimonio. La madre, austera e rigorosamente religiosa, è una donna poco incline alle manifestazioni di affetto: la sua inattaccabile severità è dovuta soprattutto all’educazione bigotta e alla pesante responsabilità di far fronte a un bilancio familiare reso pericolante dalle scelte finanziarie del marito.
Giacomo vive la sua fanciullezza in questo ambiente: una fanciullezza, tuttavia, non infelice, vivacizzata dai giochi con i fratelli minori Carlo e Paolina (i fratelli sono complessivamente dieci, ma solo alcuni supereranno l’infanzia), ai quali racconta favole ispirategli dalla sua innata fantasia.