Documento 5
In questa recensione di un volume di Arthur Schopenahauer (1788-1860), L’arte di essere felici esposta in 50 massime (Adelphi, Milano 1997) il poeta e giornalista Franco Marcoaldi (n.
1955) fornisce un ritratto insolito del filosofo tedesco.
L’uomo che considerava l’esistenza alla stregua di una valle di lacrime, stretta tra le
invalicabili pareti della noia e del dolore; lo scettico blu che con la falce della sua implacabile
prosa tagliava regolarmente l’erba sotto qualunque barlume di speranza,
ci viene a offrire niente meno che un trattato sulla felicità? Proprio così. E naturalmente
5 lo fa alla sua maniera; luciferino e persuasivo come sempre: certo, se stiamo
al suo gioco, e se seguiamo i suoi consigli. Primo tra tutti: usare sempre e soltanto la
ragione. Perché? Ma perché fantasticando su eventuali, future fortune, ci rendiamo
ancora più indigesta la realtà: il successivo disinganno, infatti, ci farà pagare cari tutti
quei castelli in aria che andavamo edificando. Quanto a coloro che passano il tempo
10 immaginando soltanto possibili disgrazie, le conseguenze saranno ancor più negative:
“In questo caso, la fantasia si può trasformare nel nostro carnefice domestico”.
Se al contrario affronteremo il nostro malessere e il nostro benessere attraverso una
riflessione quanto più possibile fredda e asciutta, scopriremo molte cose interessanti.
A partire da quella capitale: la felicità piena e positiva è impossibile, perché i piaceri
15 sono pie illusioni, vere e proprie chimere. Soltanto il dolore è un dato di fatto concreto.
Dunque, l’unica cosa sensata da fare, è cercare di contenerlo; di non alimentarlo
ulteriormente, soggiacendo alla tirannia del desiderio. […] Schopenhauer si mise
a raccogliere appunti, massime, sentenze e citazioni in vista della stesura del suo
trattatello sulla felicità; trattatello mai portato a compimento, ma che ora, grazie alla
20 perizia filologica di Franco Volpi, vede luce postuma. “Siamo nati tutti in Arcadia”,
attacca il filosofo di Danzica. “Tutti veniamo al mondo pieni di pretese di felicità e di
piaceri, e nutriamo la folle speranza di farle valere, fino a quando il destino ci afferra
bruscamente e ci mostra che nulla è nostro, mentre tutto è suo, poiché esso vanta un