1 - La vita

Il primo Ottocento – L'autore: Ugo Foscolo

1 La vita

La formazione

Niccolò Foscolo (a diciassette anni deciderà di farsi chiamare Ugo) nasce nel 1778 a Zante (o Zacinto), una delle isole Ionie, nell’arcipelago greco, che allora apparteneva ai domìni d’oltremare della Repubblica di Venezia. La madre, Diamantina Spathis, ha origini greche, mentre il padre, Andrea, è un medico di famiglia veneziana.
Il primogenito Niccolò, con la madre e i fratelli Rubina e Giovanni Dionigi, segue nel 1785 il padre nel suo trasferimento a Spalato, in Dalmazia: studia nel seminario vescovile di questa città, prima di essere costretto a tornare a Zante, in seguito alla morte del genitore nel 1788. Sull’isola lo accoglie una zia, Giovanna, alla quale è affidato dai familiari. Nel frattempo la madre si trasferisce a Venezia per preparare una casa ai figli: «Vedova e sola», scriverà Foscolo con nostalgico affetto, «abbandonò gli agi, la pace e l’amenità della sua terra natìa, e mi sostenne orfano e fanciulletto, spogliandosi delle sue sostanze per educare l’ingegno mio, sì che la povertà non l’ha potuta né intorpidire mai, né avvilire».

Nel 1793 la famiglia si riunisce a Venezia, dove Foscolo prosegue gli studi e frequenta i salotti mondani, intellettuali e aristocratici. Povero e proveniente dai territori più lontani della Repubblica, il futuro scrittore non può che rimanere affascinato dalla città, in decadenza ma ancora splendida. Egli d’altra parte è dotato di un certo fascino “selvatico” che non lascia indifferenti le donne: ha infatti una relazione tempestosa con Isabella Teotochi Albrizzi, anche lei di origini greche (è nativa di Corfù), che successivamente si trasformerà in un’amicizia affettuosa, come testimoniano le pagine dell’epistolario. Grazie al suo interessamento, il giovane conosce letterati famosi, fra cui Aurelio Bertola de’ Giorgi, poeta preromantico, e Ippolito Pindemonte, traduttore dell’Odissea.

Foscolo legge i classici, redige un Piano di studi in cui annota i suoi progetti culturali e nel 1796 pubblica la sua prima ode, La croce. Studia anche i testi fondamentali dell’Illuminismo, come le opere del filosofo francese Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), e a Padova frequenta le lezioni del poeta Melchiorre Cesarotti. È lui stesso a parlare delle proprie predilezioni letterarie: «Tutti lessi in quel tempo gl’italiani, e molti de’ latini poeti; e più assiduamente il padre nostro Alighieri, e Omero, padre di tutta la poesia. Così mi ravvolsi, senza avvedermene, nelle passioni degli uomini e nello studio de’ tempi e delle nazioni, onde di mano in mano, dopo avere scritte molte ardenti poesie di ogni specie, m’inoltrai nella storia e nelle dottrine morali e politiche». In quest’ultimo ambito guarda con entusiasmo agli ideali di libertà e uguaglianza promossi dalla Rivoluzione francese, e coltiva un ardente sentimento patriottico di “riscossa” dell’Italia dal dominio straniero.

L’arrivo dell’esercito francese in Italia nel 1796 lo spinge a mettere in atto le sue idee rivoluzionarie impegnandosi nell’attività politica. È costretto a rifugiarsi sui colli Euganei perché il governo oligarchico veneto diffida di lui; nel 1797 viene rappresentata la sua prima tragedia, Tieste, di ispirazione alfieriana e libertaria, giacobina e antitirannica. Il successo non fa che accentuare i sospetti su di lui da parte del potere; è arrestato due volte e decide di partire per Bologna, che fa parte della nuova Repubblica cispadana. «Per vivere», scrive, «abbandonai patria, madre, sostanze». Porta con sé, come lasciapassare, l’ode A Bonaparte liberatore. Dopo che i francesi hanno fatto cadere la Repubblica oligarchica a Venezia, dove è stato instaurato un governo rivoluzionario, Foscolo vi torna e in luglio ottiene l’incarico di segretario della municipalità.

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il carattere

Un’anima divisa

Una personalità contraddittoria e poliedrica, amante del rischio e dell’avventura e al tempo stesso della pace e della serenità domestica: a caratterizzare questo “dualismo” di Foscolo sta probabilmente la sua stessa origine familiare, divisa tra Zante e Venezia, cioè tra la Grecia e l’Italia.

I due grandi amori: la Grecia e l’Italia
Nella sua fanciullezza queste due polarità si incarnano nelle figure diverse, ma non conflittuali, della madre e del padre, che sin da allora rappresentano nella sua vita due presenze ugualmente vagheggiate, di cui l’una non esclude l’altra.
Foscolo non troncherà mai infatti l’uno o l’altro dei rami in cui avvertiva scissa la propria radice. La sua opzione per il paese degli avi paterni e per la lingua italiana non implica mai il distacco dalla patria materna e dal pensiero della Grecia, che affiora costantemente nella poesia e nella vita non come semplice abbandono nostalgico, ma come richiamo istintivo e vibrante alla cultura e alle suggestioni della classicità e come riflesso di un sentimento costante che anima la sua visione politica, i suoi progetti letterari, la sua ossessiva aspirazione a concludere la propria vita nella terra delle origini.

Un uomo appassionato
Generoso e disponibile verso gli altri, ma irascibile, vanitoso e con una inguaribile tendenza all’esibizionismo: il tratto distintivo che soggiace a tutte le sue passioni, anche quelle più intemperanti, è la spregiudicatezza. Perciò non sorprende che, sulla scia dell’affascinante modello alfieriano, egli porti alle estreme conseguenze il desiderio di sottrarsi all’ossequio al costume dominante. Fiero e orgoglioso di sé, Foscolo cerca nel corso di tutta la sua esistenza di salvaguardare la propria autonomia.
La sua indole si manifesta anche nell’irrequietudine sentimentale: il suo rapporto con le donne – insieme sensuale e intellettuale – ne fa l’ultimo significativo rappresentante del libertinismo settecentesco. Nominare uno per uno gli amori foscoliani sarebbe un po’ come stilare il catalogo di Don Giovanni: dall’affascinante e sensuale Isabella Teotochi Albrizzi (lei trentacinquenne, lui diciottenne), che nell’estate del 1796 lo fa ammalare del «male di malinconia» (quando, passando a seconde nozze, decide di mutare in amicizia il più intimo rapporto con lui), alla meno bella ma più affezionata Quirina Mocenni Magiotti, da Foscolo chiamata «donna gentile» per l’altruismo nei suoi confronti; da Isabella Roncioni, bionda e con occhi celesti, con la quale la relazione dura meno di un autunno (fra l’ottobre e il novembre del 1800), ad Antonietta Fagnani Arese, descritta da un contemporaneo con «chiome lucide nerissime, occhi neri e languenti, un tono di voce basso e lento»; dall’inglese Fanny Hamilton, con la quale ha una figlia, Mary, alla milanese Maddalena (Lenina) Marliani, al cui fascino pare non avesse resistito nemmeno Napoleone.

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La maturità

Il trattato di Campoformio (17 ottobre 1797), con cui Napoleone cede Venezia all’Austria, segna però per Foscolo la brusca fine delle illusioni. Costretto a fuggire verso Milano, capitale della Repubblica cisalpina prima dell’arrivo degli austriaci, trova nella città lombarda un ambiente a lui congeniale e amicizie importanti: conosce l’esule napoletano Vincenzo Cuoco, l’ormai vecchio Giuseppe Parini e Vincenzo Monti. Collabora con il “Monitore italiano” di Melchiorre Gioia; quando nel 1798 il giornale viene soppresso dal governo francese, Foscolo rischia di nuovo la prigione.
Il pericolo del carcere e la necessità di trovare un lavoro lo spingono a tornare a Bologna, dove collabora con il giornale “Il Genio democratico”, fondato dal fratello Giovanni, e con il “Monitore bolognese”. Viene assunto nella sezione criminale del Dipartimento del Reno, come era chiamata l’amministrazione di Bologna nell’ambito della Repubblica cisalpina; anche per distrarsi dalla routine impiegatizia, ma soprattutto per dare sfogo alle recenti disillusioni, inizia a scrivere le Ultime lettere di Jacopo Ortis.

Quando le truppe austro-russe, coalizzate contro Napoleone, minacciano le repubbliche italiane, Foscolo si arruola volontario nella Guardia nazionale di Bologna e nel 1799 a Cento (in Romagna) è ferito a una coscia da un colpo di baionetta. Imprigionato a Bazzano (Bologna) e trasferito ad Arezzo, rischia la fucilazione, ma riesce a raggiungere Genova con le truppe del generale Massena, venendo di nuovo ferito. Al ritorno di Napoleone in Italia, Foscolo rimane nell’esercito e si sposta, per esigenze di servizio, fra Lombardia, Emilia e Toscana. Intreccia nuovi amori e scrive alcune poesie, fra cui le odi A Luigia Pallavicini caduta da cavallo e All’amica risanata.
In questo periodo si conferma intanto l’idea che, nel sistema napoleonico, l’Italia non avrebbe avuto che un ruolo subalterno. Per Foscolo si sgretolano definitivamente le speranze rivoluzionarie: la scrittura diventa un antidoto alle delusioni. Conclude l’Ortis (1802) e pubblica la traduzione della Chioma di Berenice, dai versi latini di Catullo. Anche per ovviare alle difficoltà economiche in cui si dibatte, cerca di impiegarsi nella spedizione napoleonica contro gli inglesi (1804), ma rimane a vagabondare sulle coste della Manica in attesa di un ingaggio fino al 1806. Il periodo inquieto è però proficuo almeno sul piano letterario: traduce infatti dal greco i canti dell’Iliade e dall’inglese il Viaggio sentimentale attraverso la Francia e l’Italia (1768) di Laurence Sterne (1713-1768).

A Valenciennes (in Francia) ha una relazione con una ragazza inglese, Fanny Hamilton, che gli dà una figlia, Mary, da lui chiamata sempre Floriana. A Parigi conosce il giovane Alessandro Manzoni, poi riprende la via dell’Italia, rientrando a Milano e a Venezia, liberata dal dominio austriaco. Qui ritrova figure per lui importanti: la madre; un antico amore – Isabella Teotochi Albrizzi – e vecchi amici come Cesarotti e Pindemonte. Nel 1807 pubblica le traduzioni da Omero e i Sepolcri, ispirati dai colloqui con gli amici intorno a un editto napoleonico sulle sepolture. L’anno dopo, Monti riesce a procurargli la cattedra di Eloquenza a Pavia: esperto del compromesso, Monti invita il focoso amico a «conservare la grazia del principe» facendo pubblico omaggio a Napoleone. Ma nella prolusione, intitolata Dell’origine e dell’ufficio della letteratura, Foscolo si guarda bene dall’accogliere il consiglio del vecchio poeta, a cui ribadisce l’intransigenza dei propri ideali: «Vi prego di considerare, mio caro Monti, che appunto alla costanza d’ogni mia opinione ho sempre sacrificato e sacrifico le comodità della vita, la lusinga d’onori e persino la speranza di morire fra le braccia di parenti, di amici e di cittadini».
Nel 1811, alla prima rappresentazione della tragedia Aiace, si ravvisano nel testo allusioni antinapoleoniche: ciò costringe il poeta a lasciare Milano, per tornare a Venezia e infine, nel 1812, trasferirsi a Firenze.

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Gli ultimi anni

Il soggiorno fiorentino è di grande intensità creativa per Foscolo: compone la tragedia Ricciarda, prosegue nella traduzione dell’Iliade, conclude quella del Viaggio sentimentale di Sterne e gli aggiunge la Notizia intorno a Didimo Chierico, ma soprattutto inizia a scrivere il poemetto Le Grazie, ideato nella serena atmosfera della villa di Bellosguardo.
Dopo la sconfitta di Napoleone a Lipsia (1813), Foscolo torna a Milano, per mettersi a disposizione del viceré Eugenio Beauharnais, intenzionato a difendere il Regno d’Italia dall’offensiva austriaca. Ma la classe politica lo ha ormai troppo deluso: il poeta arriva a pensare, contro tutte le sue passate convinzioni, che un ritorno degli austriaci non sarebbe dannoso. Quando le loro truppe giungono effettivamente a Milano, nel 1815, il governatore, maresciallo Bellegarde, gli propone di dirigere la “Biblioteca italiana”, un giornale culturale che di lì a poco si sarebbe realizzato, ma con un altro direttore. Foscolo infatti rifiuta sia l’incarico sia la firma su un giuramento di fedeltà al nuovo regime e decide per l’ennesima volta di fuggire, verso quell’esilio più volte profeticamente pronosticato.

Dopo aver scritto una lettera d’addio alla madre e alla sorella, che non rivedrà più, braccato dalla polizia, si reca in Svizzera, dove vive un periodo molto difficile. A Zurigo pubblica l’Ipercalisse e nel 1816 una seconda versione dello Jacopo Ortis. Nello stesso anno si reca in Inghilterra, ospite di Lord Holland, promotore di uno dei più famosi cenacoli politico-culturali londinesi. Viene accolto con grande entusiasmo, come uno dei massimi poeti del suo tempo, e ottiene un buon guadagno con alcuni articoli su Dante scritti per la “Edinburgh Review”. Ma il suo carattere inquieto, focoso e ribelle non si adatta bene alle compassate abitudini britanniche, e anche qui il poeta si fa molti nemici, non solo fra gli inglesi ma anche fra gli italiani in esilio.

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Nel 1817 gli giunge la notizia della morte della madre. Nel 1822 ritrova la figlia Floriana, che gli resta amorosamente vicina negli ultimi anni, gravati dalle tristezze e dai debiti; ma ormai è malato, oltre che poverissimo, e questo ultimo periodo trascorre fra difficoltà e ristrettezze penose. Muore per un attacco di idropisia a Turnham Green, un sobborgo di Londra, il 10 settembre 1827, e viene sepolto nel cimitero di Chiswick. Solo cinque amici e la figlia seguono il funerale. Molti anni dopo, nel 1871, le sue spoglie vengono solennemente traslate a Firenze, nella chiesa di Santa Croce, fra i grandi italiani da lui ricordati nei Sepolcri.

cronache dal passato

Un poeta inseguito dai creditori

Il periodo londinese di Foscolo, tra (pochi) momenti di entusiasmo e (molti) di difficoltà.

Dalle difficoltà iniziali a una fortuna inaspettata
Nei primi anni a Londra, dove arriva nel 1816, la situazione economica di Foscolo non è affatto semplice. Vive infatti per un lungo periodo in ristrettezze, finché la morte di lady Mary Hamilton, nonna della piccola Mary, nata dalla relazione della figlia Fanny con Foscolo, offre al poeta la possibilità di liberarsi dalle preoccupazioni materiali: egli accetta di prendere con sé la ragazza (da lui ribattezzata Floriana), che gli porta un legato di tremila sterline. Questa improvvisa ricchezza, male amministrata, sarà rovinosa per il poeta. Foscolo investe il denaro in un contratto che lo rende proprietario temporaneo di tre costosi villini, il Green, il Kappa e il Digamma cottage: subaffitta i primi due e tiene il terzo per sé come confortevole dimora di vita e di studio.

Le spese incontrollate
Il primo periodo che trascorre, tra il 1822 e il 1823, nella bella casa nei pressi del Regent’s Park è vivace e creativo: Foscolo pubblica sul “New Monthly Magazine” articoli su Michelangelo, Federico II e Pier delle Vigne, Guido Cavalcanti, la lirica di Tasso. Ma purtroppo il lavoro editoriale che ha intrapreso si rivela, in corso d’opera, più difficoltoso e meno remunerativo del previsto e lo spirito indipendente di Foscolo vi si adatta a fatica. Anche mettersi a insegnare la lingua italiana gli sembra, per un suo strano pregiudizio, una sorta di servitù, che lo avrebbe escluso dalla cerchia aristocratica da cui si sentiva accolto in quanto ritenuto gentiluomo.
Tra il 6 maggio e il 24 giugno 1823 tiene pubbliche letture, il cui ricavato gli offre qualche respiro. Ma all’impegno di lavoro si accompagnano vicissitudini che rendono triste il suo declino: i debiti contratti per l’arredamento della casa non sono arginati da un tenore di vita misurato, poiché il poeta ama il lusso ed è incapace di controllare le spese.

Sotto mentite spoglie
Incalzato dai creditori, è costretto, all’inizio del 1824, a lasciare il Digamma cottage; l’anticipo ricevuto dall’editore Pickering per curare una collana di classici italiani, di cui si era impegnato a fornire dai quattro ai sei volumi all’anno, gli permette una transazione, per cui, dopo aver cambiato domicilio nascondendosi sotto falsi nomi, ad agosto può uscire dalla clandestinità e ritornare nella sua villetta, che però lascerà definitivamente nel novembre di quell’anno.
Foscolo riprende le sue peregrinazioni e l’anonimato, mutando frequentemente alloggio tra la città e i sobborghi. Il successo nei circoli aristocratici di Londra, la vita agiata e il lavoro redditizio, i piacevoli incontri con persone interessanti sono ormai solo un ricordo. Nel 1824 Foscolo giunge addirittura a sperimentare il disonore di essere incarcerato per debiti, sia pure solo per qualche giorno. Tanto che alla fine, per sopravvivere, accetterà di insegnare l’italiano in una scuola quacchera a Stoke Newington, e persino di dare lezioni private.

Al cuore della letteratura - volume 4
Al cuore della letteratura - volume 4
Il primo Ottocento