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Il ritratto della monaca di Monza
Cap. 9
Abbandonato il paese natale, salutato Renzo, Lucia è indirizzata a Monza in compagnia della
madre Agnese, nella speranza che la «signora» del convento, una monaca di famiglia potentissima,
accetti di dare loro protezione. La comparsa in scena di Gertrude, la monaca di
Monza, è abilmente preparata da Manzoni, che crea tutte le premesse per suscitare la curiosità
del lettore. Il primo a nominarla, con rispetto e cautela, è il padre guardiano dei cappuccini,
una volta appreso dalla lettera di fra Cristoforo della persecuzione subita da Lucia:
«non c’è che la signora: se la signora vuole prendersi quest’impegno…».
La domanda sull’identità della «signora», che è anche del lettore, viene posta da Agnese
e Lucia al carrettiere che le porta in convento. La risposta aumenta la suspense: «La chiamano
la signora, per dire ch’è una gran signora; e tutto il paese la chiama con quel nome, perché
dicono che in quel monastero non hanno mai avuto una persona simile; e i suoi d’adesso,
laggiù a Milano, contan molto, e son di quelli che hanno sempre ragione». In attesa del
colloquio, Lucia si aggira spaesata nel parlatorio del convento. Dietro una finestra «con due
grosse e fitte grate di ferro», vede una monaca che la fissa intensamente. Esitante, si avvicina.