L’impegno politico-patriottico

Il primo Ottocento – L'autore: Alessandro Manzoni

L’impegno politico-patriottico

Manzoni consacra la propria vita agli studi e non partecipa mai in prima persona agli eventi politici della sua epoca. Ciò non significa, però, che sia distratto o indifferente rispetto alle grandi questioni che dividono la società dell’Ottocento: è anzi, con le armi della letteratura, uno dei fondamentali ispiratori del Risorgimento.
Per tutta la vita, in effetti, Manzoni sostiene con decisione e coerenza l’ideale dell’Unità d’Italia, sin dai tempi in cui questo non era ancora diventato patrimonio largamente condiviso. La prima occasione per esprimere i propri sentimenti patriottici gli è offerta dalla caduta di Napoleone, da cui scaturisce la canzone Aprile 1814. Poco più tardi, nel 1815, l’appello di Gioacchino Murat agli italiani lo induce a scrivere Il proclama di Rimini, lasciato incompiuto al momento della vittoria degli austriaci.

Di maggiore interesse è Marzo 1821, un’ode anch’essa composta in un frangente drammatico, in occasione dei moti carbonari di lì a poco repressi con violenza. Manzoni immagina che l’esercito piemontese di Carlo Alberto abbia oltrepassato il Ticino, e auspica che mai più il fiume costituisca il confine con la Lombardia soggetta all’impero austriaco. Il testo è disseminato di apostrofi minacciose agli stranieri e di esortazioni agli abitanti dell’Italia: «O compagni sul letto di morte / o fratelli su libero suol». L’idea di patria si compendia in una formula divenuta celeberrima: «una d’arme, di lingua, d’altare, / di memorie, di sangue e di cor». L’autore individua cioè l’unità ideale della nazione nella comunanza degli eserciti, della lingua parlata, della religione professata, delle memorie storiche, dell’etnia e dei sentimenti profondi di un popolo.

Il secolare asservimento dei «volghi spregiati» (ossia dei popoli di cui si disprezzano le volontà) è tematizzato nell’Adelchi. L’azione ha luogo nell’Alto Medioevo, al tempo delle lotte per il predominio nella penisola fra i longobardi e i franchi, alle quali le popolazioni locali assistevano impotenti e timorose. Nel coro che conclude il terzo atto della tragedia si intravede il convincimento che nessun valido aiuto potrà provenire dall’esterno: il popolo italiano dovrà darsi la libertà confidando esclusivamente sulle proprie forze, agendo con determinazione e ripudiando una volta per tutte le lotte fratricide, su cui insiste l’altra tragedia manzoniana, Il conte di Carmagnola.

Al cuore della letteratura - volume 4
Al cuore della letteratura - volume 4
Il primo Ottocento