Quanto mi sta d’intorno richiama al mio cuore quel dolce sogno della mia fanciullezza.
O! come io scorreva1 […] queste campagne aggrappandomi or a questo or a
quell’arbuscello di frutta, immemore2 del passato, non curando che del presente,
esultando di cose che la mia immaginazione ingrandiva e che dopo un’ora non
5 erano più, e riponendo tutte le mie speranze ne’ giuochi della prossima festa. Ma
quel sogno è svanito! e chi m’accerta che in questo momento io non sogni? Ben
tu, mio Dio, tu che creasti gli umani cuori, tu solo, sai che sonno spaventevole è
questo ch’io dormo; sai che non altro m’avanza fuorché il pianto e la morte.
Così vaneggio! cangio voti3 e pensieri, e quanto la Natura è più bella tanto
10 più vorrei vederla vestita a lutto. E veramente pare che oggi m’abbia esaudito. Nel
verno4 passato io era felice: quando la Natura dormiva mortalmente la mia anima
pareva tranquilla – ed ora?
Eppur mi conforto nella speranza di essere compianto. Su l’aurora della vita io
cercherò forse invano il resto della mia età che mi verrà rapito dalle mie passioni e
15 dalle mie sventure; ma la mia sepoltura sarà bagnata dalle tue lagrime, dalle lagrime
di quella fanciulla celeste. E chi mai cede a una eterna obblivione5 questa cara
e travagliata esistenza? Chi mai vide per l’ultima volta i raggi del Sole, chi salutò la
Natura per sempre, chi abbandonò i suoi diletti, le sue speranze, i suoi inganni, i
suoi stessi dolori senza lasciar dietro a sé un desiderio, un sospiro, uno sguardo?
20 Le persone a noi care che ci sopravvivono, sono parte di noi. I nostri occhi morenti
chiedono altrui qualche stilla6 di pianto, e il nostro cuore ama che il recente cadavere
sia sostenuto da braccia amorose, e cerca un petto dove trasfondere l’ultimo
nostro respiro. Geme la Natura perfin nella tomba, e il suo gemito vince il silenzio
e l’oscurità della morte.
25 M’affaccio al balcone ora che la immensa luce del Sole si va spegnendo, e le
tenebre rapiscono all’universo que’ raggi languidi che balenano su l’orizzonte; e
nella opacità del mondo malinconico e taciturno contemplo la immagine della
Distruzione divoratrice di tutte le cose. Poi giro gli occhi sulle macchie de’ pini
piantati dal padre mio su quel colle presso la porta della parrocchia, e travedo7
30 biancheggiare fra le frondi agitate da’ venti la pietra della mia fossa. E mi par di vederti
venir con mia madre, a benedire, o perdonar non foss’altro alle ceneri dell’infelice
figliuolo. E predico a me, consolandomi: Forse Teresa verrà solitaria su l’alba
a rattristarsi dolcemente su le mie antiche memorie, e a dirmi un altro addio. No!
la morte non è dolorosa. Che se taluno metterà le mani nella mia sepoltura e
35 scompiglierà il mio scheletro per trarre dalla notte in cui giaceranno, le mie ardenti
passioni, le mie opinioni, i miei delitti – forse; non mi difendere, Lorenzo; rispondi
soltanto: Era uomo, e infelice.