Al cuore della letteratura - volume 4

Il primo Ottocento – L'opera: Dei Sepolcri

 T12 

La storia dei culti funebri

Seconda parte, vv. 91-150


«Istituzione delle sepolture nata con il patto sociale (vv. 91-96). Religione per gli estinti derivata dalle virtù domestiche (vv. 97-100). Mausolei eretti dall’amore della patria agli Eroi (vv. 101-103). Morbi e superstizioni de’ sepolcri promiscui nelle chiese cattoliche (vv. 104-114). Usi funebri de’ popoli celebri (vv. 114-136); inutilità de’ monumenti alle nazioni corrotte e vili (vv. 137-150)».


METRO Endecasillabi sciolti.

          Dal dì che nozze e tribunali ed are
          diero alle umane belve esser pietose
          di se stesse e d’altrui, toglieano i vivi
          all’etere maligno ed alle fere
95     i miserandi avanzi che Natura
          con veci eterne a sensi altri destina.
          Testimonianza a’ fasti eran le tombe,
          ed are a’ figli; e uscìan quindi i responsi
          de’ domestici Lari, e fu temuto
100  su la polve degli avi il giuramento:
          religïon che con diversi riti
          le virtú patrie e la pietà congiunta
          tradussero per lungo ordine d’anni.
          Non sempre i sassi sepolcrali a’ templi
105  fean pavimento; né agl’incensi avvolto
          de’ cadaveri il lezzo i supplicanti
          contaminò; né le città fur meste
          d’effigïati scheletri: le madri
          balzan ne’ sonni esterrefatte, e tendono
110  nude le braccia su l’amato capo
          del lor caro lattante onde nol desti
          il gemer lungo di persona morta
          chiedente la venal prece agli eredi

          dal santuario. Ma cipressi e cedri
115  di puri effluvi i zefiri impregnando
          perenne verde protendean su l’urne
          per memoria perenne, e prezïosi
          vasi accogliean le lagrime votive.
          Rapìan gli amici una favilla al Sole
120  a illuminar la sotterranea notte,
          perché gli occhi dell’uom cercan morendo
          il Sole; e tutti l’ultimo sospiro
          mandano i petti alla fuggente luce.

 >> pag. 127 

          Le fontane versando acque lustrali
125  amaranti educavano e vïole
          su la funebre zolla; e chi sedea
          a libar latte o a raccontar sue pene
          ai cari estinti, una fragranza intorno
          sentìa qual d’aura de’ beati Elisi.
130  Pietosa insania che fa cari gli orti
          de’ suburbani avelli alle britanne
          vergini, dove le conduce amore
          della perduta madre, ove clementi
          pregaro i Geni del ritorno al prode
135  che tronca fe’ la trïonfata nave
          del maggior pino, e si scavò la bara.

          Ma ove dorme il furor d’inclite gesta
          e sien ministri al vivere civile
          l’opulenza e il tremore, inutil pompa
140  e inaugurate immagini dell’Orco
          sorgon cippi e marmorei monumenti.
          Già il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo,
          decoro e mente al bello italo regno,
          nelle adulate reggie ha sepoltura
145  già vivo, e i stemmi unica laude. A noi
          morte apparecchi riposato albergo,
          ove una volta la fortuna cessi
          dalle vendette, e l’amistà raccolga
          non di tesori eredità, ma caldi
150  sensi e di liberal carme l’esempio.

 >> pag. 128 

      Dentro il testo

I contenuti tematici

La transizione al v. 91 (Dal dì che nozze e tribunali ed are) segna un deciso allargamento di prospettiva: la riflessione sul ciclo ininterrotto della natura e sul desiderio di sfuggirgli mediante il sepolcro lascia il posto all’affermazione del significato della tomba come istituzione e valore storico, all’interno di un discorso che trascende la sfera del sentimento e del lutto privato per estendersi a una dimensione storica e collettiva. I sepolcri non parlano solo al cuore del singolo, ma anche al popolo intero, ai popoli del presente e del futuro, diventando oggetto di culto – non solo religioso ma anche laico – e concreto richiamo, monumento in senso letterale (“ciò che ammonisce”, dal latino moneo), ai valori sociali e civili che rischiano continuamente di perdersi.
Procedendo avanti e indietro nel tempo, Foscolo abbraccia diversi luoghi ed epoche storiche per riconoscere nella sepoltura il simbolo di una conquistata umanità. Sulla scorta delle indicazioni di Giambattista Vico, egli identifica il culto dei defunti come momento costitutivo della nascita della civiltà: esso fa parte di quel complesso di rituali (sintetizzato dal poeta nelle istituzioni del matrimonio, della giustizia e del culto religioso) che porta l’uomo a emanciparsi dal suo primitivo stato ferino. I monumenti funebri furono ideati per custodire e tramandare nei secoli la memoria stessa di un popolo e i suoi contenuti etici, creando nell’animo umano il valore supremo della “pietà”. Anche grazie a essi le umane belve, finalmente addomesticate dalle virtù condivise all’interno della società, sono diventate pietose (v. 92).

Come sul piano privato, però, anche su quello pubblico il valore della sepoltura non è sempre lo stesso. Nel corso dei secoli e nei vari paesi il culto dei morti ha assunto aspetti e caratteristiche diverse. Nel passarle in rassegna senza un ordine cronologico, il poeta individua quattro esempi: il primo, quello cristiano di epoca medievale, è visto negativamente, come manifestazione del brutto, del lugubre e del venale (si veda il riferimento al pagamento delle messe di suffragio, la venal prece del verso 113, in cui si coglie anche la polemica razionalista contro la superstizione); il secondo e il terzo, valutati positivamente, celebrano la semplicità e la serenità delle necropoli antiche e dei cimiteri inglesi; il quarto riporta infine alla situazione dell’Italia contemporanea, dove i sepolcri hanno perso ogni funzione civile riducendosi a tetra manifestazione di opulenza e di potere.

Il passaggio dalla realtà inglese idealizzata a quella italiana priva di virtù civili è sottolineato da un’ulteriore transizione avversativa (Ma ove dorme il furor d’inclite gesta, v. 137). Alle nobiltà italiane, metaforicamente già sepolte in vita nelle loro dimore sfarzose, il poeta contrappone l’immagine eroica di sé stesso, sottolineata dal plurale maiestatico in posizione di rilievo, all’inizio di un enjambement* (A noi / morte apparecchi, vv. 145-146). Collocando la propria figura al centro tra i maestri Parini e Alfieri (troveremo quest’ultimo nella terza parte del carme), Foscolo si pone in antitesi con il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo (v. 142), rivendicando la propria indipendenza intellettuale e augurandosi di trovare riposo in una semplice tomba, che possa ricordarlo agli amici e ai congiunti: a loro il poeta non potrà certo lasciare di tesori eredità (v. 149), ma solo caldi / sensi e di liberal carme l’esempio (vv. 149-150), vale a dire la memoria di un uomo che ha vissuto fortemente e molto sofferto e che ha trasmesso con la sua opera un esempio di libertà poetica e di intensa partecipazione affettiva.

Le scelte stilistiche

Anche in questa seconda parte del carme il lessico si dispone in due sistemi semantici fortemente contrastanti: da una parte l’oscuro mondo primordiale, con umane belve (v. 92), etere maligno (v. 94), fere (v. 94), miserandi avanzi (v. 95); dall’altra l’affermazione della pietas che trasforma le tombe in Testimonianza a’ fasti (v. 97), are (v. 98) e fonti di responsi (v. 98), simboli della famiglia, della casa, degli antenati e del patrimonio di valori che rende coesa la comunità. L’alternanza costante di morte e vita, luci e ombre si rinnova poi ai vv. 119-122, dove il campo semantico della luminosità (favilla, Sole, illuminar) si contrappone a quello dell’oscurità (sotterranea notte, morendo).

Le scelte lessicali tratteggiano in tal modo panorami di chiara ascendenza letteraria: il cimitero cristiano si accorda con il suo lezzo (v. 106) e i suoi scheletri (v. 108) all’immaginario lugubre della narrativa gotica e della poesia sepolcrale inglese (si noti, nella sequenza ai vv. 105-114, anche l’insistenza sulle vocali dal suono cupo o e u), quelli antichi e quelli inglesi presentano lo scenario tipico del locus amoenus* di tradizione classica, con le sagome verdeggianti di alberi e fiori, testimoni della serena corrispondenza tra vivi e defunti. Cippi e marmorei monumenti (v. 141), con la loro fastosa e macabra magniloquenza, contraddistinguono invece la realtà italiana, evidenziandone in negativo la tetra solennità di facciata.

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Come si inserisce il culto dei morti all’interno del percorso storico delineato dal poeta?


2 Che cosa evidenzia l’espressione marmorei monumenti (v. 141), usata dal poeta per connotare le caratteristiche della realtà contemporanea italiana?

  •   A   L’amore per il bello.
  •     Il gusto neoclassico.
  •     La ricchezza e la viltà.
  •     Il desiderio di emulare gli antichi.

INTERPRETARE

3 Individua nel testo e colloca nella tabella le parole chiave che mostrano il giudizio dell’autore sui diversi luoghi di sepoltura citati.


Cimiteri antichi
 
 
 
Cimiteri medievali
 
 
 
Cimiteri inglesi
 
 
 
Cimiteri italiani
 
 
 

4 Che cosa intende l’autore con l’espressione Pietosa insania (v. 130)?


5 Quale valore vuole promuovere Foscolo introducendo la figura dell’ammiraglio Nelson?


6 Intellettuali, borghesi e aristocratici italiani vengono definiti vulgo (v. 142). Con quale intento il poeta ha usato questo latinismo?

PRODURRE

7 In riferimento a quanto hai finora studiato della personalità di Foscolo e agli auspici contenuti nei vv. 145-150, prova a scrivere un’epigrafe (in prosa o in versi) da apporre sulla sua tomba.


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Il primo Ottocento