saggio breve
ARGOMENTO
LA GEOPOETICA: LE RELAZIONI TRA PAESAGGIO E POESIA
Sviluppa l’argomento in forma di saggio breve utilizzando i documenti forniti. Nella tua argomentazione fai riferimento a ciò che hai studiato e alle tue conoscenze.
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In questa lirica il poeta Eugenio Montale tratteggia un tipico paesaggio ligure, brullo e riarso.
Gloria del disteso mezzogiorno
quand’ombra non rendono gli alberi,
e più e più si mostrano d’attorno
per troppa luce, le parvenze, falbe.
5 Il sole in alto, – e un secco greto.
Il mio giorno non è dunque passato:
l’ora più bella è di là dal muretto
che rinchiude in un occaso scialbato.
L’arsura, in giro; un martin pescatore
10 volteggia s’una reliquia di vita.
La buona pioggia è di là dallo squallore,
ma in attendere è gioia più compita.
Eugenio Montale, Gloria del disteso mezzogiorno, in Ossi di seppia, 1925
Il geografo e antropologo Eugenio Turri (1927-2005) riflette sul significato del paesaggio.
Il paesaggio non è dunque una creazione dei sensi fine a se stessa: esso opera in concreto
in quanto entra totalmente e con funzioni determinanti nei rapporti tra uomo
e natura: nel paesaggio, come espressione sensibile dell’ambiente in cui agisce, l’uomo
ritrova gran parte delle manifestazioni esterne che lo guidano psicologicamente
5 e materialmente; in esso inoltre ritrova oggettivati i segni e le opere che egli realizza.
Eugenio Turri, Antropologia del paesaggio, Edizioni di Comunità, Milano 1974
Nel 1978 il poeta scozzese Kenneth White (n. 1936) ha coniato il termine “geopoetica”: in questo intervento spiega di che cosa si tratta.
Se verso il 1978 ho cominciato a parlare di “geopoetica” è, da una parte, perché
la terra (la biosfera) era, chiaramente, minacciata sempre di più, ed era necessario
occuparsene in maniera seria ed efficace; dall’altra parte, perché avevo sempre pensato
che la poetica più ricca venisse da un contatto con la terra, da un’immersione
5 nello spazio della biosfera, da un tentativo di leggere le linee del mondo. […] Il
progetto geopoetico non è una varietà culturale in più, né una scuola letteraria,
né una forma di poesia considerata come arte intima. Si tratta di un movimento
che riguarda le fondamenta stesse dell’esistenza dell’uomo sulla terra. Nel campo
geopoetico si incontrano pensatori e poeti di ogni tempo e nazionalità. Per citare
10 qualche esempio, si può pensare, in Occidente, a Eraclito1 («L’uomo è separato da
ciò che gli è più vicino»), a Hölderlin2 («L’uomo vive poeticamente sulla terra»),
a Heidegger3 («Topologia dell’essere»), a Wallace Stevens4 («I grandi poemi del
cielo e dell’inferno sono stati scritti, rimane da scrivere il poema della terra»). […]
La geopoetica offre un terreno di incontro e di stimoli reciproci, non soltanto, ed
15 è sempre più necessario, tra poesia, pensiero e scienza, ma tra le discipline più
diverse, dal momento che sono pronte a uscire da quadri spesso troppo stretti e a
entrare in uno spazio globale (cosmologico, cosmopoetico) ponendosi la domanda
fondamentale: che ne è della vita sulla terra, che ne è del mondo?
Kenneth White, www.geopoetique.net, 1989
Nel celebre inizio della Terra desolata, il poeta inglese Thomas Stearns Eliot (1888-1965) coglie gli aspetti negativi insiti nel paesaggio.
Aprile è il mese più crudele, generando
Lillà dalla terra morta, mischiando
Memoria e desiderio, eccitando
Spente radici con pioggia di primavera.
5 L’inverno ci tenne caldi, coprendo
La terra di neve smemorata, nutrendo
Una piccola vita con tuberi secchi.
L’estate ci sorprese, arrivando sullo Starnbergersee
Con un rovescio di pioggia: ci fermammo sotto il colonnato,
10 E procedemmo nel sole, nell’Hofgarten.
[…]
Che sono le radici che s’avvinghiano, che rami crescono
Da queste pietrose rovine? Figlio dell’uomo,
Tu non puoi dirlo, né indovinarlo, perché conosci soltanto
Un mucchio di immagini frante, dove il sole batte,
15 E l’albero morto non dà riparo, né il grillo sollievo,
E l’arida pietra non dà suono di acqua.
T.S. Eliot, La terra desolata (1922), trad. di A. Serpieri, Rizzoli, Milano 1982
Il poeta svizzero Philippe Jaccottet (n. 1925) canta il fascino malinconico del paesaggio di campagna.
La terra adesso si è svelata
e la luce del sole girando come un faro
fa gli alberi ora rosa ed ora neri.
Poi scrive sull’erba con un inchiostro leggero.
5 Una sera, il cielo restò più a lungo chiaro
sopra i vasti giardini verdi e neri
come le piogge scese il giorno prima.
Splendettero i lampioni troppo presto.
Allora nel nido dei rami
10 spuntò il canto del merlo
e fu come se l’olio della luce
bruciasse dolcemente nella fragile
nera lucerna, o anche la voce stessa della luna
venuta a predire la notte di marzo ai passeggeri…
Philippe Jaccottet, Nuovi appunti per la semina, 1958, in Il barbagianni. L'ignorante, trad. di F. Pusterla, Einaudi, Torino 1992
I colori della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi