Il primo Novecento – L'autore: Umberto Saba

L’AUTORE NEL TEMPO

L’incomprensione iniziale
Nei confronti di Saba il mondo letterario mostra inizialmente un’aperta incomprensione.
Estranea alle concezioni formali della poesia simbolista e decadente e alle soluzioni sperimentali promosse dalle avanguardie, la sua opera appare sin dall’esordio del tutto eccentrica rispetto alle direttrici principali della poesia coeva.
Perfino i Vociani, scelti da Saba come possibili compagni di strada per i suoi primi passi letterari, ne ridimensionano le ambizioni, giudicando la sua prima raccolta l’opera di un epigono dei Crepuscolari. L’atmosfera dimessa che vi si respira conduce un lettore avvertito quale Scipio Slataper a parlare di «poesia pallida e un po’ ansiosa come certe giornate primaverili d’autunno».

La lettura psicanalitica
I primi apprezzamenti dell’opera di Saba giungono alla fine degli anni Venti dalla rivista “Solaria” (che nel 1928 dedica al poeta un importante fascicolo monografico), estranea, in virtù della sua vocazione cosmopolita, sia al classicismo della “Ronda”, sia alle asfittiche prospettive dell’autarchia voluta dal regime fascista e promossa dalla tendenza letteraria di Strapaese (► p. 641). Un lettore d’eccezione come Giacomo Debenedetti esalta la «semplicità sentimentale» di un poeta capace di conservare la fede nella scrittura quale «dono d’anima», senza mediazioni o complicazioni intellettualistiche. La scoperta di Saba da parte di Debenedetti – che coglie il contenuto psicanalitico dei suoi versi – avviene, significativamente, in contemporanea a quella di Svevo: entrambi appaiono al critico l’espressione, non priva di contraddizioni, di una cultura proiettata oltre il limitato orizzonte di molta produzione letteraria italiana del ventennio fascista.
La chiave di lettura psicanalitica, in particolare, permette di superare la difficoltà di collocare la poesia di Saba negli schemi interpretativi tradizionali; nel secondo dopoguerra, l’approfondimento di tale aspetto caratterizza gli studi di Folco Portinari (autore, nel 1963, della prima monografia sistematica sull’opera del poeta), Renato Aymone e soprattutto Mario Lavagetto.

La questione dello stile
Anche lo stile di Saba, inizialmente considerato facile e persino povero, è stato oggetto nel corso del tempo di analisi che ne hanno riconosciuto il valore. Dopo le ricerche pionieristiche di Gianfranco Contini, è stato soprattutto Pasolini a sottolineare la complessità della sperimentazione metrica e lessicale del Canzoniere. A Pasolini spetta anche il merito di aver collocato la ricerca di Saba al vertice di una tendenza minoritaria e secondaria – per visibilità, ma non per qualità – della letteratura italiana del Novecento: in opposizione alla linea novecentista della “poesia pura”, rappresentata dall’Ermetismo e dai suoi eredi, Saba persegue una poetica antinovecentista, lontana da ogni astrattezza e cerebralismo e vicina invece al quotidiano e alle “cose semplici”.
Pur occupando un posto a sé, come tutti i grandi autori, nel panorama letterario del secolo, Saba ha costituito un modello di poesia realistica e narrativa (vicina cioè alla dimensione del racconto) cui guarderanno con profondo interesse poeti come Cesare Pavese, Giorgio Caproni, Attilio Bertolucci e Giovanni Giudici.

I colori della letteratura - volume 3
I colori della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi