L’uomo si sciolse dalla sua posa concentrata e guardò con tenerezza Ernesto.
«So», disse, «che el sè bon.11 Se un giorno la diventerà, come che mi ghe auguro,
paron, no la traterà certo chi che lavorerà per lei come me trata mi el suo paron
35 de adesso. Un fiorin e mezo per tre cari»,12 riprese, «e due omini soli. El se la suga
(cava) con poco quel ladro: nol sa cossa che vol dir sfadigar, spezialmente adesso
che scominzia el caldo. Due fiorini per omo saria ancora poco. Se no la ghe fussi
lei, che ghe parlo cussì volentieri, no vederio l’ora che rivi el caro, per finir la giornada
e distirarme13 in t’un leto».
40 Era una giornata della primavera inoltrata, e la via era piena di sole. Ma, dentro
il magazzino, faceva fresco, un fresco umido, che odorava di farina.
«Perché nol se senta?»,14 disse – dopo un breve silenzio – l’uomo. «El se acomodi
qua (ed accennò un posto molto vicino al suo). Se la gà paura de sporcarse,
ghe distiro15 soto el mio sacheto (giacca)». E fece l’atto di prenderlo, perché,
45 nell’attesa del carro, si era già messo in maniche di camicia.
«No ghe sè bisogno», rispose Ernesto. «La farina no lassa sporco; basta una
spolverada e no se vedi più gnente. E pò ghe tegno poco16 che se vedi o no». Impedì
all’uomo di distendere, come voleva, la giacca, e sedette, con un sorriso, accanto a
lui. Anche l’uomo sorrise. Non pareva più né stanco, né arrabbiato.
50 «Dopo», disse, «se el permeti, ghe neterò mi».17 Stettero un poco in silenzio,
guardandosi.
«La sè un bon ragazo», ripetè l’uomo, «e anca», aggiunse, «bel. Cussì bel che sè
un piazer guardarla». […]
L’uomo posò una mano sul dorso di quella che il ragazzo teneva distesa sul
55 sacco. Appariva turbato. «Pecà!», disse; e parve sorpreso e contento che il ragazzo
non avesse ritirato la mano.
«Pecà de cossa?».
«De quel che ghe gò dito prima. Che no podemo esser amici, andar a spasso
insieme».
60 «Per la diferenza de età?».
«No».
«Perché la sè mal vestido? Ghe gò già dito che de ste robe no me importa gnente.
Anzi…».
L’uomo tacque a lungo. Pareva in conflitto con sé stesso: quasi volesse dire e
65 non dire qualcosa. Ernesto sentiva che la mano poggiata sulla sua tremava. Poi –
come chi arrischia il tutto per il tutto – disse all’improvviso, fissando bene il suo
interlocutore negli occhi, e con voce alterata: «Ma el sa cossa che vol dir per un
ragazo come lei diventar amico de un omo come mi? Perché, se nol lo sa ancora,
no son mi che voio insegnarghelo». Tacque di nuovo un momento; poi, visto che il
70 ragazzo era diventato rosso ed abbassava la testa, ma non ritirava la mano, aggiunse,
quasi aggressivo: «El lo sa?».
Ernesto sciolse dalla stretta, che si era fatta più forte, la mano divenuta un pò
molle e sudata, e la posò timidamente sulla gamba dell’uomo. Risalì adagio, fino
a sfiorargli appena, e come per caso, il sesso. Poi alzò la testa. Sorrise luminoso, e
75 guardò l’uomo arditamente in faccia.