Il primo Novecento – L'autore: Italo Svevo

L’AUTORE NEL TEMPO

I primi “scopritori” francesi
La fama di Svevo si diffonde all’estero prima che in Italia. Il suo primo grande sostenitore è lo scrittore irlandese James Joyce, che già nel 1906 l’aveva conosciuto a Trieste. L’autore dell’Ulisse, che si era poi trasferito a Parigi, a partire dal 1923 fa conoscere i libri di Svevo proprio nella capitale francese. Qui si entusiasmano ai romanzi dello scrittore triestino due italianisti di fama come Benjamin Crémieux e Valéry Larbaud, che nel febbraio del 1926 dedicano a Svevo un numero monografico della rivista “Le Navire d’Argent”. Possiamo dire che quella data segna, inizialmente soltanto all’estero, l’inizio dell’apprezzamento critico della prosa sveviana, che si concretizza in una serie di traduzioni e studi.
Non meno importante è un articolo, uscito in quello stesso anno nel numero di novembre della rivista milanese “L’Esame”, intitolato Omaggio a Italo Svevo e firmato dal poeta Eugenio Montale. Tuttavia, a parte l’entusiasmo di Montale, la cultura italiana rimane a lungo indifferente se non ostile a Svevo, che viene accusato di “scrivere male”.

L’incomprensione nel ventennio fascista e nel successivo clima neorealista
Non bastano né la morte dello scrittore (evento che spesso consacra la fama postuma di un artista), avvenuta nel 1928, né l’omaggio della rivista “Solaria”, che dedica un intero numero all’autore appena scomparso (n. 3-4 del 1929), a determinare un’inversione di tendenza nella considerazione dell’opera sveviana.
Del resto il clima culturale fascista non poteva che essere ostile nei confronti di uno scrittore teso a demistificare il perbenismo borghese e la sua retorica moralistica. Ma anche un intellettuale come Benedetto Croce, che pure era lontano dal fascismo, assimilando la produzione di Svevo all’ambito della poetica decadente – che, come abbiamo visto, egli condannava in blocco – dà un giudizio fortemente limitativo su di lui. Né migliore accoglienza gli riservano le avanguardie.
Nel clima autarchico di quegli anni, a Svevo si imputa la responsabilità di aver importato nella letteratura italiana suggestioni e atteggiamenti estranei alla tradizione nazionale. Un lettore, per altri versi acuto, quale lo scrittore Guido Piovene, si scaglia contro la cultura francese per aver eletto a celebrità un autore a suo parere di second’ordine.
Nemmeno negli anni del Neorealismo, all’indomani della Seconda guerra mondiale, l’opera di Svevo rientra nei canoni prescritti, quelli dell’adesione all’oggettività del reale e della letteratura impegnata. I critici di questa tendenza, anche sulla spinta di precise indicazioni politico-ideologiche, propugnavano nei romanzi la presenza di eroi “positivi”, portatori di messaggi etico-morali: nulla di più lontano dai vari “inetti” dei libri di Svevo.

Le nuove metodologie critiche e la definitiva valorizzazione
Un netto cambio di approccio alla produzione dell’autore triestino si ha a partire dagli anni Sessanta, man mano che entrano in crisi la poetica neorealista e la “dittatura” dell’estetica crociana. Grazie alle nuove metodologie di analisi letteraria legate allo strutturalismo, alla sociologia e alla stessa psicanalisi, si comincia ad apprezzare l’originalità del lavoro dell’autore. Vari critici hanno colto gli aspetti più vitali dell’opera di Svevo, mettendone in luce la statura di grande autore europeo, interprete della crisi primonovecentesca, che ha saputo restituire in opere di profonda originalità. Tra gli altri, Giacomo Debenedetti, sin dalla fine degli anni Venti, ha rilevato le novità strutturali della Coscienza di Zeno e l’importanza della figura dell’inetto; Mario Lavagetto, Eduardo Saccone ed Elio Gioanola hanno indagato i rapporti con la psicanalisi; Renato Barilli ha approfondito l’ironia di Svevo e collegato la sua produzione alle avanguardie europee di inizio Novecento; Marziano Guglielminetti e Sandro Maxia hanno invece studiato le componenti innovative della tecnica narrativa dell’autore.

I colori della letteratura - volume 3
I colori della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi