cronache dal passato
Carducci in cattedra
Un professore intransigente e irascibile
Un alone di intoccabilità e di reverenza aleggia intorno alla figura del cattedratico Carducci. Le testimonianze sulla sua attività di professore sono sempre concordi: il confronto con il poeta costituiva per tutti un momento temuto.
Un docente abitudinario
Ma in che modo, davvero, si svolgevano le sue lezioni e come erano i rapporti con i suoi studenti, fortunati e malcapitati al tempo stesso? In quarantaquattro anni di insegnamento presso l’Università di Bologna, il rito a cui essi assistono è sempre lo stesso: alle tre del pomeriggio il professore entra in aula a testa bassa, preceduto dal bidello, quindi, saliti i gradini della cattedra, si toglie il cappello, lancia uno sguardo sull’aula e, se non è piena, si tira la barba (un gesto che viene interpretato come un cattivo segno). Finalmente inizia la lezione, preparata nei giorni precedenti: ogni corso, della durata di tre anni, nasce da lungo studio, da confronti, ricerche, approfondimenti critici.
La severità del professore
Una volta all’anno, gli studenti devono preparare una tesina originale e sottoporla al suo giudizio. Finito il lavoro di correzione, Carducci chiama l’autore del lavoro alla cattedra: più che un giudizio, è una sentenza; purtroppo, il più delle volte una condanna. Giuseppe Albini, uno dei suoi allievi destinato a una brillante carriera accademica (sarà un importante filologo latino, nonché rettore dell’ateneo bolognese), descrive così la scena: «L’alunno, in piedi dinanzi la cattedra, si sentiva dire: “Gran brutta cosa il suo lavoro! Il tema è scelto male, indeterminato, troppo ampio e perciò mal pensato e male scritto; non c’è stile, non c’è lingua”. Poi, smettendo di voltare e rivoltare il povero manoscritto, egli guardava il giovane e, vedendolo mortificato sotto la raffica di quelle parole, continuava meno aspro: “Tenga, bisogna leggere molto. Legga i grandi classici”. Infine con un gesto di congedo quasi affettuoso: “Tutto insieme, non c’è male”. Ma se qualche volta l’alunno si atteggiava a rassegnazione dispettosa, allora nell’aula si sentiva tuonare: “L’ignoranza è intollerabile quando è accompagnata dalla presunzione” e, se non era lesto ad acchiappare per aria il suo quaderno, doveva raccattarlo per terra».