5 piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire8 solo. Ma quindi9 noi
cresciamo, ed egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare,
ed egli vi tiene fissa la sua antica serena maraviglia;10 noi ingrossiamo e arrugginiamo11
la voce, ed egli fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo12 squillo come di
campanello. Il quale tintinnio segreto noi non udiamo distinto nell’età giovanile
10 forse così come nella più matura, perché in quella occupati a litigare e perorare
la causa della nostra vita,13 meno badiamo a quell’angolo d’anima d’onde14 esso
risuona. E anche, egli, l’invisibile fanciullo, si pèrita15 vicino al giovane più che accanto
all’uomo fatto e al vecchio, ché più dissimile a sé vede quello che questi.16 Il
giovane in vero di rado e fuggevolmente si trattiene col fanciullo; ché ne sdegna la
15 conversazione, come chi si vergogni d’un passato ancor troppo recente. Ma l’uomo
riposato17 ama parlare con lui e udirne il chiacchiericcio e rispondergli a tono e
grave;18 e l’armonia di quelle voci è assai dolce ad ascoltare, come d’un usignuolo
che gorgheggi presso un ruscello che mormora. […]
III.
Ma è veramente in tutti il fanciullo musico? […] In alcuni non pare che egli sia;
20 alcuni non credono che sia in loro; e forse è apparenza e credenza falsa. Forse gli
uomini aspettano da lui chi sa quali mirabili dimostrazioni e operazioni; e perché
non le vedono, o in altri o in sé, giudicano che egli non ci sia. Ma i segni della sua
presenza e gli atti della sua vita sono semplici e umili. Egli è quello, dunque, che
ha paura al buio, perché al buio vede o crede di vedere; quello che alla luce sogna o
25 sembra sognare, ricordando cose non vedute mai; quello che parla alle bestie, agli
alberi, ai sassi, alle nuvole, alle stelle:19 che popola l’ombra di fantasmi e il cielo di
dei. Egli è quello che piange e ride senza perché, di cose che sfuggono ai nostri sensi
e alla nostra ragione. Egli è quello che nella morte degli esseri amati esce a dire
quel particolare puerile che ci fa sciogliere in lacrime, e ci salva.20 Egli è quello che
30 nella gioia pazza pronunzia, senza pensarci, la parola grave che ci frena. Egli rende
tollerabile la felicità e la sventura, temperandole d’amaro e di dolce,21 e facendone
due cose ugualmente soavi al ricordo. Egli fa umano l’amore, perché accarezza esso
come sorella (oh! Il bisbiglio dei due fanciulli tra un bramire di belve), accarezza
e consola la bambina che è nella donna.22 Egli nell’interno dell’uomo serio sta
35 ad ascoltare, ammirando, le fiabe e le leggende, e in quello dell’uomo pacifico fa
echeggiare stridule fanfare di trombette e di pive,23 e in un cantuccio dell’anima di
chi più non crede, vapora24 d’incenso l’altarino che il bimbo ha ancora conservato
da allora. Egli ci fa perdere il tempo, quando noi andiamo per i fatti nostri, ché ora
vuol vedere la cinciallegra che canta, ora vuol cogliere il fiore che odora, ora vuol
40 toccare la selce25 che riluce.