L’autore infatti rimane fedele al principio dell’impersonalità e a un criterio di pura registrazione dei fatti, affidando la narrazione a una voce popolare interna al villaggio e regredendo al livello della comunità. Per far trasparire il proprio personale punto di vista, Verga ricorre a un effetto di straniamento, immedesimandosi nell’ottica degli abitanti del paese proprio per dar modo al lettore di coglierne la natura malevola. Ciò accade quando la dirittura morale di alcuni personaggi (i cui comportamenti, dunque, il lettore è portato a giudicare in maniera positiva) viene vista negativamente dalla collettività, che giudica il senso delle azioni dei singoli esclusivamente sulla base del parametro dell’interesse economico. Per esempio: il fatto che padron ’Ntoni sia onesto e che il suo senso dell’onore gli imponga di ripagare il debito verso zio Crocifisso a costo di perdere la casa della famiglia viene giudicato incomprensibile dai compaesani, che gli rimproverano l’incapacità di fare i propri interessi.
Un altro esempio riguarda il naufragio della Provvidenza: è evidente che la perdita maggiore sia quella della famiglia Toscano, che vede morire in mare Bastianazzo. Ma nelle parole di un personaggio, la Vespa, nipote di zio Crocifisso, la realtà si ribalta in una valutazione paradossale:
«Volete che ve lo dica?», saltò su la Vespa; «la vera disgrazia è toccata allo zio Crocifisso che ha dato i lupini a credenza. Chi fa credenza senza pegno, perde l’amico, la roba e l’ingegno» (cap. 3).
Il proverbio serve, in questo caso, a corroborare, con il suo valore sentenzioso, la giustezza della logica tutta economica qui incarnata dalla Vespa, ma in fondo condivisa dalla maggior parte della collettività. Che infatti poco più avanti si esprime in questi termini:
«Che disgrazia!», dicevano sulla via. «E la barca era carica! Più di quarant’onze di lupini!» (cap. 3).