l’olio, perché egli lavorava accanto alla sua casa, e lo scricchiolìo del torchio
non la faceva dormire tutta notte.
35 «Prendi il sacco delle ulive», disse alla figliuola, «e vieni con me».
Nanni spingeva colla pala le ulive sotto la macina, e gridava ohi! alla mula
perché non si arrestasse. «La vuoi mia figlia Maricchia?», gli domandò la gnà Pina.
«Cosa gli date14 a vostra figlia Maricchia?», rispose Nanni. «Essa ha la roba di suo
padre, e dippiù io le dò la mia casa; a me mi basterà che mi lasciate un cantuccio
40 nella cucina, per stendervi un po’ di pagliericcio». «Se è così se ne può parlare a
Natale», disse Nanni. – Nanni era tutto unto e sudicio dell’olio e delle ulive messe
a fermentare, e Maricchia non lo voleva a nessun patto; ma sua madre l’afferrò pe’
capelli, davanti al focolare, e le disse co’ denti stretti: «Se non lo pigli ti ammazzo!».
La Lupa era quasi malata, e la gente andava dicendo che il diavolo quando
45 invecchia si fa eremita. Non andava più in qua e in là; non si metteva più sull’uscio,
con quegli occhi da spiritata.15 Suo genero,16 quando ella glieli piantava in
faccia quegli occhi, si metteva a ridere, e cavava fuori l’abitino della Madonna17 per
segnarsi.18 Maricchia stava in casa ad allattare i figliuoli, e sua madre andava nei
campi, a lavorare cogli uomini, proprio come un uomo, a sarchiare,19 a zappare, a
50 governare le bestie, a potare le viti, fosse stato greco e levante di gennaio,20 oppure
scirocco di agosto, allorquando i muli lasciavano cader la testa penzoloni, e gli uomini
dormivano bocconi a ridosso del muro a tramontana. In quell’ora fra vespero e
nona, in cui non ne va in volta femmina buona,21 la gnà Pina era la sola anima viva che
si vedesse errare per la campagna, sui sassi infuocati delle viottole, fra le stoppie
55 riarse dei campi immensi, che si perdevano nell’afa, lontan lontano, verso l’Etna
nebbioso, dove il cielo si aggravava22 sull’orizzonte.
«Svegliati!», disse la Lupa a Nanni che dormiva nel fosso, accanto alla siepe
polverosa, col capo fra le braccia. «Svegliati, ché ti ho portato il vino per rinfrescarti
la gola».
60 Nanni spalancò gli occhi imbambolati, fra veglia e sonno, trovandosela dinanzi
ritta, pallida, col petto prepotente, e gli occhi neri come il carbone, e stese
brancolando le mani.
«No! non ne va in volta femmina buona nell’ora fra vespero e nona!», singhiozzava
Nanni, ricacciando la faccia contro l’erba secca del fossato, in fondo in fondo,
65 colle unghie nei capelli. «Andatevene! Andatevene! non ci venite più nell’aia!».
Ella se ne andava infatti, la Lupa, riannodando le trecce superbe, guardando
fisso dinanzi ai suoi passi nelle stoppie calde, cogli occhi neri come il carbone.
Ma nell’aia ci tornò delle altre volte, e Nanni non le disse nulla; e quando tardava
a venire, nell’ora fra vespero e nona, egli andava ad aspettarla in cima alla viottola
70 bianca e deserta, col sudore sulla fronte; – e dopo si cacciava le mani nei capelli, e
le ripeteva ogni volta: «Andatevene! andatevene! Non ci tornate più nell’aia!». Maricchia
piangeva notte e giorno, e alla madre le piantava in faccia gli occhi ardenti di