Un uomo taciturno e riservato
A differenza di molti letterati, inclini a un certo narcisismo, Italo Calvino parlava pochissimo di sé. «Sono ligure, ma mia madre è sarda: ho la laconicità di molti liguri e il mutismo dei sardi, sono l’incrocio di due razze taciturne», confessa in un’intervista del 1983.
Una personalità distaccata
Scrive in una lettera indirizzata al critico Claudio Milanini: «Ogni volta che rivedo la mia vita fissata e oggettiva sono preso dall’angoscia, soprattutto quando si tratta di notizie che ho fornito io […], spero sempre d’aggirare il mio rapporto nevrotico con l’autobiografia». Per poter conoscere qualcosa sulla sua personalità e sul suo carattere, quindi, bisogna affidarsi quasi sempre alle testimonianze altrui.
L’amore per la vita
Nonostante la sua riservatezza, Calvino non era certo un intellettuale chiuso o noioso. Inge, moglie dell’editore Feltrinelli, racconta di una serata trascorsa a L’Avana: è il 1964 e i coniugi Feltrinelli hanno in progetto un’autobiografia di Fidel Castro (iniziativa che poi naufragherà), il quale è molto interessato alla presenza di scrittori italiani a Cuba. «Venivano organizzate delle serate con questi scrittori. Ad una di queste, ricordo che era caldissimo, ci saranno stati almeno 40 gradi, incontrammo Italo Calvino. Arriviamo e vediamo Italo Calvino in una bellissima giacca bianca senza cravatta, stava con Chichita con la quale si era sposato da poco. Perché sposarsi a Cuba? Perché Cuba era un paese diverso, lei era ancora sposata in Argentina, in Italia non c’era il divorzio e neanche in Argentina, e così si sposarono a Cuba. Quella sera nella casa si bevve molto, c’era più alcool che cibo e molti burritos, balli, canti, ho visto Italo molto allegro, interessante… e guardava molto le altre donne. Lei era molto argentina, piccola, allegra e lui sempre con la sua discrezione, era quasi inglese al confronto, riservato. Era un uomo da conquistare per poterlo conoscere».