2 - Le opere

Il primo Ottocento – L'autore: Giacomo Leopardi

2 Le opere

Lettere e scritti memorialistici e autobiografici

La vocazione autobiografica attraversa tutta la produzione letteraria di Leopardi e si esprime compiutamente in una vasta serie di opere, alcune rimaste incompiute.

Memorie (o Diario) del primo amore

Composto alla fine del 1817 e ispirato dall'amore per la giovane (ma già sposata) cugina Gertrude Cassi Lazzari, questo breve diario descrive con poetico candore il primo sentimento di ingenua passione provato per una donna.

Ricordi d’infanzia e di adolescenza e Storia di un’anima

Sotto il primo titolo, attribuito dal critico Francesco Flora, troviamo un denso brogliaccio di appunti e materiali frammentari allestito da Leopardi nella primavera del 1819 in vista di una futura (e mai realizzata) opera autobiografica.
Lo stesso progetto incompiuto è alla base del secondo testo, in cui l'autore camuffa la propria identità sotto la maschera di un editore di nome Giulio Rivalta. Il modello doveva essere quello dell'autobiografia di Vittorio Alfieri: il poeta vi lavora intorno al 1825, ma non andrà oltre il proemio e l'incipit del capitolo primo.

Zibaldone di pensieri

Con il titolo di Zibaldone di pensieri Leopardi riunisce l'enorme mole delle sue annotazioni scritte dal 1817 al 1832: ben 4526 facciate, oggi conservate presso la Biblioteca Nazionale di Napoli e pubblicate postume tra il 1898 e il 1900 a cura di una commissione presieduta da Giosuè Carducci.

Il termine "zibaldone" è un alterato di "zabaione" e indica una vivanda composta da una mescolanza di ingredienti diversi. Tale significato ci fa capire la natura apparentemente confusa di questo libro unico nel suo genere, una specie di immenso scartafaccio in cui Leopardi annota, senza ordine e in uno stile vario e immediato, notizie, riflessioni, estratti di letture, schemi, abbozzi. Come in un diario personale, nello Zibaldone il poeta riversa e condensa i segmenti del suo pensiero, mai cristallizzato ma rivelato in un continuo, spesso contraddittorio, divenire. Gli appunti che vi possiamo leggere spaziano attraverso tutto l'universo leopardiano: note di grammatica, critica letteraria, filologia, politica, filosofia e riflessione autobiografica vengono accolte in questi fogli, che ospitano tutta l'enorme e variegata officina dell'intellettuale e uomo Leopardi.
Il carattere frammentario dell'opera, del resto, sottolinea anche l'asistematicità di tutto il suo pensiero: è come se il poeta, nel rifiutare ogni schema fisso e ordinato, avesse scelto di presentare proprio in questa forma singolarissima la molteplicità delle sue esperienze e la natura aperta e problematica del suo universo intellettuale.

Pensieri

Oltre allo Zibaldone, Leopardi scrive anche – soprattutto negli ultimi anni della sua vita, tra il 1831 e il 1835 – un cospicuo gruppo di pensieri, incentrati su temi filosofici e politici. In tutto si tratta di 111 brevi prose, pubblicate postume da Antonio Ranieri nel 1845.

Epistolario

Tra i più belli di tutta la letteratura italiana, l'epistolario di Leopardi raccoglie più di 900 lettere, indirizzate ai familiari, ma anche a importanti personalità intellettuali dell'epoca, come Pietro Giordani, Vincenzo Monti e Giovan Pietro Vieusseux: una vera e propria opera monumentale grazie alla quale possiamo ricostruire la vita interiore, le esperienze, le speranze e le delusioni dell'autore.

 >> pag. 779 

Saggi e discorsi

Il luogo comune che descrive Leopardi come estraneo e distaccato rispetto ai problemi politici e culturali del suo tempo è contraddetto dalla composizione di una serie di scritti ideati proprio per intervenire, su tematiche di varia natura, nel dibattito intellettuale dei primi decenni dell'Ottocento.

Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica

Già nel luglio 1816, il diciottenne Leopardi aveva scritto e inviato una Lettera ai sigg. compilatori della “Biblioteca italiana“, con cui replicava all'invito rivolto agli italiani da Madame de Staël sulle pagine della stessa rivista a uscire dal provincialismo delle tradizioni culturali nazionali e interessarsi agli sviluppi della letteratura europea. La lettera non era stata pubblicata; né migliore fortuna tocca al Discorso, composto nel 1818, sempre in difesa del Classicismo e in polemica con i molti letterati settentrionali (tra cui, in particolare, Ludovico di Breme) che avevano abbracciato la causa romantica. L'opera uscirà, postuma, nel 1906.

Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani

Scritta probabilmente nella primavera del 1824, quest'opera rappresenta una spietata diagnosi della situazione culturale italiana: Leopardi lamenta un generale decadimento dei costumi e della società. Amaro e sconsolato è il resoconto sugli italiani, che egli considera un popolo senza morale, corrotto dall'ipocrisia e dal cinismo, indifferente e privo di passioni civili. Anche questo discorso sarà pubblicato postumo nel 1906.

Crestomazia italiana della prosa e Crestomazia italiana poetica

Pubblicate per l'editore milanese Stella rispettivamente nel 1827 e 1828, le due opere (il termine crestomazia è derivato dal greco e significa "antologia", "raccolta di brani scelti") rappresentano il risultato dell'attività di Leopardi lettore e critico. Di grande interesse è la scelta dei materiali poetici antologizzati, concentrata soprattutto sul Settecento, la cui produzione lirica influenza profondamente la scrittura leopardiana.

La produzione poetica

Oltre alla composizione dei Canti (a cui è dedicata la seconda parte dell'Unità, ► p. 824), scritti in un ampio arco di tempo (dal 1818 al 1836), Leopardi è autore di altri testi in versi, non compresi nell'edizione definitiva delle sue poesie, uscita postuma nel 1845 a cura di Antonio Ranieri. Tralasciando le opere della prima adolescenza (le cosiddette Puerili), citiamo due composizioni satiriche.

Paralipomeni della Batracomiomachia

Giovanissimo, Leopardi aveva tradotto dal greco la Batracomiomachia (cioè "Battaglia dei topi e delle rane"), un poemetto a lungo attribuito per errore a Omero e scritto invece da autore ignoto probabilmente in epoca ellenistica. A partire dal 1833, durante il soggiorno napoletano, il poeta scrive una sua continuazione ("Paralipomeni" significa in greco "cose omesse o tralasciate" e ha il valore di "aggiunta" a un'opera precedente).

Si tratta di un poemetto in ottave, diviso in 8 canti, che rinnova la tradizione eroicomica italiana (portata ai massimi risultati da Giambattista Casti, autore settecentesco degli Animali parlanti) raccontando in chiave parodica le alterne vicende di una guerra tra i granchi, accorsi in aiuto delle rane, e i topi. Dietro gli animali protagonisti si celano rispettivamente gli austriaci, alleati delle truppe reazionarie papaline, e i patrioti liberali napoletani. Il poeta non risparmia nessuno con le sue critiche, mettendo in burla l'ottusa prepotenza austriaca e il conservatorismo pontificio, ma anche l'impreparazione dei liberali progressisti, abili oratori ma incapaci di agire.

 >> pag. 780 
I nuovi credenti

In questa acre satira in terzine dantesche composta a Napoli intorno al 1835, Leopardi indirizza le proprie dure critiche agli intellettuali napoletani riuniti intorno alla rivista "Il progresso", che inneggiano a Dio, alla patria e alla felicità dell'uomo: tutti nobili e astratti princìpi, esaltati da pensatori vacui e ottimisti, troppo impegnati – così scrive il poeta – a mangiare maccheroni, ostriche e triglie per comprendere la vera natura dell'esistenza.

Operette morali

La prima edizione delle Operette morali (scritte tra il 1824 e il 1827) esce a Milano nel 1827, presso l'editore Stella, e comprende 20 prose. Nel 1834 il libro viene ristampato dall'editore fiorentino Piatti con l'aggiunta di 5 testi composti tra il 1825 e il 1832. La versione definitiva, che comprende 24 prose, esce postuma nel 1845, come primo volume delle Opere complete a cura di Antonio Ranieri.
La stesura di queste prose, per la maggior parte dialoghi (che Leopardi aveva in mente già dal 1820 sul modello dei Dialoghi dello scrittore greco del II secolo d.C. Luciano di Samosata) si colloca in un periodo in cui il poeta concepisce la ragione come l'unico strumento per riconoscere la radice del male sofferto dagli uomini, che sta appunto nell'aspirare a quella felicità resa impossibile dall'indifferenza o dall'aperta ostilità della natura.

Gli spunti da cui nascono le Operette sono diversi, ma rimandano tutti a questa concezione di profondo pessimismo materialistico. L'ispirazione può nascere da un ricordo erudito, da una riflessione annotata nello Zibaldone, da favole e miti riletti o reinterpretati per far comprendere ai lettori, con tono satirico e distaccato, le verità che la vita, delusione dopo delusione, ha svelato all'autore: la vanità e il meccanicismo dell'esistenza; la sciocca ingenuità degli individui che si credono al centro dell'universo, mentre la natura li ignora; la loro infelicità; la morte non come dolore, ma come cessazione della sofferenza.
Protagonisti delle Operette morali sono l'io del poeta e la sua visione della vita. Egli infatti affida alla varietà delle situazioni descritte una sorta di fenomenologia dell'infelicità: solo contro il mondo, misconosciuto da un pubblico indifferente, fuori moda rispetto ai miti positivi e ottimistici divulgati dagli intellettuali del proprio tempo, Leopardi assembla in questo ampio repertorio del dolore i casi e le vicende che mostrano la durezza e lo strazio della condizione umana.

Il linguaggio delle Operette, lontano dalla prosa colloquiale manzoniana, mantiene un'inconfondibile patina arcaica e una sintassi complessa, ravvivandosi però grazie alla novità dei pensieri e delle immagini. Il poeta sperimenta soluzioni linguistiche differenti secondo le esigenze della comunicazione: dalle battute argute e dalle tonalità ironiche ai passaggi appassionati e vibranti, dalla vivacità dei dialoghi all'impassibilità dell'aforisma, in una mescolanza di stili che smorzano la drammaticità dell'argomentazione e al tempo stesso dissacrano gli inganni e le illusioni di cui l'uomo ama nutrirsi per mascherare la verità del proprio stato.

 >> pag. 781 
Gli argomenti delle Operette morali
1
Storia del genere umano
1824
• Storia mitica dell’umanità, votata a un’ostinata e inutile ricerca della felicità
2
Dialogo d’Ercole e di Atlante
1824
• I due personaggi giocano a palla con il globo terrestre per scuoterlo dal torpore in cui è immerso
3
Dialogo della Moda e della Morte
1824
• La Moda si presenta alla Morte come sua sorella: sono entrambe figlie della caducità umana
4
Proposta di premi fatta dall’Accademia dei Sillografi
1824
• In omaggio al secolo delle macchine, si propone la costruzione di figure umane artificiali
5
Dialogo di un Folletto e di uno Gnomo
1824
• In un mondo in cui gli uomini sono estinti, i due personaggi deridono la presunzione degli esseri umani che si credono al centro dell’universo
6
Dialogo di Malambruno e di Farfarello
1824
• Farfarello può realizzare ogni sogno umano, salvo quello della felicità
7
Dialogo della Natura e di un’Anima
1824
• Gli uomini più dotati di magnanimità sono ancora più condannati all’infelicità
8
Dialogo della Terra e della Luna
1824
• «Il male è cosa comune a tutti i pianeti dell’universo»
9
La scommessa di Prometeo
1824
• Prometeo scommette (e perde) sulla perfezione dell’uomo rispetto alle altre entità dell’universo
10
Dialogo di un Fisico e di un Metafisico
1824
• Tentare di prolungare la vita, come vuole il Fisico, significa tentare di prolungare l’infelicità
11
Dialogo di Torquato Tasso e del suo genio familiare
1824
• Tasso affronta con i suoi fantasmi interiori il tema della «noia» a cui ci si può sottrarre solo con il «dolore»
12
Dialogo della Natura e di un Islandese
1824
• L’Islandese ha sempre cercato di vivere appartato, lontano da ogni desiderio, ma è stato ugualmente perseguitato dalla Natura, che gli comunica la propria indifferenza alle sofferenze umane (► T7, p. 804)
13
Il Parini, ovvero della gloria
1824
• Parini insegna a un suo discepolo come sia impossibile conseguire la gloria nel mondo moderno
14
Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie
1824
• La morte rispetto alla vita appare più vicina al «piacere», inteso come eliminazione del dolore
15
Detti memorabili di Filippo Ottonieri
1824
• Raccolta di riflessioni sul comportamento umano da parte di un personaggio immaginario
16
Dialogo di Cristoforo
Colombo e di Pietro Gutierrez
1824
• Colombo esalta il valore del rischio come antidoto alla «noia»
17
Elogio degli uccelli
1824
• Un filosofo «solitario» celebra il volo degli uccelli come una estrema condizione di libertà
18
Cantico del gallo silvestre
1824
• Al sorgere del giorno, un gallo ricorda a tutti i viventi l’infelicità del vivere
19
Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco
1825
• Esposizione della cosmogonia materialistica di un filosofo antico
20
Dialogo di Timandro e di Eleandro
1824
• Eleandro risponde all’interlocutore, che esalta la specie umana, affermando «l’infelicità necessaria di tutti i viventi» e la necessità di «ridere dei mali comuni»
21
Il Copernico, dialogo
1827
• Copernico, convocato dal Sole, ormai stanco di muoversi intorno alla Terra, divulga la sua teoria, sottolineando l’indifferenza e casualità dell’universo
22
Dialogo di Plotino e di Porfirio
1827
• Il filosofo Plotino dissuade il proprio allievo Porfirio dall’idea del suicidio, chiarendo come la vita, pur totalmente negativa, possa unire gli uomini in un legame di solidarietà e aiuto reciproco (► T8, p. 812)
23
Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere
1832
• La vita felice è possibile solo in un’attesa che non si realizzerà mai (► T9, p. 817)
24
Dialogo di Tristano e di un amico
1832
• Le visioni positive della vita si basano sull’autoinganno: Tristano, che finge di ritrattare il suo pessimismo, riafferma alla fine il valore della morte come un’unica risposta alle illusioni umane.

 >> pag. 782 

I luoghi di Leopardi

I colori della letteratura - volume 2
I colori della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento