Il poeta come autorità morale

Il Settecento – L'autore: Giuseppe Parini

 T2 

La salubrità dell’aria

Odi


Parini compone quest’ode nel 1759 su un argomento proposto dall’Accademia dei Trasformati: l’aria. Allontanandosi decisamente dalle vuote idealizzazioni arcadiche della vita agreste, egli affronta il concreto problema dell’inquinamento atmosferico e ambientale. È una delle odi più direttamente connesse ai temi illuministici, e il suo interesse è legato soprattutto all’innesto di termini tecnici e concreti, di solito esclusi dal lessico poetico, in un contesto stilistico e formale elevato, a tratti aulico.

METRO Strofe di 6 settenari (i primi 4 a rime alternate, seguiti da un distico a rima baciata).

         Oh beato terreno
         del vago Eupili mio,
         ecco al fin nel tuo seno
         m'accogli; e del natìo
5      aere mi circondi,
         e il petto avido inondi.

         Già nel polmon capace
         urta sé stesso e scende
         quest'etere vivace,
10    che gli egri spirti accende,
         e le forze rintegra,
         e l'animo rallegra.

         Però ch'austro scortese
         qui suoi vapor non mena:
15    e guarda il bel paese
         alta di monti schiena,
         cui sormontar non vale
         Borea con rigid'ale.

         Né qui giaccion paludi,
20    che dall'impuro letto
         mandino a i capi ignudi
         nuvol di morbi infetto:
         e il meriggio a' bei colli
         asciuga i dorsi molli.


25    Pera colui che primo
         a le triste ozïose
         acque e al fetido limo
         la mia cittade espose; 
         e per lucro ebbe a vile
30    la salute civile. 

 >> pag. 346 

         Certo colui del fiume
         di Stige ora s'impaccia
         tra l'orribil bitume,
         onde alzando la faccia
35    bestemmia il fango e l'acque,
         che radunar gli piacque.

         Mira dipinti in viso
         di mortali pallori
         entro al mal nato riso
40    i languenti cultori;
         e trema o cittadino,
         che a te il soffri vicino.

         Io de' miei colli ameni
         nel bel clima innocente
45    passerò i dì sereni
         tra la beata gente,
         che di fatiche onusta
         è vegeta e robusta.

         Qui con la mente sgombra,
50    di pure linfe asterso,
         sotto ad una fresc'ombra
         celebrerò col verso
         i villan vispi e sciolti
         sparsi per li ricolti;

55    e i membri non mai stanchi
         dietro al crescente pane;
         e i baldanzosi fianchi
         de le ardite villane;
         e il bel volto giocondo
60    fra il bruno e il rubicondo,

         dicendo: Oh fortunate
         genti, che in dolci tempre
         quest'aura respirate
         rotta e purgata sempre
65    da venti fuggitivi
         e da limpidi rivi.

 >> pag. 347 

         Ben larga ancor natura
         fu a la città superba
         di cielo e d'aria pura:
70    ma chi i bei doni or serba
         fra il lusso e l'avarizia
         e la stolta pigrizia?

         Ahi non bastò che intorno
         putridi stagni avesse;
75    anzi a turbarne il giorno
         sotto a le mura stesse
         trasse gli scelerati
         rivi a marcir su i prati

         e la comun salute
80    sagrificossi al pasto
         d'ambizïose mute,
         che poi con crudo fasto
         calchin per l'ampie strade
         il popolo che cade.

85    A voi il timo e il croco
         e la menta selvaggia
         l'aere per ogni loco
         de' varj atomi irraggia,
         che con soavi e cari
90    sensi pungon le nari.

         Ma al piè de' gran palagi
         là il fimo alto fermenta;
         e di sali malvagi
         ammorba l'aria lenta,
95    che a stagnar si rimase
         tra le sublimi case.

         Quivi i lari plebei
         da le spregiate crete
         d'umor fracidi e rei
100  versan fonti indiscrete;
         onde il vapor s'aggira,
         e col fiato s'inspira.

 >> pag. 348 

         Spenti animai, ridotti
         per le frequenti vie,
105  de gli aliti corrotti
         empion l'estivo die:
         spettacolo deforme
         del cittadin su l'orme!

         Né a pena cadde il sole
110  che vaganti latrine
         con spalancate gole
         lustran ogni confine
         de la città, che desta
         beve l'aura molesta.

115  Gridan le leggi, è vero;
         e Temi bieco guata:
         ma sol di sé pensiero
         ha l'inerzia privata.
         Stolto! E mirar non vuoi
120  ne' comun danni i tuoi?

         Ma dove ahi corro e vago
         lontano da le belle
         colline e dal bel lago
         e da le villanelle,
125  a cui sì vivo e schietto
         aere ondeggiar fa il petto?

         Va per negletta via
         ognor l'util cercando
         la calda fantasìa,
130  che sol felice è quando
         l'utile unir può al vanto
         di lusinghevol canto.

 >> pag. 349 

      Dentro il testo

I contenuti tematici

L'inizio dell'ode celebra il ritorno al paese natio: da Milano, dove abita da anni, Parini toma in Brianza, sul lago di Pusiano, nella sua Bosisio d'origine. L'esordio idilliaco, però, lascia presto il posto a una fiera invettiva* (che inizia al v. 25): a fare da raccordo è la quarta strofa (vv. 19-24), nella quale si insinuano già, nell'ambito della serena descrizione rurale, termini grevi e immagini fosche: paludi (v. 19), impuro letto (v. 20), nuvol di morbi infetto (v. 22), seppur evocate per negazione (Né qui giaccion, v. 19).

A questo punto inizia lo sfogo polemico dell'autore (Pera colui che primo, v. 25): egli accusa i possidenti agrari di aver recato danno alla salubrità dell'aria milanese con la realizzazione di risaie e marcite vicino alla città, mostrando interesse per il profitto e disprezzo nei confronti della comunità. Segue l'immagine infernale della pena che essi certo scontano tra i fanghi dello Stige (vv. 31-36). Le espressioni che indicano l'effetto malefico dell'inquinamento si addensano, richiamando la descrizione dantesca dell'Inferno: triste ozïose / acque (vv. 26-27), fetido limo (v. 27), orribil bitume (v. 33), bestemmia il fango e l'acque (v. 35). Il frutto delle coltivazioni nocive è quel mal nato riso (v. 39) che ha invaso i campi, rendendoli malsani.

Proseguendo nella lettura dell'ode, emerge una netta contrapposizione tra elementi negativi da una parte e immagini e descrizioni idilliche dall'altra. La popolazione rurale è dipinta con aggettivi che ne sottolineano la salute e la vigoria: beata gente (v. 46), vegeta e robusta (v. 48), i villan vispi e sciolti (v. 53), i baldanzosi fianchi / de le ardite villane (vv. 57-58), il bel volto giocondo (v. 59); i colli sono ameni (v. 43), il clima è innocente (v. 44), i giorni sono sereni (v. 45); la natura ispira pensieri quieti e distesi (la mente sgombra, v. 49).

L'avidità e la sete del lusso hanno invece corrotto la vita urbana: l'accenno implicito alla vita dissipata dell'aristocrazia si fa evidente quando Parini cita le ambizïose mute (v. 81), cioè le pariglie di cavalli che tirano le carrozze, le quali a loro volta mettono in pericolo i passanti (immagine che tornerà nell'ode La caduta – ► T3, p. 351 – e nel Giorno). Ai profumi che allietano l'ambiente campestre si contrappone il cattivo e malsano odore che ammorba la città, dei cui abitanti viene stigmatizzata l'abitudine di versare le deiezioni per strada (vv. 97-102). 
L'ode si conclude con un nuovo riferimento alla bellezza della vita agreste e, nell'ultima strofa, con una dichiarazione di poetica in cui l'autore afferma il proprio intento di unire l'utile [...] al vanto / di lusinghevol canto (vv. 131-132), secondo il motivo derivato dal poeta latino Orazio del "mescolare l'utile al piacevole".

Le scelte stilistiche

Il componimento è un esempio rappresentativo dello stile poetico razionalistico di Parini. Rinnovando la forma dell'ode – che, solitamente utilizzata a fini celebrativi, è qui impiegata per trattare contenuti di stretta attualità –, l'autore dà vita a una struttura molto equilibrata. Quasi ogni strofa si conclude con un punto fermo (o con un punto interrogativo o esclamativo), portando a termine così un pensiero compiuto; fa eccezione la sequenza collocata ai vv. 49-66, che si trova non a caso al centro del componimento: qui il periodo si distribuisce su tre strofe, per offrire in ogni dettaglio la descrizione puntuale della vita di campagna. 

 >> pag. 350 

II lessico è estremamente vario, e comprende vocaboli letterari e ancora arcadici (vago, v. 2; natio / aere, vv. 4-5; austro scortese, v. 13; Borea con rigid'ale, v. 18), ma anche una terminologia scientifica di grande precisione, che rivela l'interesse dell'autore per il linguaggio medico, tecnico, geografico (polmon capace, v. 7; etere vivace, v. 9; nuvol di morbi infetto, v. 22). La descrizione della città corrotta dagli odori nocivi e dai rifiuti è condotta con un realismo ancora più concreto, quasi espressionistico (fetido limo, v. 27; orribil bitume, v. 33; putridi stagni, v. 74; il fimo alto fermenta, v. 92; di sali malvagi / ammorba l'aria lenta, vv. 93-94). 

      Verso le competenze

COMPRENDERE  

1 Riassumi il contenuto dell’ode in circa 10 righe.


2 Quali aspetti positivi dei suoi luoghi d’origine mette maggiormente in evidenza Parini?


3 Da che cosa è stato causato l’inquinamento dell’aria cittadina?

ANALIZZARE

4 Individua nel testo, oltre a quelli già indicati nell’analisi, alcuni esempi di lessico classicheggiante e di lessico realistico e completa la tabella.

Vocaboli classicheggianti
Vocaboli realistici









5 L’espressione dietro al crescente pane (v. 56) è una

  •     metonimia. 
  •     metafora. 
  •     similitudine.  
  •     anafora.

INTERPRETARE

6 Quali soluzioni sembra indirettamente suggerire Parini ai problemi esposti nel componimento?


7 Ma chi i bei doni or serba / fra il lusso e l’avarizia / e la stolta pigrizia? (vv. 70-72): commenta questi versi alla luce delle posizioni di Parini sulla nobiltà.

PRODURRE

La tua esperienza

8 Svolgi una sintetica trattazione del tema dell’inquinamento ambientale, soffermandoti in particolare sugli effetti da te direttamente percepibili, in un testo espositivo di circa 30 righe. Quali sono le analogie tra la situazione attuale e quella evocata da Parini? Quali le differenze?


9 Stolto! E mirar non vuoi / ne’ comun danni i tuoi? (vv. 119-120): Parini invita a considerare che i danni fatti a ciò che è di tutti (la natura, gli ambienti comuni, gli arredi urbani e così via) si ritorcono anche contro il singolo che li procura. Rifletti su questo aspetto, facendo riferimento a concrete situazioni della società in cui vivi, in un testo argomentativo di circa 40 righe.


Il poeta come autorità morale

Essendo nato in una famiglia di modeste condizioni, il riscatto sociale è una delle aspirazioni più profonde di Parini; in questo senso, il sacerdozio, il lavoro di istitutore presso le famiglie aristocratiche e la collaborazione con il governo austriaco della Lombardia rappresentano tre delle principali tappe di una carriera pubblica con cui il poeta riesce a emanciparsi – almeno in parte – dalle più pressanti difficoltà economiche.
Ma l'interesse di Parini per la dimensione del vivere in società deriva anche da istanze propriamente intellettuali, come, in primo luogo, la religione cristiana e il pensiero illuminista. Tutti questi elementi, biografici e intellettuali, ne fanno la figura tipica dello scrittore progressista, impegnato in una battaglia per una società più giusta, in cui vengano eliminate l'iniquità e la corruzione. Nell'ambito di questo impegno civile, la dignità e la ragione costituiscono i due cardini della sua azione.

 >> pag. 351 
Il percorso poetico e intellettuale di Parini presenta comunque componenti diverse, che contribuiscono a moderare le istanze illuministiche proprie della cultura europea settecentesca. L'amore per gli scrittori antichi, e il conseguente culto dell'equilibrio e dell'armonia classica, lo portano a rifiutare le idee più estreme del pensiero illuminista. Dei philosophes egli accoglie con entusiasmo gli intenti egualitari e le idee di tolleranza, la polemica antinobiliare e la condanna morale del fanatismo, ma non condivide le posizioni più radicali: l'ateismo; il cosmopolitismo (Parini è fortemente legato, sin quasi a identificarsi con esse, alla sua terra d'origine, la Brianza, e alla città in cui vive, Milano); un certo atteggiamento scientista ► presente in alcune correnti dell'Illuminismo europeo; la concezione utilitaristica della cultura, secondo la quale la letteratura dovrebbe mirare esclusivamente all'utilità sociale dei suoi messaggi, tralasciando l'interesse per la forma (mentre, come si è visto nell'ode La salubrità dell'aria, Parini mira a unire l'«utile» alla cura formale del testo).
Ad arginare le tendenze sovversive e violente dell'epoca rivoluzionaria vi è poi l'adesione alla fede cristiana. Lontano dall'ateismo di buona parte dell'Illuminismo francese, egli vede nel cristianesimo, sul piano spirituale, una religione capace di rivelare il senso ultimo dell'esistenza e, sul piano sociale, una solida base per la convivenza civile.

Determinata dunque da un'armonica sintesi di componenti diverse, la posizione morale di Parini si esprime nella sua opera attraverso una vivida rappresentazione di sé come modello etico e culturale. Il poeta si pone come la figura intellettuale e civile che educa il popolo all'uso della ragione e lo spinge a un atteggiamento altruistico e solidale, indispensabile per affrontare e risolvere i problemi più drammatici della società.

 T3 

La caduta

Odi


Scritta nel 1785, La caduta è una delle odi pariniane più celebri. A partire da un incidente a lui capitato in una rigida giornata d’inverno, Parini svolge una serie di considerazioni sulla propria condizione di poeta e sul valore della libertà intellettuale, che egli non intende sacrificare in cambio di vantaggi materiali. L’autore offre ai lettori un autoritratto fortemente idealizzato, additando sé stesso come un esempio da seguire.

METRO Strofe di 3 settenari e un endecasillabo a rime alternate.

         Quando Orïon dal cielo
         declinando imperversa;
         e pioggia e nevi e gelo
         sopra la terra ottenebrata versa,

 >> pag. 352 

5      me spinto ne la iniqua
         tagione, infermo il piede,
         tra il fango e tra l'obliqua
         furia de' carri la città gir vede;

         e per avverso sasso
10    mal fra gli altri sorgente,
         o per lubrico passo
         lungo il cammino stramazzar sovente.

         Ride il fanciullo; e gli occhi
         tosto gonfia commosso,
15    che il cubito o i ginocchi
         me scorge o il mento dal cader percosso.

         Altri accorre; e: «Oh infelice
         e di men crudo fato
         degno vate!» mi dice;
20    e seguendo il parlar, cinge il mio lato

         con la pietosa mano;
         e di terra mi toglie;
         e il cappel lordo e il vano
         baston dispersi ne la via raccoglie:

25    «Te ricca di comune
         censo la patria loda;
         te sublime, te immune
         cigno da tempo che il tuo nome roda

         chiama gridando intorno;
30    e te molesta incìta
         di poner fine al Giorno,
         per cui cercato a lo stranier ti addita.

         Ed ecco il debil fianco
         per anni e per natura
35    vai nel suolo pur anco
         fra il danno strascinando e la paura:

 >> pag. 353 

         né il sì lodato verso
         vile cocchio ti appresta,
         che te salvi a traverso
40    de' trivii dal furor de la tempesta.

         Sdegnosa anima! prendi
         prendi novo consiglio,
         se il già canuto intendi
         capo sottrarre a più fatal periglio.

45    Congiunti tu non hai,
         non amiche, non ville,
         che te far possan mai
         nell'urna del favor preporre a mille.

         Dunque per l'erte scale
50    arrampica qual puoi;
         e fa gli atrj e le sale
         ogni giorno ulular de' pianti tuoi.

         O non cessar di porte
         fra lo stuol de' clienti,
55    abbracciando le porte
         de gl'imi, che comandano ai potenti;

         e lor mercè penètra
         ne' recessi de' grandi;
         e sopra la lor tetra
60    noja le facezie e le novelle spandi.

         O, se tu sai, più astuto
         i cupi sentier trova
         colà dove nel muto
         aere il destin de' popoli si cova;

65    e fingendo nova esca
         al pubblico guadagno,
         l'onda sommovi, e pesca
         insidioso nel turbato stagno.

 >> pag. 354 

         Ma chi giammai potrìa
70    guarir tua mente illusa,
         o trar per altra via
         te ostinato amator de la tua Musa?

         Lasciala: o, pari a vile
         mima, il pudore insulti,
75    dilettando scurrile
         i bassi genj dietro al fasto occulti».

         Mia bile, al fin costretta,
         già troppo, dal profondo
         petto rompendo, getta
80    impetuosa gli argini; e rispondo:

         «Chi sei tu, che sostenti 
         a me questo vetusto
         pondo, e l'animo tenti
         prostrarmi a terra? Umano sei, non giusto.

85    Buon cittadino, al segno
         dove natura e i primi
         casi ordinàr, lo ingegno
         guida così, che lui la patria estimi.

         Quando poi d'età carco
90    il bisogno lo stringe,
         chiede opportuno e parco
         con fronte liberal, che l'alma pinge.

         E se i duri mortali
         a lui voltano il tergo,
95    ei si fa, contro ai mali,
         della costanza sua scudo ed usbergo.

         Né si abbassa per duolo,
         né s'alza per orgoglio».
         E ciò dicendo, solo
100  lascio il mio appoggio; e bieco indi mi toglio. 

         Così, grato ai soccorsi,
         ho il consiglio a dispetto;
         e privo di rimorsi,
         col dubitante piè torno al mio tetto.

 >> pag. 355 

      Dentro il testo

I contenuti tematici

L'episodio di una caduta avvenuta sulle strade fangose della città è il pretesto per descrivere la condizione etica del poeta (e dell'umanità in genere) in una società corrotta e succube nei confronti del potere. La situazione iniziale ha dunque una valenza simbolica: nella stagione invernale (la iniqua / stagione, vv. 5-6), metafora* della vecchiaia, il poeta è posto di fronte alla propria debolezza fisica e morale. Il ragazzo – che è invece emblema delle nuove generazioni – prima lo guarda ridendo, poi prova compassione; un passante lo soccorre ma, dopo averlo riconosciuto, critica il suo modo di vivere e lo incita ad adattarsi ai tempi.

II passante è l'espressione dell'opinione comune. Stupito dal fatto che un poeta affermato viva in condizioni tanto misere da non potersi permettere nemmeno la più umile carrozza, egli rivela, nelle sue parole, l'idea che la responsabilità per questo triste destino sia dello stesso Parini, giudicato incapace di adattarsi alle circostanze. Il poeta è una vittima, ma la colpa della sua condizione è la sua sdegnosa anima (v. 41), che dovrebbe invece piegarsi al modo di vivere dei più, supplicando favori, accodandosi alla fila dei postulanti, entrando a far parte di quel gruppo di infimi (in senso morale e sociale) che sanno ingraziarsi i potenti. L'ottuso personaggio non riesce a spiegarsi come si possa essere famosi e celebrati senza ricavare da ciò vantaggi materiali, e si premura di offrire delle soluzioni al suo interlocutore: il poeta potrebbe suggerire ai detentori del potere di aver trovato modi inediti per sottrarre denaro al popolo, attraverso nuove tasse; oppure potrebbe usare la sua arte per distrarre gli aristocratici dalla loro atavica noia. Egli farebbe bene a trasformare la sua poesia, da arte nobile qual è, in volgare strumento per compiacere i gusti del pubblico nobiliare che, nascosti sotto una ricchezza ostentata e sfarzosa, sono in realtà rozzi e grossolani.

Lo stesso passante, tuttavia, si rende conto che la mente illusa del poeta (v. 70) non può essere "guarita", e che egli rimarrà fedele a sé stesso e ai suoi ideali. In effetti, al discorso dell'interlocutore (che occupa gran parte del componimento, vv. 17-76) si oppone la fiera invettiva* pariniana (vv. 81-98). Umano sei, non giusto (v. 84), commenta il poeta, come a dire che il viandante è stato pietoso nel soccorrerlo, ma sconveniente con le sue parole. L'intento di ogni buon cittadino deve consistere nel continuo tentativo di migliorarsi; per Parini, questo significa elevare la propria arte senza svenderla: ogni richiesta d'aiuto va fatta con onestà e con atteggiamento dignitoso; la costanza e l'impegno devono diventare scudo ed usbergo (v. 96) contro le amarezze della vita. Lo spirito del giusto non è piegato dal dolore e dalla miseria, come non si esalta per l'orgoglio: questo è l'insegnamento più profondo, mutuato dalla cultura classica, che Parini esprime nell'ode.

Le scelte stilistiche

La struttura dell'ode è ben congegnata: alla descrizione iniziale del contesto (le prime tre strofe) segue il primo incontro, quello con il fanciullo (quarta strofa); quindi entra in scena il passante, il cui discorso si svolge per quindici strofe (vv. 17-76). La replica del poeta, introdotta da una nuova descrizione (questa volta del suo stato d'animo, vv. 77-80), ne occupa invece cinque (vv. 81-98). La strofa finale chiude il componimento sul piano narrativo, inquadrando il poeta – analogamente a quanto accadeva in apertura – che torna a casa con passo malfermo.

 >> pag. 356 

I discorsi dei due interlocutori presentano alcune evidenti differenze stilistiche. La lingua del passante è ricca di espressioni di significato negativo (il tuo nome roda, v. 28; te molesta incìta, v. 30; debil fianco, v. 33; fra il danno strascinando, v. 36; vile cocchio, v. 38; dal furor de la tempesta, v. 40; più fatal periglio, v. 44; erte scale, v. 49; ulular de' pianti tuoi, v. 52; lor tetra / noja, vv. 59-60; pesca / insidioso nel turbato stagno, vv. 67-68; tua mente illusa, v. 70; vile / mima, vv. 73-74; dilettando scurrile, v. 75; bassi genj, v. 76). La reazione del poeta è decisa, ma resa con parole molto più alte e misurate: il riferimento al suo vecchio corpo (vetusto / pondo, vv. 82-83) è espresso con il ricorso a un latinismo (pondus, in latino, significa "peso", e nel linguaggio poetico è spesso utilizzato per indicare il corpo mortale, contrapposto all'anima, leggera ed eterea); la definizione dello sconosciuto è di grande efficacia rappresentativa: Umano sei, non giusto (v. 84). "Giusto" è colui che chiede opportuno e parco (v. 91), discretamente e con dignità, in un atteggiamento che lascia intravedere la purezza interiore: con fronte liberal, che l'alma pinge (v. 92).
Nel delineare la propria figura esemplare, il poeta inserisce inoltre alcuni riferimenti danteschi facilmente identificabili. L'esclamazione del passante, Sdegnosa anima! (v. 41), richiama l'epiteto attribuito a Dante da Virgilio («Alma sdegnosa», Inferno, VIII, 44). L'immagine del poeta costretto ad arrampicarsi su erte scale (v. 49) evoca invece il celebre passo del Paradiso (XVII, 58-60) contenente la profezia di Cacciaguida: «Tu proverai sì come sa di sale / lo pane altrui, e come è duro calle / lo scendere e 'l salir per l'altrui scale». In virtù di questi rimandi, Parini accosta la propria insofferenza nei confronti delle umiliazioni della vita cortigiana all'analoga disposizione interiore dell'autore della Commedia, che, proprio come lui, aveva dovuto in alcune fasi della sua vita rassegnarsi a porsi al servizio dei potenti.

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Che cosa accade al poeta all’inizio dell’ode?


2 Chi è il primo personaggio a reagire all’accaduto?


3 Che cosa suggerisce di fare il passante al poeta?


4 Perché il poeta si altera?

ANALIZZARE

5 Il componimento presenta iperbati ed enjambement? Se sì, con quali funzioni?


6 Rintraccia nel testo alcuni esempi di aggettivi utilizzati in funzione di complemento predicativo del soggetto. Quali concetti vengono messi in rilievo da questa costruzione sintattica?


7 Con la pietosa mano (v. 21) è

  •     un'iperbole. 
  •     un’ipallage. 
  •     una similitudine. 
  •     una metafora.

INTERPRETARE

8 Quali sono le componenti classicistiche rintracciabili nell’ode? Quali invece quelle illuministiche?


9 Nel discorso del passante quali sono i punti specifici che ti sembrano toccare maggiormente la sensibilità del poeta? In che modo i concetti da lui espressi contrastano con i princìpi morali di Parini?

PRODURRE

10 L’ode affronta il tema della libertà dell’artista dai condizionamenti esterni. Rifletti su questo argomento in riferimento agli artisti di oggi (scrittori, pittori, architetti, musicisti, attori). Ritieni che l’arte sia libera o soggetta a vincoli e limitazioni? Quali? In che misura? Rispondi in un testo argomentativo di circa 30 righe.

La tua esperienza
11 Da un episodio personale (un piccolo incidente o anche un fatto lieto) trai un racconto aneddotico di circa 30 righe, caratterizzato a tua scelta da un particolare tono (drammatico, ironico, umoristico).


I colori della letteratura - volume 2
I colori della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento