3 - I testi

Il secondo Novecento e gli anni Duemila – L'opera: Scritti corsari

3 I testi

Temi e motivi dei brani antologizzati
T4 L’omologazione televisiva • il consumismo come dittatura
• il potere della televisione come causa di una «morte dell’anima»
T5 Il romanzo delle stragi • l’atto d’accusa contro la classe politica al potere responsabile della “strategia della tensione”
• la funzione degli intellettuali

 T4 

L’omologazione televisiva


Riportiamo integralmente il capitolo 9 dicembre 1973. Acculturazione e acculturazione, in cui Pasolini sviluppa uno dei temi più dibattuti negli Scritti corsari: il potere occulto ma fortemente “seduttivo” della nuova ideologia edonistica che ha cambiato il carattere degli italiani spingendoli alla sola ricerca del benessere materiale.

Molti lamentano (in questo frangente dell’austerity)1 i disagi dovuti alla mancanza
di una vita sociale e culturale organizzata fuori dal Centro «cattivo» nelle periferie
«buone» (viste come dormitori senza verde, senza servizi, senza autonomia, senza
più reali rapporti umani). Lamento retorico. Se infatti ciò di cui nelle periferie si
5 lamenta la mancanza, ci fosse, esso sarebbe comunque organizzato dal Centro.
Quello stesso Centro2 che, in pochi anni, ha distrutto tutte le culture periferiche
dalle quali – appunto fino a pochi anni fa – era assicurata una vita propria, sostanzialmente
libera, anche alle periferie più povere e addirittura miserabili.
Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della
10 civiltà dei consumi. Il fascismo proponeva un modello, reazionario e monumentale,
che però restava lettera morta.3 Le varie culture particolari (contadine, sottoproletarie,
operaie) continuavano imperturbabili a uniformarsi ai loro antichi
modelli: la repressione si limitava ad ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al
contrario, l’adesione ai modelli imposti dal Centro, è totale e incondizionata. I
15 modelli culturali reali4 sono rinnegati. L’abiura5 è compiuta. Si può dunque affermare
che la «tolleranza» della ideologia edonistica voluta dal nuovo potere, è
la peggiore delle repressioni della storia umana. Come si è potuta esercitare tale
repressione? Attraverso due rivoluzioni, interne all’organizzazione borghese: la rivoluzione
delle infrastrutture e la rivoluzione del sistema d’informazioni. Le strade,
20 la motorizzazione ecc. hanno ormai strettamente unito la periferia al Centro,
abolendo ogni distanza materiale. Ma la rivoluzione del sistema d’informazioni è
stata ancora più radicale e decisiva. Per mezzo della televisione, il Centro ha assimilato

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a sé l’intero paese, che era così storicamente differenziato e ricco di culture
originali. Ha cominciato un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità
25 e concretezza. Ha imposto cioè – come dicevo – i suoi modelli: che sono i modelli
voluti dalla nuova industrializzazione, la quale non si accontenta più di un «uomo
che consuma», ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quella
del consumo. Un edonismo neolaico,6 ciecamente dimentico di ogni valore umanistico
e ciecamente estraneo alle scienze umane.
30 L’antecedente ideologia voluta e imposta dal potere era, come si sa, la religione:
e il cattolicesimo, infatti, era formalmente l’unico fenomeno culturale che
«omologava» gli italiani. Ora esso è diventato concorrente di quel nuovo fenomeno
culturale «omologatore» che è l’edonismo di massa: e, come concorrente, il
nuovo potere già da qualche anno ha cominciato a liquidarlo.
35 Non c’è infatti niente di religioso nel modello del Giovane Uomo e della Giovane
Donna proposti e imposti dalla televisione. Essi sono due Persone che avvalorano
la vita solo attraverso i suoi Beni di consumo (e, s’intende, vanno ancora
a messa la domenica: in macchina). Gli italiani hanno accettato con entusiasmo
questo nuovo modello che la televisione impone loro secondo le norme della Produzione
40 creatrice di benessere (o, meglio, di salvezza dalla miseria). Lo hanno
accettato: ma sono davvero in grado di realizzarlo?
No. O lo realizzano materialmente solo in parte, diventandone la caricatura,
o non riescono a realizzarlo che in misura così minima da diventarne vittime.
Frustrazione o addirittura ansia nevrotica sono ormai stati d’animo collettivi. Per
45 esempio, i sottoproletari, fino a pochi anni fa, rispettavano la cultura e non si
vergognavano della propria ignoranza. Anzi, erano fieri del proprio modello popolare
di analfabeti in possesso però del mistero della realtà. Guardavano con un
certo disprezzo spavaldo i «figli di papà», i piccoli borghesi, da cui si dissociavano,
anche quando erano costretti a servirli. Adesso, al contrario, essi cominciano a vergognarsi
50 della propria ignoranza: hanno abiurato dal proprio modello culturale (i
giovanissimi non lo ricordano neanche più, l’hanno completamente perduto), e il
nuovo modello che cercano di imitare non prevede l’analfabetismo e la rozzezza.
I ragazzi sottoproletari – umiliati – cancellano nella loro carta d’identità il termine
del loro mestiere, per sostituirlo con la qualifica di «studente». Naturalmente, da
55 quando hanno cominciato a vergognarsi della loro ignoranza, hanno cominciato
anche a disprezzare la cultura (caratteristica piccolo borghese, che essi hanno subito
acquisito per mimesi).7 Nel tempo stesso, il ragazzo piccolo borghese, nell’adeguarsi
al modello «televisivo» – che, essendo la sua stessa classe a creare e a volere,
gli è sostanzialmente naturale – diviene stranamente rozzo e infelice. Se i sottoproletari
60 si sono imborghesiti, i borghesi si sono sottoproletarizzati. La cultura che essi
producono, essendo di carattere tecnologico e strettamente pragmatico, impedisce
al vecchio «uomo» che è ancora in loro di svilupparsi.8 Da ciò deriva in essi una
specie di rattrappimento delle facoltà intellettuali e morali.
La responsabilità della televisione, in tutto questo, è enorme. Non certo in
65 quanto «mezzo tecnico», ma in quanto strumento del potere e potere essa stessa.

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Essa non è soltanto un luogo attraverso cui passano i messaggi, ma è un centro
elaboratore di messaggi. È il luogo dove si fa concreta una mentalità che altrimenti
non si saprebbe dove collocare. È attraverso lo spirito della televisione che si manifesta
in concreto lo spirito del nuovo potere.
70 Non c’è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva
come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e
le scritte sui cascinali di slogans mussoliniani fanno ridere: come (con dolore) l’aratro
rispetto a un trattore. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente
in grado nemmeno di scalfire l’anima del popolo italiano: il nuovo fascismo,9
75 attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la
televisione), non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata, bruttata10 per sempre…

      Dentro il testo

I contenuti tematici

L’ideologia dei consumi esercita sulle coscienze un potere coercitivo e omologante pressoché assoluto, e per questo ben superiore a quello della dittatura fascista: Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi (rr. 9–10). Infatti la dittatura mussoliniana per Pasolini aveva ottenuto dal popolo italiano un’obbedienza soltanto di facciata, mentre oggi, al contrario, l’adesione ai modelli imposti dal Centro, è totale e incondizionata (rr. 13–14). Perciò – conclude lo scrittore – la «tolleranza» della ideologia edonistica voluta dal nuovo potere, è la peggiore delle repressioni della storia umana (rr. 16–17): sotto un’apparenza di libertà, infatti, la logica economica che impone beni standardizzati per la massa determina inevitabilmente il rifiuto di ogni diversità. Affinché il sistema funzioni e si regga, gli individui devono assomigliare il più possibile l’uno all’altro, essere – insomma – «a una dimensione», come scriveva il filosofo tedesco Herbert Marcuse (1898–1979), tra i principali esponenti della Scuola di Francoforte.

I mezzi con cui si è arrivati a questo risultato sono per lo scrittore principalmente due: lo sviluppo delle infrastrutture (ampliamento della rete stradale e autostradale, motorizzazione ecc.), che ha avvicinato tutti al Centro, e quello delle comunicazioni di massa, con il ruolo decisivo della televisione e della pubblicità nell’imporre precisi modelli di comportamento.
A proposito di questo strumento di comunicazione, che negli anni Sessanta si era diffuso rapidamente e capillarmente anche in Italia, Pasolini interviene con parole di condanna in varie occasioni. Già in un documentario del 1962, La rabbia, egli aveva pronunciato un terribile atto d’accusa: «Una nuova arma è stata inventata per la diffusione dell’insincerità, della menzogna, del cattivo latino! […] Sperimentano modi per dividere la verità e per porgere la mezza verità che rimane attraverso l’unica voce che ha la borghesia per parlare: la voce che contrappone un’ironia umiliante a ogni ideale, la voce che contrappone gli scherzi alla Tragedia, la voce che contrappone il buon senso degli assassini agli eccessi degli uomini miti». E aveva definito i futuri spettatori come «milioni di candidati alla morte dell’anima».

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I modelli di consumo imposti dalla tv e dalla pubblicità sono tuttavia irraggiungibili per la maggior parte degli italiani, che non hanno le possibilità economiche necessarie ad acquistare i beni propagandati e a ottenere un livello di vita adeguato a quegli stessi modelli. L’impossibilità di soddisfare tali bisogni indotti (inautentici, ma comunque presenti nelle persone una volta che essi siano stati instillati) determina frustrazione o addirittura ansia nevrotica (r. 44) che Pasolini riscontra nei suoi connazionali.

Le scelte stilistiche

Lo sguardo di Pasolini sulla realtà è certamente molto personale, come lo è il suo modo di procedere nell’argomentazione, che intreccia spesso il rigore dell’analisi sociale a un’originale sensibilità, facendo presa sul lettore sia sul piano razionale sia su quello emotivo, con un taglio saggistico in cui si mescolano toni militanti e accensioni dai toni profetici.
La sua tendenza, qui e in diversi altri capitoli degli Scritti corsari, è quella di partire da una premessa di ordine generale, estrema e perentoria, assai chiara dal punto di vista ideologico (il centralismo della società dei consumi è più repressivo di quello della dittatura fascista), per poi svolgere un’analisi serrata attraverso la quale vengono enucleati alcuni concetti: la falsa tolleranza dell’edonismo di massa; l’omologazione da esso determinata; il ruolo coercitivo esercitato dalla televisione; l’appiattimento delle differenze di classe. Nelle righe finali l’autore torna, così chiudendo “ad anello” il suo ragionamento, all’assunto dal quale era partito, circoscrivendolo però, dal piano più ampio di prima, a quello più specifico riferito al mezzo televisivo: Non c’è dubbio […] che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo (rr. 70–71).

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Quali due totalitarismi confronta Pasolini fra loro? Come argomenta tale paragone?


2 Quale perdita ha determinato l’avvento del mezzo televisivo?


3 Perché l’edonismo di massa (r. 33) di cui parla l’autore è giudicato profondamente irreligioso?


4 Perché la televisione viene definita strumento del potere e potere essa stessa (r. 65)?


ANALIZZARE

5 Individua le anafore e le ripetizioni di termini. Qual è il loro scopo?


6 Rintraccia i vocaboli che evidenziano, sul piano ideologico, i presupposti marxisti dell’autore.


7 La «tolleranza» della ideologia edonistica […] è la peggiore delle repressioni della storia umana (rr. 16–17): di quale figura retorica si tratta?


8 Quale figura retorica possiamo ravvisare nell’inciso e, s’intende, vanno ancora a messa la domenica: in macchina (rr. 37–38)?


INTERPRETARE

9 Quali potrebbero essere il valore umanistico e le scienze umane di cui lo scrittore parla alle rr. 28–29?


10 Che cosa significa che in passato i sottoproletari erano analfabeti in possesso però del mistero della realtà (r. 47)?


11 Come possiamo spiegare l’apparente paradosso per cui da quando i sottoproletari hanno cominciato a vergognarsi della loro ignoranza, hanno cominciato anche a disprezzare la cultura (rr. 55–56)?


12 Perché il ragazzo piccolo–borghese nell’adeguarsi ai modelli imposti dalla televisione diviene stranamente rozzo e infelice (r. 59)?


PRODURRE

13 Le riflessioni di Pasolini contenute in questo brano (sul consumismo, sul ruolo della televisione e sulla crisi della religione tradizionale ecc.) ti sembrano ancora attuali oppure no? Argomenta la tua risposta in un testo di circa 40 righe.


14 Trasforma questo articolo in un’intervista in cui immagini di essere un cronista a colloquio con Pasolini.


Al cuore della letteratura - volume 6
Al cuore della letteratura - volume 6
Dal Novecento a oggi