Leggendo, più per passione che per motivi di studio, alcuni testi scientifici (soprattutto di cosmologia, di fisica, di genetica), l’autore racconta di essere stato colpito, di tanto in tanto, da una frase capace di suscitargli un’improvvisa creatività e lo sviluppo di una narrazione spesso paradossale. Le immagini, le situazioni e i personaggi scaturiti dalla fantasia danno così origine ai racconti delle Cosmicomiche (1965), di Ti con zero (1967) e delle
Cosmicomiche vecchie e nuove (1984), che raccolgono le due pubblicazioni precedenti. Venati di umorismo e ricchi di trovate surreali, i racconti cosmicomici trattano ipotesi, teorie e argomenti riguardanti la vita dell’universo in una forma leggera e apparentemente strampalata. Mediante l’unione tra i concetti di “cosmico” e “comico”, Calvino coniuga due approcci alla realtà. Con il primo, quello cosmico, egli tenta di ricondurre l’umanità a un rapporto diretto con le cose «grandi ed eccelse», con quella dimensione assoluta, cioè, che pare dimenticata da una società concentrata sull’osservazione dei particolari a discapito dell’universale. Con l’approccio comico, l’autore adotta una strategia (già sperimentata in Marcovaldo) utile a segmentare la Storia dell’universo in episodi, come accade nelle comiche del cinema muto o nelle strisce a fumetti dei comics, in cui, come scrive Calvino stesso, «un pupazzetto emblematico si trova di volta in volta in situazioni sempre diverse che pure seguono uno schema comune».
Inserito in questa visione “cosmocentrica” (anziché antropocentrica), l’essere umano subisce un processo di ridimensionamento, attraverso il quale da una parte si recupera il senso cosmico proprio dell’uomo primitivo, immerso nella natura e nel mondo al pari degli altri esseri viventi; ma dall’altra, grazie all’intervento del comico, si esorcizza una realtà percepita come tragica e penosa.