Al cuore della letteratura - volume 6

Il secondo Novecento e gli anni Duemila – L'autore: Carlo Emilio Gadda

 T3 

I manichini ossibuchivori

La cognizione del dolore, II, cap. 6


Questo brano della Cognizione è il finale pirotecnico della scena in cui Gonzalo scende in cucina per mangiare. La modestia e la scarsa luminosità della stanza fanno nascere in lui il ricordo dei tempi in cui la sua era una famiglia benestante, e lo inducono a paragonare la propria misera esistenza a quella dei borghesi arricchiti che lo circondano.

Sì, sì: erano consideratissimi, i fracs. Signori serî, nei «restaurants»1 delle stazioni,
e da prender sul serio, ordinavano loro con perfetta serietà «un ossobuco con risotto
». Ed essi,2 con cenni premurosi, annuivano. E ciò nel pieno possesso delle
rispettive facoltà mentali. Tutti erano presi sul serio: e si avevano in grande considerazione
5 gli uni gli altri. Gli attavolati3 si sentivano sodali4 nella eletta situazione
delle poppe,5 nella usucapzione d’un molleggio adeguato all’importanza del loro
deretano, 6 nella dignità del comando. Gli uni si compiacevano della presenza degli
altri, desiderata platea. E a nessuno veniva fatto di pensare, sogguardando il vicino,
«quanto è fesso!». Dietro l’Hymalaia7 dei formaggi, dei finocchi, il guardiasala
10 notificava le partenze: «¡Para Corrientes y Reconquista! ¡Sale a las diez el rápido de
Paraná! ¡Tercero andén!».8
[…]
Tutti, tutti: e più che mai quei signori attavolati. Tutti erano consideratissimi!
A nessuno, mai, era mai venuto in mente di sospettare che potessero anche essere
dei bischeri,9 putacaso,10 dei bambini di tre anni.
15 Nemmeno essi stessi, che pure conoscevano a fondo tutto quanto li riguardava,
le proprie unghie incarnite, e le verruche, i nèi, i calli, un per uno, le varici, i
foruncoli, i baffi solitari:11 neppure essi, no, no, avrebbero fatto di sé medesimi un
simile giudizio. E quella era la vita.
Fumavano. Subito dopo la mela. Apprestandosi a scaricare il fascino che da
20 lunga pezza12 oramai, cioè fin dall’epoca dell’ossobuco, si era andato a mano a
mano accumulando nella di loro persona – (come l’elettrico nelle macchine a strofinio)
– ecco, ecco, tutti eran certi che un loro impreveduto decreto avrebbe lasciato
scoccare sicuramente la importantissima scintilla, folgore e sparo di Signoria
su adeguato spinterogeno ambientale, di forchette in travaso.13 Cascate di posate
25 tintinnanti! Di cucchiaini!

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Ed erano appunto in procinto di addivenire14 a quell’atto imprevisto, e però
curiosissimo, ch’era così instantemente15 evocato dalla tensione delle circostanze.
Estraevano, con distratta noncuranza, di tasca, il portasigarette d’argento: poi, dal
portasigarette, una sigaretta, piuttosto piena e massiccia, col bocchino di carta d’oro;
30 quella te la picchiettavano leggermente sul portasigarette, richiuso nel frattempo
dall’altra mano, con un tatràc; la mettevano ai labbri;16 e allora, come infastiditi,
mentre che una sottil ruga orizzontale si delineava sulla lor fronte, onnubilata di
cure altissime,17 riponevano il trascurabile portasigarette. Passati alla cerimonia dei
fiammiferi, ne rinvenivano finalmente, dopo aver cercato in due o tre tasche, una
35 bustina a matrice:18 ma, apertala, si constatava che n’erano già stati tutti spiccati,19
per il che, con dispitto,20 la bustina veniva immantinenti21 estromessa dai confini
dell’Io. E derelitta, ecco giaceva nel piatto, con bucce. Altra, infine, soccorreva, stanata
ultimamente dal 123° taschino. Dissigillavano il francobollo-sigillo, ubiqua
immagine del Fisco Uno e Trino,22 fino a denudare in quella pettinetta miracolosa
40 la Urmutter di tutti gli spiritelli con capocchia.23 Ne spiccavano24 una unità, strofinavano,
accendevano; spianando a serenità nuova la fronte, già così sopraccaricata
di pensiero; (ma pensiero fessissimo,25 riguardante, per lo più, articoli di bigiutteria
in celluloide26). Riponevano la non più necessaria cartina in una qualche altra
tasca: quale? oh! se ne scordano all’atto stesso; per aver motivo di rinnovare (in
45 occasione d’una contigua sigaretta) la importantissima e fruttuosa ricerca.
Dopo di che, oggetto di stupefatta ammirazione da parte degli «altri tavoli», aspiravano
la prima boccata di quel fumo d’eccezione, di Xanthia, o di Turmac;27 in una
voluttà da sibariti in trentaduesimo,28 che avrebbe fatto pena a un turco stitico.
E così rimanevano: il gomito appoggiato sul tavolino, la sigaretta fra medio
50 e indice, emanando voluttuosi ghirigori; mescolati di miasmi, questo si sa, dei
bronchi e dei polmoni felici, mentre che lo stomaco era tutto messo in giulebbe,29
e andava dietro come un disperato ameboide a mantrugiare e a peptonizzare30
l’ossobuco. La peristalsi31 veniva via con un andazzo trionfale, da parer canto e
trionfo, e presagio lontano di tamburo, la marcia trionfale dell’Aida o il toreador
55 della Carmen.
Così rimanevano. A guardare. Chi? Che cosa? Le donne? Ma neanche. Forse rimirare
se stessi nello specchio delle pupille altrui. In piena valorizzazione dei loro
polsini, e dei loro gemelli da polso. E della loro faccia di manichini ossibuchivori.32

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Dal Novecento a oggi