Giuseppe Ungaretti – L'opera

L’allegria

Sarebbe difficile rintracciare nella poesia italiana, e non solo, una parola quale quella ungarettiana, così pura e carica di valore simbolico. Nell’Allegria la troviamo depositata nel bianco della pagina – per usare un’espressione del poeta stesso – «come una ferita di luce nel buio», liberata dalla polvere della tradizione e capace così di esprimere senza orpelli la realtà profonda dell’io.
Ciascuna di queste parole denudate concorre a esprimere una rivelazione, tanto più eloquente quanto più tragica, urgente e immediata è l’occasione che l’ha ispirata, fissandola su fogli di fortuna, tra i pidocchi e il fango delle trincee.
In tal modo, nel cuore stesso della prima grande catastrofe mondiale che ha sconvolto l’Europa del Novecento, Ungaretti riesce a scavare una nicchia di vitalità, uno spazio in cui la disperazione si compone e perfino si trasforma in meraviglia per l’esistenza e per la poesia.

1 Una gestazione complessa

L’allegria accoglie alcuni testi apparsi inizialmente sulla rivista “Lacerba” nel 1915 e riunisce con qualche esclusione i componimenti delle prime due raccolte ungarettiane, Il porto sepolto (composto da 32 poesie), pubblicato nel 1916 grazie all’interessamento di un ufficiale conosciuto al fronte, Ettore Serra, e Allegria di naufragi, edita nel 1919. Dopo un’edizione uscita nel 1923, con la prefazione di Benito Mussolini e ancora intitolata Il porto sepolto, l’opera subisce una serie di revisioni e rifacimenti, fino alla pubblicazione con il titolo e la struttura definitivi avvenuta nel 1931. Ulteriori varianti vengono poi apportate nelle successive edizioni, datate 1936 e 1942. Quest’ultima confluirà nella raccolta completa dell’opera ungarettiana, uscita nel 1969 con il titolo Vita d’un uomo.

L’«allegria» è, come spiega il poeta stesso, l’«esultanza che l’attimo, avvenendo, dà perché fuggitivo, attimo che soltanto amore può strappare al tempo, l’amore più forte che non possa essere la morte». Anche nel momento in cui tutto sembra perduto, quando la desolazione e la morte tentano di prendere il sopravvento sulla felicità e sulla vita, Ungaretti afferma il desiderio di sottrarre l’esistenza all’usura del tempo e alle tragiche circostanze della Storia. Nel titolo originario, Allegria di naufragi, che accostava come in un ossimoro l’immagine dell’“allegria” a quella del “naufragio”, egli intendeva appunto evidenziare l’ambivalenza del vivere, in cui si intrecciano bellezza e morte, entusiasmo e frustrazione. La scelta successiva di esprimere soltanto la valenza positiva corrisponde non solo alla ricerca di una essenzialità sempre maggiore, ma anche alla volontà di privilegiare l’energia e la brama vitale che costituiscono la natura stessa dell’avventura umana.

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Questa visione dell’esistenza contraddistingue tutto lo sviluppo del libro: dalle liriche ambientate nei remoti luoghi d’origine, quando ad Alessandria d’Egitto il poeta si affaccia al paesaggio e ai sentimenti dell’adolescenza, fino all’esperienza vissuta nelle trincee della Grande guerra, dove l’impulso spontaneo di vivere si impone sulla precarietà, sul dolore e sulla strage.

2 La struttura e i temi

La suddivisione interna dei testi

Articolata in 5 parti di complessive 74 poesie, la raccolta si compone di versi scritti tra il 1914 e il 1919, collocati in modo da rispettare sostanzialmente l’ordine cronologico.

La prima sezione si intitola paradossalmente Ultime e comprende i testi più “antichi”, le ultime prove prima di una stagione poetica del tutto nuova (da qui il titolo, che rischia pertanto di confondere): si tratta delle poesie pubblicate sulla rivista fiorentina “Lacerba”, considerate dall’autore una sorta di tirocinio precedente all’ingresso nell’autentica sfera dell’arte.

Con il componimento In memoria, scritto in ricordo dell’amico egiziano Moammed Sceab, morto suicida nel 1913, si apre la seconda sezione del libro, Il porto sepolto: il titolo richiama la città natale, Alessandria d’Egitto, che nell’acqua della baia custodirebbe i resti di strutture portuali ancora più antiche della città stessa. Ungaretti attribuisce a questo luogo un significato simbolico: il poeta deve far emergere dal profondo una voce e un messaggio destinati all’intera umanità. Con le sue parole egli sollecita l’uomo a non arrendersi di fronte alle sconfitte e a ricercare un alto significato nell’accettazione del destino comune, comunicando i valori della speranza e della meraviglia.

Da qui in poi, il motivo principale di tutto il resto della raccolta è l’esperienza vissuta da soldato nella Prima guerra mondiale, dalla quale il poeta trae la volontà di «vivere nonostante tutto». La riflessione sull’esistenza si dispiega anche nelle due sezioni Naufragi e Girovago, dove accanto all’istintiva vitalità affiorano la stanchezza interiore, la malinconia e un senso di abbandono che accompagna la presenza incombente della morte.

Una sensibilità turbata e sofferente attraversa anche l’ultima sezione della raccolta, intitolata Prime, che comprende poesie composte dopo la fine del conflitto e considerate dall’autore come il preannuncio di una nuova stagione poetica.

Al cuore della letteratura - volume 6
Al cuore della letteratura - volume 6
Dal Novecento a oggi