1 - La vita

Il primo Novecento – L'autore: Giuseppe Ungaretti

1 La vita

Un apolide avventuroso

Giuseppe Ungaretti nasce nel 1888 ad Alessandria d’Egitto dove il padre, di origine lucchese, si era trasferito con la moglie, per lavorare come sterratore al canale di Suez. Gli anni dell’infanzia sono fondamentali nella formazione del futuro poeta, a contatto con una serie di ambienti e suggestioni che troveremo poi nella sua opera. Innanzitutto il paesaggio: il deserto, le serate di luna piena che illuminano la «povertà della nostra casa, che era fuori porta, in una zona in subbuglio, una baracca con la corte e le galline, l’orto e tre piante di fichi fatte venire dalla campagna di Lucca».
Ad avvicinarlo alla letteratura è soprattutto l’amicizia con Enrico Pea, giovane intellettuale versiliano che in quel tempo abita ad Alessandria dove si dedica al commercio: nella soffitta della segheria-emporio di questi, chiamata la “Baracca rossa”, Ungaretti conosce una varia umanità di transfughi da tutta Europa, accomunati dall’amore per l’arte e dalle idee politiche vicine all’anarchia. Contemporaneamente affina la sua formazione letteraria, studiando soprattutto i testi di Baudelaire, Mallarmé e d’Annunzio, nel quadro di una cultura bilingue (italiana e francese), alimentata dalla vorace lettura di due importanti riviste: la fiorentina “La Voce” e la parigina “Mercure de France”.

Quando nel 1912 si trasferisce a Parigi, Ungaretti può dunque già disporre di un notevole bagaglio culturale. L’esperienza francese, a sua volta, si rivela estremamente feconda: la mattina frequenta la facoltà di Lettere della Sorbona, seguendo soprattutto i corsi del filosofo Henri Bergson; la sera incontra nei caffè poeti e pittori dell’avanguardia (tra i quali Guillaume Apollinaire), ma si intrattiene anche con gli intellettuali italiani che in quel periodo frequentano la capitale francese, da Ardengo Soffici a Giovanni Papini, ai quali si sente unito dal desiderio di svecchiare la cultura italiana tradizionale, già del resto messa in crisi dagli attacchi futuristi.

Lo scoppio della Prima guerra mondiale lo costringe a imprimere una svolta alla sua esistenza: il poeta, che intanto ha pubblicato i primi versi, ospitati nel 1915 dalla rivista futurista “Lacerba”, decide di tornare in patria per arruolarsi volontario come soldato semplice: «Qualsiasi cosa», ricorderà anni dopo, «m’avesse minimamente distinto da un altro fante, mi sarebbe sembrata un odioso privilegio e un gesto offensivo verso il popolo al quale, accettando la guerra nello stato più umile, avevo inteso dare un segno di completa dedizione». Viene inviato sul Carso, dove i suoi entusiasmi interventisti si spengono a contatto con la disorganizzazione in cui versa l’esercito italiano: dall’esperienza vissuta al fronte nascono le poesie edite nel 1916 nelle ottanta copie della sua prima raccolta: Il porto sepolto.

Al termine del conflitto, Ungaretti torna a Parigi in qualità di corrispondente del “Popolo d’Italia”, il giornale fondato da Benito Mussolini. Al futuro dittatore lo lega il desiderio di vedere attuata in Italia una rivoluzione «nell’ordine», che sappia ricostituire lo «spirito di coesione» e «di unità della nazione», e così nel 1919 si unisce ai Fasci di combattimento.

Al cuore della letteratura - volume 6
Al cuore della letteratura - volume 6
Dal Novecento a oggi