Al cuore della letteratura - volume 6

Il primo Novecento – L'autore: Luigi Pirandello

 T8 

La condanna alla follia

Enrico IV, atto III


Riportiamo le pagine conclusive del dramma, quando un dottore escogita una messa in scena per far rinsavire Enrico (che in realtà ha già riacquistato il senno da otto anni). Egli ha preparato un incontro del falso folle con Matilde, la donna che aveva amato, e sua figlia Frida, vestite entrambe come il personaggio storico della contessa Matilde di Canossa, lo stesso travestimento indossato dalla marchesa il giorno della caduta di Enrico da cavallo. Frida assomiglia in modo impressionante a sua madre da giovane, e la sua vista dovrebbe riportare Enrico a quel momento di vent’anni prima, facendogli riprendere da lì una nuova vita: «Come un orologio che si sia arrestato a una cert’ora, e che si rimetta a segnare il suo tempo, dopo un così lungo arresto». Ma mentre il protagonista è sconvolto dall’apparizione di Frida, irrompono sulla scena Matilde, Belcredi e il Dottore, i quali hanno appreso dai servi che il pazzo non è più tale.

ENRICO IV […] Caso interessantissimo, dottore! Studiatemi, studiatemi bene!
Vibra tutto, parlando:
Da sé,1 chi sa come, un giorno, il guasto qua…
si tocca la fronte
5 che so… si sanò. Riapro gli occhi a poco a poco, e non so in prima2 se sia sonno
o veglia; ma sì, sono sveglio; tocco questa cosa e quella: torno a vedere chiaramente…
Ah! – come lui dice –
accenna a Belcredi
via, via allora, quest’abito da mascherato! questo incubo! Apriamo le finestre:
10 respiriamo la vita! Via, via, corriamo fuori!
Arrestando d’un tratto la foga:
Dove? a far che cosa? a farmi mostrare a dito da tutti, di nascosto, come Enrico
IV, non più così, ma a braccetto con te,3 tra i cari amici della vita?
BELCREDI Ma no! Che dici? Perché?
15 DONNA MATILDE Chi potrebbe più…? Ma neanche a pensarlo! Se fu una disgrazia!
ENRICO IV Ma se già mi chiamavano pazzo, prima, tutti!
A Belcredi
E tu lo sai! Tu che più di tutti ti accanivi contro chi tentava difendermi!
BELCREDI Oh, via, per ischerzo!
20 ENRICO IV E guardami qua i capelli!
Gli mostra i capelli sulla nuca.
BELCREDI Ma li ho grigi anch’io!
ENRICO IV Sì, con questa differenza: che li ho fatti grigi qua, io, da Enrico IV,4 capisci?
E non me n’ero mica accorto! Me n’accorsi in un giorno solo, tutt’a un tratto,

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25 riaprendo gli occhi, e fu uno spavento, perché capii subito che non solo i capelli,
ma doveva esser diventato grigio tutto così, è tutto crollato, tutto finito: e
che sarei arrivato con una fame da lupo a un banchetto già bell’e sparecchiato.
BELCREDI Eh, ma gli altri, scusa…
ENRICO IV (subito) Lo so, non potevano stare ad aspettare ch’io guarissi, nemmeno
30 quelli che, dietro a me, punsero a sangue il mio cavallo bardato…5
DI NOLLI6 (impressionato) Come, come?
ENRICO IV Sì, a tradimento, per farlo springare7 e farmi cadere!
DONNA MATILDE (subito, con orrore) Ma questo lo so adesso, io!8
ENRICO IV Sarà stato anche questo per uno scherzo!9
35 DONNA MATILDE Ma chi fu? Chi stava dietro alla nostra coppia?
ENRICO IV Non importa saperlo! Tutti quelli che seguitarono a banchettare10 e che
ormai mi avrebbero fatto trovare i loro avanzi, Marchesa, di magra o molle pietà,
o nel piatto insudiciato qualche lisca di rimorso, attaccata. Grazie!
Voltandosi di scatto al Dottore:
40 E allora, dottore, vedete se il caso non è veramente nuovo negli annali della
pazzia! – preferii restar pazzo – trovando qua tutto pronto e disposto per questa
delizia di nuovo genere: viverla – con la più lucida coscienza – la mia pazzia
e vendicarmi così della brutalità d’un sasso che m’aveva ammaccato la testa!
La solitudine – questa – così squallida e vuota come m’apparve riaprendo gli
45 occhi11 – rivestirmela subito, meglio, di tutti i colori e gli splendori di quel lontano
giorno di carnevale, quando voi
guarda Donna Matilde e le indica Frida12
eccovi là, Marchesa, trionfaste! – e obbligar tutti quelli che si presentavano a
me, a seguitarla, perdio, per il mio spasso, ora, quell’antica famosa mascherata13
50 che era stata – per voi e non per me – la burla di un giorno! Fare che diventasse
per sempre – non più una burla, no; ma una realtà, la realtà di una vera
pazzia: qua, tutti mascherati, e la sala del trono, e questi quattro miei consiglieri
segreti, e – s’intende – traditori!14
Si volta subito verso di loro.
55 Vorrei sapere che ci avete guadagnato, svelando che ero guarito! – Se sono guarito,
non c’è più bisogno di voi, e sarete licenziati! – Confidarsi con qualcuno,
questo sì, è veramente da pazzo! – Ah, ma vi accuso io, ora, a mia volta! – Sapete?
– Credevano di potersi mettere a farla anche loro adesso la burla, con me,
alle vostre spalle.15
60 Scoppia a ridere. Ridono ma sconcertati, anche gli altri, meno Donna Matilde.

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BELCREDI (al Di Nolli) Ah, senti… non c’è male…
DI NOLLI (ai quattro giovani) Voi?
ENRICO IV Bisogna perdonarli! Questo,
si scuote l’abito addosso
65 questo che è per me la caricatura, evidente e volontaria, di quest’altra mascherata,
continua, d’ogni minuto, di cui siamo i pagliacci involontarii
indica Belcredi
quando senza saperlo ci mascheriamo di ciò che ci par d’essere – l’abito, il loro
abito, perdonateli, ancora non lo vedono come la loro stessa persona.
70 Voltandosi di nuovo a Belcredi:
Sai? Ci si assuefà facilmente. E si passeggia come niente, così, da tragico
personaggio –
eseguisce
– in una sala come questa! – Guardate, dottore! – Ricordo un prete – certamente
75 irlandese – bello – che dormiva al sole, un giorno di novembre, appoggiato
col braccio alla spalliera del sedile, in un pubblico giardino: annegato nella
dorata delizia di quel tepore, che per lui doveva essere quasi estivo. Si può star
sicuri che in quel momento non sapeva più d’esser prete, né dove fosse. Sognava!
E chi sa che sognava! – Passò un monello, che aveva strappato con tutto il
80 gambo un fiore. Passando, lo vellicò,16 qua al collo. – Gli vidi aprir gli occhi
ridenti; e tutta la bocca ridergli del riso beato del suo sogno; immemore: ma
subito vi so dire che si ricompose rigido nel suo abito da prete e che gli ritornò
negli occhi la stessa serietà che voi avete già veduta nei miei; perché i preti irlandesi
difendono la serietà della loro fede cattolica con lo stesso zelo con cui io i
85 diritti sacrosanti della monarchia ereditaria.17 – Sono guarito, signori: perché so
perfettamente di fare il pazzo, qua; e lo faccio, quieto! – Il guajo è per voi che la
vivete agitatamente, senza saperla e senza vederla la vostra pazzia.
BELCREDI Siamo arrivati, guarda! alla conclusione, che i pazzi adesso siamo noi!
ENRICO IV (con uno scatto che pur si sforza di contenere) Ma se non foste pazzi, tu e lei
90 insieme,
indica la Marchesa
sareste venuti da me?
BELCREDI Io, veramente, sono venuto credendo che il pazzo fossi tu.
ENRICO IV (subito forte, indicando la Marchesa) E lei?
95 BELCREDI Ah lei, non so… Vedo che è come incantata da quello che tu dici… affascinata
da codesta tua «cosciente» pazzia!
Si volge a lei:
Parata come già siete,18 dico, potreste anche restare qua a viverla, Marchesa…

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DONNA MATILDE Voi siete un insolente!
100 ENRICO IV (subito, placandola) Non ve ne curate!19 Non ve ne curate! Seguita a cimentare.
Eppure il dottore glie l’ha avvertito, di non cimentare.20
Voltandosi a Belcredi:
Ma che vuoi che m’agiti più ciò che avvenne tra noi;21 la parte che avesti nelle
mie disgrazie con lei22
105 indica la Marchesa e si rivolge ora a lei indicandole il Belcredi
la parte che lui adesso ha per voi!23 – La mia vita è questa! Non è la vostra! – La
vostra, in cui siete invecchiati, io non l’ho vissuta! –
A Donna Matilde:
Mi volevate dir questo, dimostrar questo, con vostro sacrificio, parata così per
110 consiglio del dottore? Oh, fatto benissimo, ve l’ho detto, dottore: – «Quelli che
eravamo allora, eh? e come siamo adesso?» – Ma io non sono un pazzo a modo
vostro, dottore! Io so bene che quello
indica il Di Nolli
non può esser me, perché Enrico IV sono io: io, qua, da venti anni, capite? Fisso
115 in questa eternità di maschera! Li ha vissuti lei,
indica la Marchesa
se li è goduti lei, questi venti anni, per diventare – eccola là – come io non posso
riconoscerla più: perché io la conosco così24
indica Frida e le si accosta
120 – per me, è questa sempre… Mi sembrate tanti bambini, che io possa spaventare.
A Frida:
E ti sei spaventata davvero tu, bambina, dello scherzo che ti avevano persuaso
a fare, senza intendere che per me non poteva essere lo scherzo che loro credevano;
ma questo terribile prodigio: il sogno che si fa vivo in te, più che mai! Eri
125 lì un’immagine; ti hanno fatta persona viva – sei mia! sei mia! mia! di diritto
mia!
La cinge con le braccia, ridendo come un pazzo, mentre tutti gridano atterriti; ma come
accorrono per strappargli Frida dalle braccia, si fa terribile, e grida ai suoi quattro
giovani
:
130 Tratteneteli! Tratteneteli! Vi ordino di trattenerli!
I quattro giovani, nello stordimento, quasi affascinati, si provano a trattenere automaticamente
il Di Nolli, il Dottore, il Belcredi
.

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BELCREDI (si libera subito e si avventa su Enrico IV) Lasciala! Lasciala! Tu non sei
pazzo!25
135 ENRICO IV (fulmineamente, cavando la spada dal fianco di Landolfo che gli sta presso) Non
sono pazzo? Eccoti!
E lo ferisce al ventre.
È un urlo d’orrore. Tutti accorrono a sorreggere il Belcredi, esclamando in tumulto.
DI NOLLI T’ha ferito?
140 BERTOLDO L’ha ferito! L’ha ferito!
DOTTORE Lo dicevo io!
FRIDA Oh Dio!
DI NOLLI Frida, qua!
DONNA MATILDE È pazzo! È pazzo!
145 DI NOLLI Tenetelo!
BELCREDI (mentre lo trasportano di là, per l’uscio a sinistra, protesta ferocemente) No!
Non sei pazzo! Non è pazzo! Non è pazzo!
Escono per l’uscio a sinistra, gridando, e seguitano di là a gridare finché sugli altri gridi se
ne sente uno più acuto di Donna Matilde,
26 a cui segue un silenzio.
150 ENRICO IV (rimasto sulla scena tra Landolfo, Arialdo e Ordulfo, con gli occhi sbarrati, esterrefatto
dalla vita della sua stessa finzione che in un momento lo ha forzato al delitto
)
Ora sì… per forza…
li chiama attorno a sé, come a ripararsi,
qua insieme, qua insieme… e per sempre!

      Dentro il testo

I contenuti tematici

Nelle battute finali del dramma il protagonista confessa agli astanti di non essere più pazzo, ma al tempo stesso lamenta l’impossibilità di tornare a una vita normale. Passati tanti anni, egli si accorge che ormai il banchetto è già bell’e sparecchiato (r. 27), cioè, fuor di metafora, che la vita è stata goduta da altri, mentre lui era recluso nel carcere mentale e fisico della sua pazzia. Ora è rinsavito, ma per lui rimangono solo avanzi (r. 37), una magra o molle pietà (rr. 37-38) o, al massimo, un po’ di rimorso (r. 38) da parte degli altri.
L’unica soluzione che gli appare possibile, dunque, è quella di vivere la propria condizione con la più lucida coscienza (r. 42), vale a dire con piena consapevolezza, per scelta e non per accidente. D’altra parte – afferma Enrico – la finzione accomuna tutti, pazzi e sani di mente, essendo una generale consuetudine sociale: i panni regali che egli ha vestito per tanti anni, e che continua anche ora a indossare, sono soltanto la caricatura, evidente e volontaria, di quest’altra mascherata, continua, d’ogni minuto, di cui siamo i pagliacci involontarii (rr. 65-66), vale a dire il simbolo esasperato dell’abitudine a fingere, ad assumere maschere e ruoli rigidi, che tutti noi manteniamo nei rapporti interpersonali di tutti i giorni. Ma a differenza di Enrico, che ha scelto di fare della maschera la propria realtà, gli altri non sono in grado di vedere che l’abito, la maschera che portano su di sé, corrisponde ormai alla loro stessa persona (r. 69).

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La finzione può però assumere una vita autonoma, inconsapevole, anche in chi, come Enrico, normalmente sia cosciente del carattere “teatrale” del nostro agire e del nostro atteggiarci: è proprio quella vita che in un momento lo ha forzato al delitto (r. 151). A questo punto solo la prosecuzione della sua recita potrà evitargli la punizione per il delitto compiuto. Perciò non gli resta che continuare a fingere: Ora sì… per forza… (r. 152). Dopo avere rivelato di essere guarito dalla follia, adesso, avendo ucciso Belcredi, Enrico si è condannato a portare per sempre la maschera e a rimanere ancorato a un destino di solitudine assoluta.

Le scelte stilistiche

Nello strutturare il suo dramma, Pirandello riprende alcuni topoi* del teatro tradizionale, come il colpo di scena nel momento in cui culmina la vicenda (qui la rivelazione che il protagonista non è pazzo, ma ha soltanto finto di esserlo) e il finale melodrammatico (in questo caso la punizione del colpevole). Tuttavia, tali elementi sono inseriti in un contesto la cui finzione viene esplicitamente esibita: un castello falso, personaggi mascherati con costumi medievali da operetta, un protagonista che simula di essere pazzo, una storia apertamente inverosimile. In tal modo il pubblico viene di continuo avvertito che il dramma non è reale e neppure realistico, ma che si tratta, appunto, di un’invenzione fantasiosa. Ciò determina come conseguenza un raffreddamento dell’adesione emotiva dello spettatore alle vicende rappresentate, a favore di un maggior distacco razionale.

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Riassumi in circa 10 righe il contenuto delle parole rivolte da Enrico agli astanti.


2 Perché Enrico trafigge Belcredi? Che cosa stava cercando di impedirgli di fare quest’ultimo?


ANALIZZARE

3 Rintraccia nelle battute di Enrico la presenza di toni ironici e sarcastici.


INTERPRETARE

4 Quali sentimenti ti sembra provare Matilde nei confronti di Enrico? Motiva la tua risposta con opportuni riferimenti al testo.


5 In che modo l’aneddoto del prete irlandese (Ricordo un prete… della monarchia ereditaria, rr. 74-85) si lega alla situazione di Enrico?


PRODURRE

6 Partendo da questo brano e riferendoti ad altri testi di Pirandello, inquadra il tema del rapporto fra normalità e pazzia nell’opera dell’autore in un testo espositivo di circa 50 righe.


Al cuore della letteratura - volume 6
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Dal Novecento a oggi