L’io diviso

Il primo Novecento – L'autore: Luigi Pirandello

L’io diviso

Nel pensiero comune il nome proprio rappresenta l’unicità dell’individuo: è il simbolo stesso della sua identità. Conducendo una critica serrata alla razionalità di un soggetto forte e sicuro di sé e del proprio io pensante, Pirandello smonta questa convinzione illusoria di coerente unitarietà dell’io e giunge alla frantumazione totale del soggetto. Alla domanda “Chi sono io?”, che condiziona tutta la filosofia occidentale da Cartesio in poi, il personaggio pirandelliano non sa più rispondere, smarrito nella selva di immagini che gli altri proiettano su di lui, privo di certezze, persino di quelle che lo definiscono in quanto individuo, differenziandolo da tutti gli altri.

Nell’opera pirandelliana lo specchio è elemento centrale da cui spesso scaturisce la crisi dell’identità individuale: di fronte alla sua superficie “riflettente” è possibile, anche se solo per brevi istanti, «vedersi vivere», cogliendo l’immagine che di noi appare all’esterno. Lo sdoppiamento del corpo che si riflette nello specchio provoca un effetto straniante, del tutto simile a quello che si prova di fronte a una fotografia scattata a nostra insaputa: l’uno diventa doppio e, dunque, non si riconosce più, proprio per la difficoltà di far coincidere l’immagine mentale del proprio io con ciò che lo specchio restituisce, nella sua qualità di implacabile occhio esterno.
Del resto, influenzato dalle teorie dello psicologo francese Alfred Binet (1857-1911), Pirandello arriva a elaborare una sorta di teoria della coesistenza di opposte personalità, concepite non solo in progressivo mutamento attraverso fasi successive (oggi sono diverso da come ero ieri), ma esistenti anche nello stesso istante in una singola individualità.

La fittizia costruzione di un ruolo – quello del buon padre di famiglia, dell’onesto lavoratore, della persona ideale che crediamo di essere – si dissolve così di fronte a ciò che gli altri pensano di noi. Annullandosi nella corrente del vitalismo l’individuo può, però, superare la solitudine di sapersi «nessuno», cioè l’inquietante percezione della nullità del proprio essere in relazione al continuo fluire della vita (è ciò che accade a Vitangelo Moscarda). Ci si potrà allora riconoscere moltiplicati in ogni essere vivente del cosmo, fino a essere «centomila». La soluzione prospettata nell’ultima parte di Uno, nessuno e centomila – romanzo-simbolo di questa operazione di scomposizione dell’io – consiste nell’abbandonare la propria individualità per riscoprirsi parte di un tutto più grande, che cancella ogni connotazione personale per riconsegnarla alla natura universale della vita.

Al cuore della letteratura - volume 6
Al cuore della letteratura - volume 6
Dal Novecento a oggi