1 - La vita

Il primo Novecento – L'autore: Luigi Pirandello

1 La vita

L’infanzia e l’adolescenza siciliana

Luigi Pirandello nasce nel 1867 a Girgenti (dal 1927 Agrigento), in una contrada di campagna dove sorge un casale chiamato “Il Caos”, in cui la famiglia si è ritirata per sfuggire a un’epidemia di colera. In un Frammento d’autobiografia del 1893 Pirandello si soffermerà sul significato simbolico del nome di quel luogo: «Io dunque son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà». Il paesaggio che lo circonda resterà impresso nella memoria dello scrittore come uno scenario di luci e colori dal genuino sapore siciliano: «caddi come una lucciola / sotto un pino solitario / in una campagna / d’olivi saraceni / affacciata agli orli / d’un altipiano / d’argille azzurre / sul mare africano».
Il clima familiare è intriso di patriottismo e di tradizioni antiborboniche: il padre Stefano e uno zio di parte materna, Rocco, hanno partecipato alle imprese di Garibaldi. I ricordi di una stagione risorgimentale indirettamente vissuta alimenteranno – senza celebrazioni, ma anzi sotto forma di amara delusione per gli ideali traditi dalla nuova realtà unitaria – parte della produzione dello scrittore, e in particolare il romanzo I vecchi e i giovani.
Il padre, che gestisce alcune miniere di zolfo permettendo alla famiglia di vivere con una certa agiatezza, è uomo dal temperamento esuberante e spesso violento; la madre è invece dolce e affettuosa. Luigi, condizionato dal comportamento aggressivo della figura paterna, comincia a percepire la famiglia come una trappola, una ragnatela che soffoca le aspirazioni individuali sacrificandole sull’altare delle convenzioni borghesi.

Negli anni dell’infanzia Pirandello assorbe gli elementi fondamentali della tradizione religiosa siciliana: nonostante un’impronta domestica anticlericale che non lo indirizza verso pratiche di devozione regolari, infatti, egli subisce il fascino delle favole narrate dalla nutrice Maria Stella, intrise di superstizioni, misticismo e credenze magico-popolari. Un patrimonio, questo, destinato a diventare una fonte costante di ispirazione e di suggestione per il futuro scrittore.
La sua istruzione elementare è curata da un precettore privato, in modo del tutto simile a ciò che avverrà al protagonista del suo più noto romanzo, Mattia Pascal. La passione per la lettura dei classici si affianca subito all’attrazione per il teatro, tanto che già a dodici anni Pirandello scrive una tragedia, Barbaro, andata perduta.

Nel 1879 la famiglia si trasferisce a Palermo e il giovane Pirandello ottiene il permesso di frequentare il ginnasio invece delle scuole tecniche a cui il padre avrebbe voluto avviarlo. Nel 1886 si iscrive contemporaneamente (come era possibile fare allora) alle facoltà di Lettere e di Legge, entrando anche in contatto con gli ambienti intellettuali che sostenevano la formazione dei Fasci siciliani, il movimento di ispirazione socialista formato da contadini e minatori.
Lontano dall’angusto orizzonte culturale di Girgenti, Pirandello trova finalmente gli stimoli di cui ha bisogno: frequenta i teatri e i più vivaci ambienti culturali, e inizia anche a scrivere alcuni drammi, senza però ricevere riscontri positivi da parte delle compagnie della città. Tornato per un certo periodo a Girgenti, affianca il padre nella gestione delle miniere di zolfo: il contatto diretto con le durissime condizioni di vita delle solfatare sarà fondamentale per tratteggiare scenari e personaggi di alcune novelle, come Il fumo e Ciàula scopre la luna.

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Tra Roma e la Germania

Nel 1887 Pirandello giunge a Roma, dove prosegue gli studi all’Università “La Sapienza” fino a quando, dopo un contrasto con un docente di Letteratura latina, nonché rettore, è costretto a chiedere il trasferimento in un altro ateneo. Giunto a Bonn, in Germania, nel 1889, completa gli studi e due anni dopo si laurea in Filologia romanza con una tesi in tedesco sugli sviluppi fonetici dei dialetti greco-siculi. Si chiude così la sua esperienza di ricerca linguistica e filologica, mentre il suo interesse vira ormai decisamente verso l’attività creativa.

Gli anni trascorsi in Germania sono segnati dall’amore per Jenny Schulz-Lander e dal contatto con la poesia e la cultura tedesca. Pirandello vive il rapporto con Jenny sotto il segno di una freschezza giovanile che non gli capiterà più di provare in futuro, in contrasto con la relazione ufficiale che lo tiene avvinto alla cugina Lina, la fidanzata in Sicilia.
Non è invece facile dire che cosa sia davvero rimasto della cultura tedesca nella formazione del giovane Pirandello: una parte della critica sostiene che sia stata un’esperienza fondamentale per la messa a punto di uno dei cardini della sua poetica, il concetto di umorismo; un’altra parte si mostra invece più scettica e tende a ridimensionarla come semplice conclusione di un rigoroso curriculum universitario specialistico.

Dopo un breve soggiorno in Sicilia, durante il quale annulla ufficialmente il fidanzamento con Lina, nel 1893 Pirandello torna a Roma, prendendovi stabilmente dimora. Il fascino di questa città antica e sacra, capitale del nuovo Stato unitario ma ancora lontana dalla frenesia della società moderna, colpisce lo scrittore per le sue laceranti contraddizioni: come succederà a Mattia Pascal, Roma appare a Pirandello «acquasantiera» e insieme «portacenere», scrigno delle glorie del passato e al contempo bellezza dissacrata dallo scempio di una speculazione edilizia senza freni e dalla degradazione borghese che l’ha trasformata in «simbolo della frivolezza di questa miserrima vita nostra».
Fondamentale si rivela in questo momento l’amicizia con lo scrittore verista Luigi Capuana, che lo incoraggia a dedicarsi alla scrittura: Pirandello inizia a collaborare con prestigiose riviste, come la “Nuova Antologia” e “Il Marzocco”, pubblicandovi saggi critici e componimenti poetici. Il suo interesse va però soprattutto alla narrativa: nel 1893 scrive il suo primo romanzo, pubblicato poi nel 1901 con il titolo L’esclusa.

cronache dal passato

Pirandello all’università

Uno studente incauto costretto a espatriare


Gabriele d’Annunzio frequenta poco le aule universitarie, ma negli aristocratici salotti romani in cui, ammirato dalle nobildonne, recita il suo ruolo di istrione, magnifica le doti di un professore di cui dice di non perdere una lezione. Il suo nome è Onorato Occioni, titolare della cattedra di Letteratura latina dell’Università “La Sapienza”, nonché rettore dell’ateneo. In effetti, tra gli studiosi di Filologia latina, Occioni ha fama di oratore d’eccezione: un affabulatore capace di ammaliare, ma che in realtà – si dice – conosce poco la lingua di Cicerone e di Virgilio.
Qualche anno dopo, il professore ha tra i suoi allievi un altro futuro protagonista della letteratura italiana, Luigi Pirandello. Un giorno – siamo nel 1889 – nel tradurre in aula un brano di una commedia di Plauto, il Miles gloriosus, Occioni commette un errore grossolano, e un giovane sacerdote che siede accanto a Pirandello ride e dà di gomito al compagno. Il latinista se ne accorge, e va su tutte le furie. Il sacerdote si scusa, ma Pirandello rincara la dose, mettendo alla berlina l’irascibile professore. Mal gliene incoglie: Occioni, forte della sua autorità, riunisce d’urgenza il Consiglio di facoltà, che suggerisce all’incauto studente di lasciare l’ateneo. Meglio, a questo punto, evitare ritorsioni: poche settimane dopo, Pirandello è a Bonn.

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Il matrimonio e la follia della moglie

Nel 1894 Pirandello sposa Antonietta Portulano, figlia di un socio in affari del padre; il matrimonio, seppure combinato dalla famiglia per motivi economici (Antonietta porterà una cospicua dote), è in realtà cementato da un’autentica passione. I primi anni, allietati dalla nascita di tre figli – Stefano, Rosalia (Lietta) e Fausto –, trascorrono sereni e laboriosi, anche grazie alla relativa agiatezza in cui la famiglia vive.
Dal 1897 Pirandello inizia a insegnare Stilistica e Letteratura italiana all’Istituto Superiore di Magistero di Roma, prima come supplente, poi dal 1908 come titolare. L’insegnamento tuttavia non lo appassiona affatto: preferisce dedicarsi alla scrittura, pubblicando senza sosta saggi, racconti, articoli e le prime opere teatrali.

Il 1903 è un anno tragico: una miniera di zolfo, in cui il padre Stefano aveva investito tutto il suo capitale e la dote della nuora, viene distrutta da un allagamento. Il tracollo economico è aggravato dalla reazione di Antonietta: colta da paralisi alla notizia del disastro, la donna, già fragile psicologicamente, non si riprenderà più, sprofondando in una spirale di follia in cui rischierà di essere trascinato anche lo scrittore.
Per sopperire alle difficoltà economiche e alleviare le angustie familiari, le assurde scenate di gelosia e le crisi ossessive della moglie, Pirandello si getta nel lavoro, in un’attività frenetica che lo libera da una tensione altrimenti insostenibile. In una lettera a un amico scrive: «Intanto io son rimasto… con tre figliuoli e la moglie… immagina tu in quale stato! Il misero stipendio di professore straordinario all’Istituto Superiore mi basta appena per pagar la pigione di casa. Bisogna che m’ajuti con le mani e coi piedi, per guadagnare, scrivendo. È una terribile prova, amico mio! Inattesa!».

Nel 1904 viene pubblicato Il fu Mattia Pascal, romanzo in cui, attraverso il tema dominante della morte-rinascita del protagonista, emergono istanze autobiografiche e sogni di evasione partoriti al capezzale della moglie malata. La convivenza con la follia di Antonietta non è facile: la donna verrà internata in una casa di cura solo nel 1919, quando finalmente lo scrittore si convincerà che l’affetto, la comprensione e la pazienza non possono nulla contro un disturbo mentale incurabile.
Negli anni che precedono la guerra vedono la luce i romanzi I vecchi e i giovani (1909, 1913) e Suo marito (1911); celebri novelle come La giara (1909) e Pensaci, Giacomino! (1910); opere teatrali come Lumìe di Sicilia e La morsa (1910). Nello stesso periodo Pirandello inizia la collaborazione con la compagnia di Nino Martoglio a Roma, nella quale recita un celebre attore siciliano, Angelo Musco, che contribuisce notevolmente al successo delle prime opere teatrali dell’autore.

Al cuore della letteratura - volume 6
Al cuore della letteratura - volume 6
Dal Novecento a oggi