1 - La vita

Il secondo Novecento e gli anni Duemila – L'autore: Mario Luzi

1 La vita

Mario Luzi nasce nel 1914 a Castello, frazione di Sesto Fiorentino. La famiglia paterna è di origini marchigiane, ma entrambi i genitori sono nati e vissuti in alta Maremma, a Samprugnano (oggi Semproniano, Grosseto), dove egli trascorre, dall’infanzia fino al 1940, tutte le estati. Sono questi gli anni in cui, seguendo l’esempio della madre, interiorizza la fede cristiana, che sarà centrale nel suo percorso umano e artistico: «Nell’infanzia io avevo come termine di paragone immediato il paese, Samprugnano, […] e il borgo fiorentino di Castello. Su questo fondo si staccava, senza avere nulla di conclamato, la figura di mia madre. […] Mi affascinava il suo trasportare tutte le cose in una interiorità, che forse la società modesta in cui si viveva allora non sentiva come bisogno primario. Il cristianesimo è stato prima di tutto un’ammirazione e una imitazione di mia madre».
A causa dei trasferimenti del padre, funzionario delle ferrovie, frequenta il ginnasio e il liceo classico in diverse città: Firenze, Milano, Siena, e infine ancora Firenze. «La mia ambizione era la filosofia. Al liceo spesso marinavo la scuola per andare a leggermi in pace i miei filosofi, specialmente Sant’Agostino di cui il decimo libro delle Confessioni doveva poi diventare il mio breviario per tanti aspetti. Fu quello l’unico periodo nel quale frequentai le biblioteche. Lessi allora anche taluni scrittori moderni come Mann […] e Proust. Soprattutto il Dedalus di Joyce mi colpì in pieno petto. Mi accorsi che i veri filosofi del nostro tempo erano alcuni grandi scrittori e la vocazione infantile per la poesia si confortò».

Nel 1931 pubblica su alcune riviste i suoi primi versi. Nel 1932 inizia a seguire i corsi di Giurisprudenza all’Università di Firenze, ma si trasferisce presto a Lettere. Frequenta il Caffè San Marco, luogo di ritrovo e di scambio intellettuale, sulla piazza davanti all’università, ma anche la redazione della rivista “Frontespizio”, per la quale scrive a partire dal 1935. Nello stesso anno esce la sua prima raccolta di liriche, La barca, recensita positivamente dal giovane Giorgio Caproni. Dal 1938 al 1940 insegna Latino e Storia all’Istituto magistrale di Parma.

Essendo stato a suo tempo riformato, gli viene risparmiata la chiamata alle armi. Alla caduta del fascismo (25 luglio 1943) tenta di redigere, insieme a Romano Bilenchi, Vasco Pratolini e altri, un manifesto libertario per “La Nazione”, ma l’iniziativa è bloccata dalla polizia badogliana. In questi mesi ripara con la moglie Elena Monaci (conosciuta nel 1933 e sposata nel 1942) in Val d’Arno, presso uno zio di lei; qui, nel 1943, nasce il loro unico figlio, Gianni. Rientrato con la famiglia a Firenze dopo la Liberazione, abita provvisoriamente presso i genitori, perché la sua casa è stata distrutta dai bombardamenti.
Dal 1945 insegna al liceo scientifico Leonardo da Vinci, nel quale rimarrà per circa un ventennio e avrà come colleghi il filosofo Eugenio Garin e il filologo Lanfranco Caretti. Nel frattempo inizia una fitta attività di collaborazione con giornali e riviste e pubblica volumi di critica letteraria, soprattutto sulla letteratura francese. Nel 1955 ottiene anche un incarico di docenza universitaria di Lingua francese.

Nel 1966 smette di insegnare al liceo e comincia a viaggiare molto all’estero, assecondando gli inviti che provengono da più parti. Le traduzioni delle sue poesie si fanno numerose; i premi e i riconoscimenti internazionali si infittiscono. Nel frattempo scrive anche per il teatro.
I lunghi anni della vecchiaia sono segnati da uno straordinario vigore creativo.

 >> pag. 1106 

Dal 1991, anno della prima guerra del Golfo, Luzi esprime a più riprese il proprio dissenso verso il ricorso alle armi per la risoluzione delle crisi internazionali, manifestando un esplicito impegno civile. Nel maggio del 1999, per esempio, è estensore di un documento di protesta contro i bombardamenti della Nato in Serbia, sottoscritto da numerosi scrittori e intellettuali europei, da Harold Pinter a Rafael Alberti, da Carlo Bo a Fernanda Pivano. Così si esprimeva il poeta qualche anno prima: «Vedo con sgomento una sorta di desistenza civile, un ritrarsi anche da parte di coloro cui, di fronte al bailamme, toccherebbe dire una parola. Il popolo italiano […] in passato è stato fazioso, partigiano, poco educato alle contese civili. Ebbene a me pare che abbia perduto, o stia perdendo, quei caratteri forse non ideali ma pur sempre costituenti il segno d’una partecipazione, di una passione per la cosa pubblica. […] E in questa sospensione d’autorità, nello sgretolarsi dello Stato, nel parapiglia generale, nel chiudersi dentro il proprio “particulare”, io vedo lo spazio per suggestioni autoritarie. Non mi riferisco tanto a uomini o forze in “agguato”, quanto a quella “internazionale del potere” fatta di mafie, di narcodollari, di crimine, di grandi e oscuri capitali, la quale tende a sovrastare e condizionare la stessa azione dei governi nazionali. Uno stato allo sbando è tanto più esposto al rischio di essere eterodiretto».

Nello stesso anno, su invito di papa Giovanni Paolo II, scrive un testo per la Via Crucis, che viene recitato il Venerdì Santo al Colosseo, alla presenza del pontefice. Ripetutamente candidato al premio Nobel dall’Accademia nazionale dei Lincei, nel 2003 viene eletto Accademico della Crusca. Nel 2004 il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi lo nomina senatore a vita. L’anziano poeta assume il nuovo incarico con molto impegno. Nel gennaio del 2005 interviene in aula sui rischi di manomissione costituzionale del paese, non senza suscitare polemiche, poiché le sue parole vengono lette come un’aperta critica al governo in carica. Un mese dopo, il 28 febbraio 2005, muore all’improvviso, nella sua casa di Firenze.

2 Le opere

Formatosi nel pieno dell’esperienza ermetica e incline a un atteggiamento mistico-religioso, nelle prime raccolte – La barca (1935), Avvento notturno (1940) – Luzi dà particolare rilievo agli elementi simbolistici propri dell’Ermetismo. Il poeta proietta il proprio stato d’animo dominato dalla persuasione che tutto sia vano, e che l’unica certezza sia la morte, in figure e paesaggi avvolti da un’atmosfera grigia, triste e depressa.
Già in queste opere, tuttavia, emerge un contrasto fra modi espressivi concisi e fortemente analogici e una certa tendenza all’effusione e all’eloquenza, mostrata anche, sul piano metrico, dall’adozione dell’endecasillabo. Tale contrasto si attenua gradatamente nelle opere successive – Un brindisi (1946), Quaderno gotico (1947), Primizie del deserto (1952) – con lo sciogliersi dei modi ermetico-simbolistici in toni elegiaci e inclini al parlato. Il poeta attinge alla concretezza della vita in maniera via via più diretta, fino a ottenere, in Onore del vero (1957), un felice adeguamento dello stile e del linguaggio alle esigenze di una comunicazione più esplicita.
Nelle raccolte seguenti – Nel magma (1963), Dal fondo delle campagne (1965), Su fondamenti invisibili (1971), Al fuoco della controversia (1978) – matura poi la forma di una poesia corale, in cui è forte il senso della comunità: «la parola all’unisono di vivi / e morti, la vivente comunione / di tempo e eternità» (Il duro filamento). Nella crisi sociale e politica degli anni di piombo, culminata con la morte di Aldo Moro, la voce di Luzi si fa vibrante protesta morale contro la barbarie della violenza e del terrorismo.

 >> pag. 1107 

I volumi successivi – Per il battesimo dei nostri frammenti (1985), Frasi e incisi di un canto salutare (1990), Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini (1994), resoconto, quest’ultimo, di un viaggio immaginario del pittore trecentesco da Avignone alla natia Siena – costituiscono una sorta di trilogia, in cui alla coscienza dell’ineluttabilità della sofferenza e della morte corrisponde l’apertura a una speranza trascendente. Si trova qui l’eco degli antichi modelli della poesia religiosa medievale, in particolare nel ritmo tipico della litania e dell’inno, seppure arricchiti da nuovi significati simbolici. Anche nelle ultime raccolte – Sotto specie umana (1999) e Dottrina dell’estremo principiante (2004) – la consapevolezza dell’avvicinarsi della fine non pregiudica il persistere della speranza.

La produzione di Luzi – che copre un arco cronologico di circa settant’anni – ha attraversato fasi distinte. Proprio per l’ampiezza della sua parabola creativa, la critica ha incontrato notevoli difficoltà nel valutarne in modo globale l’opera. Di certo, comunque, la diffusa etichetta di poeta ermetico è riduttiva, e rischia di non mettere sufficientemente in luce l’originalità di un autore che ha contribuito a cambiare il volto della poesia italiana, aprendo a nuove interpretazioni della contemporaneità.
Dagli anni Cinquanta e Sessanta, dopo la stagione ermetica, Luzi intraprende un cammino che lo porta a confrontarsi con la realtà storica e sociale di quel periodo. A poco a poco, la percezione della contraddittorietà del reale si estende dal piano personale alla dimensione collettiva, focalizzandosi sul tema della felicità e della sofferenza prodotte dalla Storia.
Soprattutto a partire dagli anni Settanta, poi, sembra aprirsi un nuovo orizzonte: al poeta è affidato il compito di scoprire i segni e il senso della parola di Dio, che continua a incarnarsi nelle vicende umane e negli eventi storici, senza peraltro che questo escluda l’insistenza sui motivi dell’incertezza e dell’angoscia. Affinché la parola sia autentica espressione della realtà, il poeta – per Luzi – non può limitarsi a lavorare sulla lingua o sullo stile, ma deve provare a proporre un modello interpretativo più ampio, di tipo filosofico, che sia capace di descrivere il mondo.
L’esperienza personale e i problemi evocati dalla Storia determinano tuttavia, in Luzi, l’esigenza di ulteriori approfondimenti, a cominciare da quello sulla fede, vissuta – con atteggiamento postmoderno – come intreccio fra luce e tenebre più che come soluzione chiara delle contraddizioni del mondo. In tale problematicità risiede la capacità di provocazione della sua poesia, che si fa strumento di una costante meditazione esistenziale e morale.

Accanto alla poesia va ricordata l’opera teatrale dell’autore, un percorso drammaturgico in versi che si è concretizzato in alcune opere di denso spessore esistenziale e civile: Ipazia (1971; poi Libro di Ipazia, 1978); Rosales (1983), sull’assassinio di Trotzkij; Felicità turbate (1995), sulla vita del pittore Pontormo; Ceneri e ardori (1997), sugli ultimi giorni dello scrittore romantico francese Benjamin Constant.
Diverse raccolte di saggi contengono invece le riflessioni di Luzi sulla poesia simbolista, sul processo creativo, sul rapporto con il sacro, sulla natura della poesia e della prosa: L’inferno e il limbo (1949); L’idea simbolista (1959); Tutto in questione (1965); Vicissitudine e forma (1974); Discorso naturale (1984); Dante e Leopardi o della modernità (1992).
Alcune delle sue traduzioni poetiche, infine, sono raccolte nel volume La Cordigliera delle Ande e altri versi tradotti (1983), un’antologia personale che testimonia il costante rapporto con la poesia straniera.

Al cuore della letteratura - volume 6
Al cuore della letteratura - volume 6
Dal Novecento a oggi