Documento 1
Pier Paolo Pasolini riflette sulla scelta di portare i capelli lunghi, inizialmente un gesto anticonformista,
via via mutatosi in semplice moda, con risvolti ambigui e qualunquisti.
La prima volta che ho visto i capelloni, è stato a Praga. Nella hall dell’albergo dove
alloggiavo sono entrati due giovani stranieri, con i capelli lunghi fino alle spalle.
Sono passati attraverso la hall, hanno raggiunto un angolo un po’ appartato e si
sono seduti a un tavolo. Sono rimasti lì seduti per una mezzoretta, osservati dai
5 clienti, tra cui io; poi se ne sono andati. Sia passando attraverso la gente ammassata
nella hall, sia stando seduti nel loro angolo appartato, i due non hanno detto
parola (forse – benché non lo ricordi – si sono bisbigliati qualcosa tra loro: ma,
suppongo, qualcosa di strettamente pratico, inespressivo).
Essi, infatti, in quella particolare situazione – che era del tutto pubblica, o sociale,
10 e, starei per dire, ufficiale – non avevano affatto bisogno di parlare. Il loro silenzio
era rigorosamente funzionale. E lo era semplicemente, perché la parola era superflua.
I due, infatti, usavano per comunicare con gli astanti, con gli osservatori – coi loro
fratelli di quel momento – un altro linguaggio che quello formato da parole.
Ciò che sostituiva il tradizionale linguaggio verbale, rendendolo superfluo
15 – e trovando del resto immediata collocazione nell’ampio dominio dei «segni»,
nell’ambito cioè della semiologia – era il linguaggio dei loro capelli.
Si trattava di un unico segno – appunto la lunghezza dei loro capelli cadenti
sulle spalle – in cui erano concentrati tutti i possibili segni di un linguaggio articolato.
Qual era il senso del loro messaggio silenzioso ed esclusivamente fisico?
20 Era questo: «Noi siamo due Capelloni. Apparteniamo a una nuova categoria
umana che sta facendo la comparsa nel mondo in questi giorni, che ha il suo centro
in America e che, in provincia (come per esempio – anzi, soprattutto – qui a
Praga) è ignorata. Noi siamo dunque per voi una Apparizione. Esercitiamo il nostro
apostolato, già pieni di un sapere che ci colma e ci esaurisce totalmente. Non
25 abbiamo nulla da aggiungere oralmente e razionalmente a ciò che fisicamente e
ontologicamente dicono i nostri capelli. Il sapere che ci riempie, anche per tramite
del nostro apostolato, apparterrà un giorno anche a voi. Per ora è una Novità, una
grande Novità, che crea nel mondo, con lo scandalo, un’attesa: la quale non verrà
tradita. I borghesi fan bene a guardarci con odio e terrore, perché ciò in cui consiste
30 la lunghezza dei nostri capelli li contesta in assoluto.
[…]
Nel 1969 […] i capelloni non erano più silenziosi: non delegavano al sistema
segnico dei loro capelli la loro intera capacità comunicativa ed espressiva. Al contrario,
la presenza fisica dei capelli era, in certo modo, declassata a funzione distintiva.
Era tornato in funzione l’uso tradizionale del linguaggio verbale. E non dico verbale
35 per puro caso. Anzi, lo sottolineo. Si è parlato tanto dal ’68 al ’70, tanto, che per un
pezzo se ne potrà fare a meno: si è dato fondo alla verbalità, e il verbalismo è stata
la nuova ars retorica della rivoluzione (gauchismo, malattia verbale del marxismo!).