Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi
che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no,
che si sono messi a disposizione, come killer e sicari.
Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui
30 si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò
che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che
non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi
35 disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce
la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero.
Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell’istinto del mio mestiere. Credo che
sia difficile che il mio «progetto di romanzo»9 sia sbagliato, che non abbia cioè
attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti.
40 Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in
quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito
di ciò che è successo in Italia dopo il 1968 non è poi così difficile.
Tale verità – lo si sente con assoluta precisione – sta dietro una grande quantità
di interventi anche giornalistici e politici: cioè non di immaginazione o di finzione
45 come è per sua natura il mio. Ultimo esempio: è chiaro che la verità urgeva, con
tutti i suoi nomi, dietro all’editoriale del «Corriere della Sera», del 1° novembre
1974.
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Probabilmente i giornalisti e i politici hanno anche delle prove o, almeno,
degli indizi.
50 Ora il problema è questo: i giornalisti e i politici, pur avendo forse delle prove
e certamente degli indizi, non fanno i nomi.
A chi dunque compete fare questi nomi? Evidentemente a chi non solo ha il
necessario coraggio, ma, insieme, non è compromesso nella pratica col potere, e,
inoltre, non ha, per definizione, niente da perdere: cioè un intellettuale.
55 Un intellettuale dunque potrebbe benissimo fare pubblicamente quei nomi:
ma egli non ha né prove né indizi.
Il potere e il mondo che, pur non essendo del potere, tiene rapporti pratici col
potere, ha escluso gli intellettuali liberi – proprio per il modo in cui è fatto – dalla
possibilità di avere prove ed indizi.
60 Mi si potrebbe obiettare che io, per esempio, come intellettuale, e inventore di
storie, potrei entrare in quel mondo esplicitamente politico (del potere o intorno
al potere), compromettermi con esso, e quindi partecipare del diritto ad avere, con
una certa alta probabilità, prove ed indizi.
Ma a tale obiezione io risponderei che ciò non è possibile, perché è proprio la
65 ripugnanza ad entrare in un simile mondo politico che si identifica col mio potenziale
coraggio intellettuale a dire la verità: cioè a fare i nomi.