Il secondo Ottocento – L'autore: Giosuè Carducci

la sintesi

LA VITA

Nato nel 1835 a Valdicastello, Carducci trascorre l’adolescenza nella Maremma toscana prima di trasferirsi con la famiglia a Firenze e poi a Pisa, dove si laurea alla Normale. Partecipa alle polemiche che dividono manzoniani e antimanzoniani e fonda il sodalizio degli Amici pedanti, impegnato a difendere la classicità italiana. Nel 1860 ottiene la docenza di Letteratura italiana all’Università di Bologna. Il suo spirito ribelle e la frequentazione degli ambienti mazziniani lo rendono oggetto di provvedimenti disciplinari. Negli anni successivi il suo giudizio sul ruolo storico della monarchia si modifica in modo profondo, come testimonia l’incontro con la regina Margherita (accompagnato dalle proteste di allievi e amici repubblicani). Colpito da una paralisi si ritira nel 1904 dall’insegnamento. Ricevuto nel 1906 il Nobel per la letteratura, si spegne l’anno seguente a Bologna.

L’OPERA POETICA

Sei sono i volumi di poesia che seguono le Rime d’esordio del 1857. La raccolta Juvenilia (1850-1860), pur nello sfoggio di erudizione e citazioni classicistiche, evidenzia il temperamento vibrante dell’autore che mal sopporta i languori della poesia tardoromantica ottocentesca. La commistione di argomenti leggeri e gravi è alla base della raccolta Levia gravia (1861-1871); il tema centrale è la critica all’«Italietta» mediocre di quegli anni, sviluppata secondo un’ideologia libertaria nutrita di spirito anticlericale (celebre è l’Inno a Satana). Trentadue sono le poesie che compongono Giambi ed epodi (1867-1879), indirizzate a colpire con sarcasmo il potere temporale dei papi, la viltà dei politici al governo, la corruzione che imperversa nella società italiana; la raccolta si chiude però con il Canto dell’amore in cui si preannuncia un tono più composto e maturo. Nelle Rime nuove (1861-1887) emergono infatti la necessità del ripiegamento interiore e il travaglio di uno spirito malinconico che si apre al ricordo, alla nostalgia, al vagheggiamento del paesaggio e alla coscienza della morte. L’adattamento della metrica accentuativa italiana a quella quantitativa latina è l’esperimento che caratterizza le Odi barbare, edite nel 1893; sul piano tematico prevale la celebrazione del periodo romano e medievale, ma non mancano liriche in cui i valori classici convivono con la solitudine esistenziale e la contemplazione della morte. L’ultimo volume, Rime e ritmi, è del 1898 e vi compaiono soprattutto odi civili e politiche che consacrano Carducci a portavoce dei destini e delle ambizioni della patria.

LE PROSE

L’Edizione nazionale delle opere di Carducci annovera ventisei volumi di prosa, oltre a lavori editoriali e a ventidue libri di lettere: nell’insieme un contributo essenziale alla cultura dell’Italia unita. Tra gli studi e i discorsi di critica e filologia ricordiamo i volumi su Parini, Leopardi, Ariosto, Tasso, Dante, Petrarca, Boccaccio e su autori minori del XVII e XVIII secolo. La prosa di Carducci, passionale, nervosa e tagliente, sa adattarsi a una vasta gamma tipologica e rappresenta un originale impasto di alta letteratura e di parlato vivo. Modello di scrittura antimanzoniano, eserciterà una notevole influenza sullo stile di vari scrittori novecenteschi.

I TEMI: L’IMPEGNO CIVILE

La tensione politica e morale che si avverte nei versi di Carducci poeta civile è condivisa da gran parte della generazione che aveva preso parte al Risorgimento credendo nei miti repubblicani e garibaldini. All’indomani della proclamazione dell’Unità, il poeta si distingue per gli attacchi al ceto dirigente e per il suo anticlericalismo. È la celebrazione del mito liberatore del progresso e della rivoluzione, in contrasto con la corrotta realtà politica del paese. Negli anni della maturità Carducci si convince che la polemica e lo spirito di opposizione non sono utili a un paese ancora debole qual è l’Italia di fine Ottocento. La riconciliazione con il papa e la monarchia lo rende infine il cantore ufficiale del Regno, alla luce di un patriottismo destinato ad assumere le tinte del nazionalismo.

I TEMI: IL CLASSICISMO MALINCONICO

Carducci rifiuta in apparenza i motivi del nascente Decadentismo a cui oppone la fedeltà ai dettami del classicismo, assunti sia sul piano dello stile (rispetto per le regole della tradizione letteraria) sia dei contenuti (dal passato esempi di energia, “sanità” ed equilibrio morale). Tuttavia, la consapevolezza della distanza del mondo contemporaneo dal modello greco-romano genera nella sua poesia un sentimento di inquietudine e una dolorosa meditazione sulla morte che sono affini alla sensibilità e alle tematiche decadenti.

I TEMI: IL PAESAGGIO E LA MEMORIA, LA CRITICA ALLA MODERNITÀ

Dal contrasto fra l’amato mondo classico e il mortificante mondo moderno nascono le contrapposizioni che agitano molti versi carducciani (vita/morte, luce/buio, passato/presente), segnate anche dalla concreta raffigurazione della natura, vista come un regno dell’armonia. L’ambientazione paesistica allude però anche a una condizione dell’anima: le immagini ricorrenti dell’inverno e del tramonto trasmettono malinconia, il senso cupo di una declinante stagione della vita, della poesia e della civiltà.

Al cuore della letteratura - volume 5
Al cuore della letteratura - volume 5
Il secondo Ottocento